Cristina Donà: “Ora voglio raccontare storie”

Una versione essenziale ma straordinariamente suggestiva, quel chitarra voce che il pubblico più ama di Cristina. Figura unica nel panorama musicale italiano, personalità forte, testi di straordinaria bellezza, la cantautrice racconta a Step1 della Cristina di ieri, oggi e domani.

A distanza di un anno dal concerto al teatro Ambasciatori torni a Catania presentando il tuo ultimo album, “Piccola faccia”, che raccoglie il meglio della tua produzione musicale. Da cosa è nata l’idea di un album dagli arrangiamenti acustici?
Era un progetto che avevo in mente da un po’. In realtà ho sempre riservato dello spazio a questo tipo di esibizione all’interno dei miei live. Sono partita proponendomi appunto come cantautrice chitarra voce, mi sono forgiata in quella veste aprendo i concerti dei La Crus, degli Afterhours intorno al ‘95-‘96 e sono molto affezionata a quella mia proposta musicale degli esordi. Per chi scrive le canzoni chitarra voce o comunque accompagnato da un altro strumento, quello è un po’ il momento della verità. Tra l’altro le canzoni che scrivo sono sempre state arrangiate e, tra l’uscita di un disco e l’altro, al di là dei concerti con il gruppo, ho sempre fatto dei piccoli spot da sola. Proprio in quelle occasioni mi rendevo conto che la gente forse apprezzava di più e che magari avrebbe voluto sentire le mie canzoni così, nude e crude. Insomma,“Piccola faccia” è nato anche da una esplicita richiesta del mio pubblico, o almeno di una parte del mio pubblico.

In questo tuo ultimo tour acustico porti con te un giovane compagno di viaggio, il chitarrista Francesco Garolfi. Come è nata la collaborazione con lui?
Francesco è una parte integrante e molto importante del disco. L’ho conosciuto grazie a mio marito, Davide Sapienza, che lo ha scoperto. Sono contenta che mi accompagni in questo tour di “piccoli concerti a sorpresa” perché è un chitarrista col quale mi trovo molto bene, talentuoso, preciso, dotato e anche una bellissima persona che, come tantissimi altri giovani esordienti del panorama musicale, fa musica animato solo dalla passione per questo mestiere. Purtroppo, come sappiamo, la vendita dei dischi oggi fa davvero poco.

Com’è nata l’idea di portare questo ultimo album in tour con “piccoli concerti a sorpresa”?
All’inizio c’era l’idea di promuovere “Piccola faccia” con i concerti come per i precedenti album. Poi però c’è stata la sorpresa della gravidanza e non sapevamo se io avessi potuto farli. Siccome sto benone, si è deciso di partire in tour facendo comunque una cosa  più intima e raccolta, magari in dei posti piccoli che tra l’altro si prestano bene all’atmosfera da concerto acustico.

Questo album, oltre a riprendere alcuni dei tuoi più grandi successi, comprende due cover. Non solo Cristina quindi…
Be’, per me rivisitare delle canzoni altrui fa parte sempre di un processo che tenta di ristabilire un filo conduttore con la Cristina degli esordi. Nei primi anni della mia carriera ero sempre alle prese con canzoni di altri facendo la gavetta e suonando nei locali. Rivisitare un brano per me è ogni volta un’avventura bella e gratificante. Di solito lo scelgo sempre a livello istintivo. Se mi piace lo faccio. Se sento che posso aggiungere qualcosa di mio allora mi cimento. Ci sono tante canzoni bellissime che amo ma che non riuscirei a fare a mio modo.

Perché propio “I’m in you” di Peter Frampton e “Sign your name” di Terence Trent D’Arby?
Entrambe le conoscevo già. “Sign your name” l’ho riscoperta casualmente comprando un Cd compilation in un autogrill e ho subito pensato che sarebbe stato bello provare a rifarla con sonorità diverse dall’originale. Un giorno, entrando nel ristorante vicino casa dove vado spesso con mio marito, la nostra seconda cucina, ho sentito passare in sottofondo alla radio ‘I’m in you’ e ho pensato la stessa cosa.
 
“Settembre”, brano uscito all’interno del precedente album “La quinta stagione”, ritorna anche in questa ultima raccolta in una nuova versione che vede assieme la tua voce e quella di Giuliano Sangiorgi. Come è nata la collaborazione con il vocalist dei Negroamaro?
Anche la collaborazione con Giuliano è nata del tutto casuale. Tramite il direttore artistico della EMI, che in passato seguiva i Negramaro e conosce molto bene Giuliano, mi sono trovata a parlare con lui al telefono e da lì è nato tutto. Lui voleva farmi i complimenti per il disco “La quinta stagione” e io gli ho parlato del progetto in fieri “Piccola faccia”. Gli  ho chiesto se avesse voluto partecipare in qualche modo e così poi è stato. Lui ci teneva molto e mi ha proposto “Settembre”.

Anche il titolo dell’album,“ Piccola faccia”, è stata una scelta casuale oppure riveste un particolare significato per te?
Quando parlo di casualità in realtà penso che la casualità non esista. Piccola faccia, oltre ad essere un brano di Tregua, il mio primo album, è qualcosa di più. Viene da un verso di un poeta al quale sia io che i La Crus e gli Afterhours siamo stati molto legati negli anni ‘90: il poeta Claudio Galuzzi che purtroppo è scomparso dieci anni fa. Ad aprire la sua raccolta “La pianura dentro” c’è una sua poesia i cui versi recitano “Chi sei tu piccola faccia in questo inverno che scolora..”. Queste due parole mi hanno colpito molto, non saprei spiegare bene nemmeno il perché, ma in quel momento io non scrivevo ancora cose mie. Fu allora che ho desiderato fortemente usare quella forma descrittiva per iniziare a scrivere dei testi. E siccome tutto torna, ecco oggi “Piccola faccia”.

“Piccola faccia” ha anche una particolare copertina. Sembra riprendere il tuo volto in forma di curioso scarabocchio. Che significato le attribuisci in relazione all’album? 
Quando si è parlato di copertina mi sono state proposte delle grafiche diverse ma, visto l’intento dell’album quale ritratto delle mie origini, ho voluto che la copertina fosse fatta da me. Quando noi rappresentiamo delle figure umane tendiamo sempre a rappresentiamo noi stessi come modello fisico ed estetico. Ho scarabocchiato per un po’ con la voglia anche di riprendere in mano matita e carta per tornare alla Cristina che ha fatto il liceo artistico. In questo caso però ho utilizzato la penna. La preferisco perché lascia un segno molto più forte, più marcato della matita. Lascia inoltre poca margine d’errore, limita nello sbagliare forse. Credo che la penna abbia davvero una personalità molto forte; mi piace.

Rispetto alla copertina precedente, che mostrava una immagine di te un po’ più austera, questa sembra ritrarre Cristina per com’è. Un’immagine dai lineamenti decisamente più dolci, più tuoi…
Per “La quinta stagione” volevo che ci fosse una sorta di donna-guarriero sulla copertina ed è venuta fuori questa foto che forse, rispetto a quello che sono io in musica ma soprattutto dal vivo, non mi rappresenta al meglio. Alcune cose restano un po’ algide e fredde rispetto a quella che è la mia personalità. Quindi sicuramente la copertina di “Piccola faccia” mi rappresenta di più di quella de “La quinta stagione”.

Progetti per il futuro? L’arrivo del piccolo insieme ad un nuovo album?
Quello che immagino per i progetti di scrittura dei nuovi testi – oltre a lavorare un po’ per associazione di immagini che è una caratteristica che mi appartiene e forse mi porto dietro anche per aver fatto il liceo artistico – è la voglia di provare a raccontare delle storie, seppur a mio modo. Mi manca un po’ l’impronta narrativa forse. Ogni album per me è una sorta di sfida, per cui provo a metterci dentro sempre qualcosa di nuovo. Al prossimo sto lavorando con l’intenzione di comporre il più possibile prima che arrivi il bambino, che nascerà a giugno. Ho cominciato una collaborazione con un compositore e arrangiatore molto bravo, di cui per ora non svelerò il nome, che mi aiuterà a sviluppare la parte musicale e poi deciderò che direzione prendere. Ancora non ne ho idea ma, per fissare delle vere e proprie scadenze credo che molto dipenderà dal caratterino del piccolo. Spero non ne venga fuori un album di Ninna Nanne.

Federica Motta

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