“E’ importante parlare con i giovani per renderli partecipi e attenti ai problemi del mondo che li circonda e capaci di costruire insieme messaggi di pace”. Con questo spirito di fiducia nei giovani si è aperto l’incontro di presentazione della campagna nazionale promossa da Pax Christi intitolata Ponti e non muri 2009 – It’s time to turn around!, indirizzato agli studenti delle scuole superiori di Catania. Lo scopo dell’iniziativa? Creare un punto di contatto tra i ragazzi italiani e i loro coetanei palestinesi che vivono nel campo profughi di Shu’fat, ad est di Gerusalemme.
L’evento, tenutosi lo scorso sabato mattina nell’Auditorium del Monastero dei Benedettini, è stato realizzato in collaborazione con la Convenzione per la pace di Catania, composta da numerose realtà come Chiesa Valdese, Cope, Fare Memoria, Libera, Lila, Mani Tese, Rettoria San Nicola, Officina Culturale South Media, oltre alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere.
Insomma, un’occasione per sensibilizzare i più giovani sulle vicende drammatiche che hanno colpito i territori della striscia di Gaza e spiegare loro le origini storiche e politiche del conflitto tra Israele e Palestina. Attraverso la proiezione di immagini e di un video intitolato ‘Né muri, né silenzi’, gli studenti hanno assistito alle testimonianze di alcune persone che vivono sulla loro pelle la quotidianità dell’occupazione e dei conflitti e le difficoltà di vivere in una ‘immensa prigione a cielo aperto’. Infatti il problema dei rifugiati palestinesi è una tragedia iniziata dall’occupazione israeliana del 1948, e che da allora prosegue ininterrotta attraverso espropri, distruzioni di villaggi, checkpoint militari e insediamenti illegali. Senza dimenticare la recente costruzione da parte del governo d’Israele di un muro ‘di sicurezza’ di cemento armato alto nove metri, eretto per separare i campi profughi dagli insediamenti israeliani. Il muro dell’apartheid separa villaggi e famiglie, isolando sempre più i due popoli e allontanando così la possibilità di instaurare un dialogo e tentare di costruire una giusta pace futura.
Sono più di 50 i campi profughi palestinesi in Cisgiordania e nelle zone limitrofe. Uno tra questi è Shu’fat, nel quale vivono ammassate in un chilometro quadrato più di 25.000 persone. L’ingresso al campo è costituito da un checkpoint militare permanente dal quale spessissimo, per motivi di sicurezza, non si può passare. Il servizio sanitario è inesistente: non ci sono ospedali, ma solo tre ambulatori medici. C’è solo una scuola elementare e una media, sicuramente insufficienti per i più di 2000 ragazzi rifugiati, che sono costretti a recarsi a Gerusalemme o a Ramallah attraverso i checkpoint. Non ci sono scuole superiori né università, il tasso di abbandono scolastico è altissimo.
L’impegno che si propone Pax Christi attraverso questa nuova iniziativa è di far uscire i giovani rifugiati dall’isolamento in cui vivono ogni giorno, ricevendo una cartolina con messaggi di solidarietà, inviata loro dai ragazzi delle scuole italiane. “Ricevere queste cartoline per loro è molto importante – spiega una rappresentante del punto pace Pax Christi di Catania – E’ un gesto di grande vicinanza e di solidarietà. Scrivere loro significa ridargli la speranza.”
Secondo Pax Christi è inoltre necessario “promuovere una cultura di pace, di non-violenza e di rispetto dei diritti umani. Il modo di costruire la pace e di stare accanto a chi vive in prima persona il problema con azioni concrete e di sensibilizzare la gente attraverso l’informazione.”
A questo proposito il secondo passo della campagna 2009 sarà quello di proporre alle scuole di intraprendere con i ragazzi di Shu’fat una corrispondenza tramite posta elettronica. In più, l’associazione ha messo in cantiere l’idea di realizzare un documento da far circolare nel quale chiedere di “non far calare il velo del silenzio sulla tragedia di Gaza. Non dobbiamo scordarci di questa strage dando un nome a tutti i bambini e i ragazzi che sono morti invano. Per non dimenticarci di loro”.
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