Pierpaolo Petta, musicista e compositore palermitano sempre con la fisarmonica in spalla. Scrive musica per il teatro, accompagna da undici anni Sergio Vespertino, e per la televisione, ha firmato un contratto con la Rai per l’utilizzo delle sue musiche per i programmi della tv di Stato.
Gira l’Italia suonando, ma il suo cuore, lo ammette, rimane sempre proiettato alle sue origini Arbëreshe, legato alla cultura che si respira a Piana degli albanesi. Una tradizione che lo ha influenzato, che lo ha fatto uscire dai binari della musica classica, che lo ha allontanato dallo studio del pianoforte e del contrabbasso, trascinandolo nel vortice inebriante della musica popolare, del folk e delle armonizzazione appassionate e fuori dagli schemi del jazz.
«Ho cominciato a suonare da piccolo, i miei genitori mi hanno messo davanti a un pianoforte – ricorda Pierpaolo Petta – ma presto l’idillio finì. Ho studiato al conservatorio (le basi sono importantissime), ma scelsi il contrabbasso come il mitico Gorni Kramer, anche lui poi approdato alla fisarmonica. Però qualcosa mancava, mancavano i miei strumenti popolari. Il mandolino e la fisarmonica. Strumenti che mi riportavano sempre alla mia infanzia. Ai pomeriggi passati con i “barbieri musicanti”». Nel paese d’origine di Petta c’era una tradizione importante: tutti barbieri della zona suonavano uno strumento. «Nel pomeriggio si improvvisavano dei concerti divertentissimi».
Così Pierpaolo sceglie, e sceglie la fisarmonica: «Mia madre mi aveva pregato per anni di suonarla, ma io mi ero sempre rifiutato. Quando lei ha smesso di pregarmi, io mi sono innamorato dello strumento. Noi figli siamo sempre dispettosi». E così, conseguito il diploma anche come compositore, Petta ha seguito i corsi di perfezionamento per fisarmonica del grande maestro americano Frank Marocco e poi non si è più fermato.
Tre cd, un libro, tour in tutta Italia, gli spettacoli in teatro con Sergio Vespertino, la Tv: di questo è fatto il mondo del musicista palermitano e sembra non essere mai stanco. «Fare teatro mi piace tantissimo. Undici anni fa Sergio cercava un fisarmonicista e ci hanno presentati. Da allora compongo musiche inedite per tutti suoi spettacoli – afferma Petta – un sodalizio che funziona alla grande, addirittura anche lui collabora alle mie produzioni musicali».
Tre album, una trilogia la definisce il compositore. Tutti hanno un titolo in lingua Arbëreshe: il primo si intitola Mos prit, che vuol dire “non aspettare”. «Un esordio a tutti gli effetti – spiega il musicista – contiene mie composizioni, ma sono presenti anche cover». Il secondo Kërkím, vuol dire “ricerca”, nel quale il fisarmonicista ha espresso tutto il suo amore per le sue origini e la voglia di ricercare sempre linguaggi musicali nuovi.
E poi il terzo e ultimo lavoro Zjarri, “fuoco”: un cd multigenere, in cui l’artista si è sbizzarrito cercando di rappresentare tutte le sue anime: jazz, folk, lirico (hanno collaborato il tenore Fabrizio Corona, la cantante Maria Corso), lo stesso vespertino ha partecipato con un originale blues, toccando anche il rap con il napoletano Paolo Romano del gruppo La famiglia.
«Insomma non mi son fatto mancare proprio niente – dice Pierpaolo Petta – I miei album insieme lanciano un messaggio molto chiaro: Non aspettare, ricerca il fuoco. Ovvero, quando hai una passione non smettere di inseguirla, bisogna lavorare sodo, non è affatto facile farsi conoscere e farsi apprezzare soprattutto nel mondo della musica se vieni da un paesino della provincia di Palermo. Io non mi sono mai scoraggiato, ho fatto tesoro delle parole di un mio insegnante del conservatorio, Paolo Furlani, che non si stancava mai di dire che le mie origini erano una carta in più da giocare. Ho creduto in lui e oggi non posso che dargli ragione».
Musicista, ma anche scrittore: «Avevo scritto una tesi, ho affrontato per primo l’argomento, in uno dei miei tanti viaggi ho conosciuto un editore di Modena, ed eccomi qui, scrittore de La fisarmonica nel Jazz– scherza Pierpaolo – In ogni caso ciò che amo di più è suonare la mia musica. E la mia passione evidentemente trapela in maniera lampante, perchè così è nata la mia collaborazione con la Rai: in occasione di un mio concerto ho conosciuto alcuni registi romani che dicevano di essere rimasti molto affascinati dalla mia musica, tanto che l’avrebbero proposta come colonna sonora. Io non ci avevo creduto – conclude Petta – però un giorno è arrivata a casa una busta: era il contratto da firmare!».
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