Uno dei pochi settori che nonostante la crisi è cresciuto. E che, anzi, deve il triplicarsi del lavoro proprio al periodo difficile vissuto dagli italiani. E’ quello delle poste, in Italia pressoché monopolizzato da Poste italiane che per gestire la corrispondenza si affida ad agenzie di recapito locali. I lavoratori della catanese Palma srl hanno protestato stamattina davanti alla sede storica di via Etnea. «L’importo della gara di affidamento del servizio, un subappalto, è stato ridotto da Poste italiane del 20 per cento e la soluzione è solo una: licenziare», spiega Nino Gelardi, sindacalista della Cgil. Ma la mole di lavoro aumenta sempre più, così come le giacenze. «Con la crisi sono aumentate le raccomandate per i solleciti di luce, acqua, gas – continua il sindacalista – E’ un settore in continua crescita soprattutto in questo periodo».
Così quello che è un servizio pubblico essenziale viene rallentato, senza che gli utenti sappiano cosa avviene una volta usciti dall’ufficio postale. «Il prezzo minimo di una raccomandata nel 2001 era di 2,80 euro e le agenzie venivano pagate 97 centesimi, meno di un euro – racconta Gelardi – Oggi il costo più basso è di 4,30 euro e il pagamento è sempre lo stesso».
Per la Palma srl lavorano in 46 ma, da lunedì, per dieci di questi scatterà il licenziamento. Così gli addetti alla consegna saranno solo in 22 a coprire una città che, quando Poste italiane si occupava del compito, affidava a 199 porta lettere. Inevitabile è quindi la giacenza di grossi quantitativi di raccomandate. «Al momento ne abbiamo seimila, ma si raggiungono facilmente anche le 15mila giacenze». Facile quindi che per consegnare una comunicazione urgente si debbano aspettare anche sette-otto giorni.
Dal canto suo Poste italiane ha promesso di riaffidare il 20 per cento mancante, ma Nino Gelardi non si mostra ottimista: «Sono solo parole». Da marzo, infatti, se le cose non cambieranno, altri tre dovranno abbandonare il proprio posto di lavoro.
[Foto di Cassandra Di Giacomo]
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