Sant’Agata, indagine sulla sosta della candelora I vigili: «A noi risulta che fosse tutto normale»

L’annacata e la lunga sosta della candelora degli ortofrutticoli a pochi passi dall’abitazione del presunto boss del clan Cappello Massimiliano Salvo, raccontata oggi da MeridioNews, è finita al centro di alcuni accertamenti da parte della Squadra mobile di Catania. Gli uomini delle forze dell’ordine, già presenti giorno 4 febbraio nella zona della sosta – all’incrocio tra via torre del Vescovo e via Antico corso, nei pressi di via Plebiscito -, valutano anche l’eventuale collegamento con il sequestro di 31 batterie di fuochi pirotecnici artigianali e abusivi piazzati all’interno del Bastione degli infetti, area quest’ultima che si affaccia nella rientranza senza sbocco in cui vive Salvo. A indagare sull’accaduto sarà anche la polizia municipale che, per bocca del comandante Pietro Belfiore, annuncia: «Verificheremo se la candelora si sia allontanata dal percorso, a noi risulta che fosse tutto normale».

Figlio di Pippu u carruzzeri, padrino detenuto a Parma e condannato a fine pena mai, Massimiliano Salvo si trova attualmente agli arresti domiciliari dopo la revoca per inosservanza della sorveglianza speciale, che di norma prevede l’impossibilità di allontanarsi dal Comune di residenza e il rientro a casa in orario prestabilito. Massimiliano è il fratello di Giovanni Piero, pluripregiudicato inserito in passato nel gruppo dell’ex reggente poi pentito Gaetano D’Aquino. Attualmente il primogenito del carrozziere è sotto processo per la cosiddetta strage di Catenanuova, piccolo paesino dell’Ennese macchiato dal sangue nel 2008. Una famiglia tutta orbitante attorno al clan Cappello, dalla storica alleanza con l’omonimo patriarca Salvatore Cappello fino ai presunti ruoli apicali dei figli. Massimiliano incluso, residente a pochi metri dal luogo in cui la candelora degli ortofrutticoli si è fermata il 4 febbraio. 

A gestire il cereo votivo è la corporazione professionale di riferimento che, anche quest’anno, avrebbe ricevuto un contributo da parte del Comitato per la festa di Sant’Agata. Un organismo legato al Comune di Catania, col quale condivide la sede e i dipendenti, «ma non la partita Iva, per avere maggiore autonomia», spiegano fonti interne a Palazzo degli elefanti. «I nostri agenti arrivano molte ore prima del fercolo a controllare che non ci siano problemi lungo il percorso», spiega Belfiore, dirigente della polizia municipale. «In base alle informazioni in nostro possesso, quella candelora è arrivata in via Plebiscito intorno alle 16, insieme a tutte le altre. Tutte fanno una sosta per non condizionare il traffico in attesa di spostarsi con sant’Agata e colgono l’occasione per cambiare i cordoni», sostiene il comandante. Ma le numerose immagini della festa scattate dai cittadini mostrano chiaramente la separazione tra la candelora degli ortofrutticoli e le altre. Queste ultime, infatti, attendevano il fercolo davanti alla scuola Manzoni, alla fine di via Plebiscito. Mentre quella degli ortofrutticoli si è accodata alle altre solo all’incrocio successivo.

Non ci sarebbe niente di «strano», quindi, nella fermata di quella candelora: «Non è che è andata in un’altra direzione, è rimasta sempre nell’area del percorso – prosegue – Tanto più che lì c’è anche un altarino dedicato alla Santa. Le candelore omaggiano tutti quelli che incontrano sul loro percorso». Compreso quello tra via Antico corso e via Torre del vescovo, dalla storia particolare legata a una targa – allestita dopo il 2009 e rimossa dalla Squadra mobile nel 2013 – con i nomi di nove affiliati al clan dei Cursoti, tutti morti in agguati mafiosi. «Avvieremo un’indagine interna per capire come sono andate le cose veramente», conclude il comandante dei vigili. 

«Qualora ci fosse un collegamento tra la sosta e il boss, siamo di fronte a un fatto di estrema gravità – spiega Renato Camarda del Comitato per la legalità nella festa di Sant’Agata – Già le testimonianze, mai smentite, dei collaboratori all’interno del processo sulla festa parlavano del controllo da parte di alcuni clan delle candelore negli anni ’90. Se quanto accaduto è vero, si dimostrerebbe una continuità nel controllo». «La gestione delle candelore non ha nulla a che vedere con noi – precisano dall’Ente chiesa Cattedrale – possiamo solo dire che ci dispiace se ancora una volta qualcuno abbia ceduto dentro la festa, che dovrebbe essere religiosa, a questo tipo di atteggiamento. Noi, dal canto nostro, condanniamo tutto quello che non ha a che fare con la legalità».

Luisa Santangelo

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