Passeggiate in periferia alla scoperta dell’altra Palermo Dal Cep allo Sperone per raccontare «pezzi di mondo»

Non solo i salotti di via Libertà, le boutique di via Ruggero Settimo o le luci che in questo periodo di festa fanno brillare il teatro Massimo in piazza Verdi. Palermo è anche altro. È, per esempio, anche la sua periferia. Quella che un progetto adesso punta a mostrare e soprattutto a raccontare. Come? Attraverso otto passeggiate e conversazioni itineranti, alla scoperta dei quartieri della Kalsa, del Cep, di Borgo Nuovo, di Cruillas, di Passo di Rigano, della Noce, dell’Uditore, della Zisa fino allo Sperone. A raccontare la storia e le tradizioni di questi spazi urbani, alcuni spesso vittime predilette di luoghi comuni e pregiudizi, cinque accompagnatori d’eccezione. Da Francesco Mangiapane,dottore di ricerca in disegno industriale, arti figurative e applicate alla facoltà di Architettura di Palermo, che si occupa di sociosemiotica della cultura, a Monica Garraffa,facilitatrice che segue la Scuola Italiana di Processwork e che da anni si occupa di sostegno tra pari alle donne nella maternità; l’ingegnere ambientale Carlo Picone, impegnato nelle tematiche relative all’ambiente e ai servizi per i più piccoli: dai giardini della Zisa al parco Cassarà e alle campane della raccolta differenziata, ed Ernesto D’Agostino, operaio specializzato cresciuto nel quartiere Passo di Rigano. E poi c’è Giuseppe D’Aleo,cresciuto al Cep, dove vive tutt’ora, che si occupa di assistenza fiscale.

Sarà proprio lui a dare il via, domani, alla primissima passeggiata del Jane’s Walk Palermo, nato dal pensiero dell’antropologa americana e architetto Jane Jacobs. L’appuntamento è alle 16:30 nella piazza di San Giovanni Apostolo al Cep venerdì 20 dicembre. Il secondo appuntamento sarà il giorno immediatamente successivo e da quel momento tutte le passeggiate si svolgeranno al mattino, a partire dalle 10.30. Sabato 21 dicembre si partirà da piazza San Paolo a Borgo Nuovo, insieme al professore Francesco Mangiapane, da cui nasce l’idea di portare l’esperimento di Jane Jacobs anche a Palermo. «Il deus ex machina è Giovanni Callea, ma in realtà tutto nasce da me. Da un lato ci sono io prof universitario e dall’altro lui che è un manager, due mondi spesso scollegati, ma lui ha questa qualità di saper ascoltare e cercare sempre un contatto con chi lavora nel campo della ricerca. Un giorno chiacchierando, ormai qualche anno fa, gli ho raccontato di questa urbanista molto famosa, Jane Jacobs, una sorta di icona pop negli Stati Uniti ma qua da noi meno conosciuta, che negli ’50 e ’60 negli Usa fece degli interventi per rilanciare l’idea che a fondare le città e il senso urbano non fossero solo i monumenti e i palazzi, ma al contrario che fossero le persone che vi passano attraverso», racconta il professore Mangiapane.

«Certo, tutta la parte urbanistica classica è importante – spiega -, ma sicuramente quello che viene dimenticato è che ci sono delle persone che passano attraverso questi palazzi e questi monumenti e li fanno vivere. In realtà una cosa fondamentale delle città è tenere conto di queste persone che passano attraverso la città e se possibile dirigere la progettazione degli spazi urbani anche in funzione proprio di queste persone che la attraversano. Questo è un cambiamento di punto di vista gigantesco». Ma che può fare davvero la differenza. Un esempio? Pensiamo alla progettazione di un parco urbano: «La vecchia urbanistica classica lo pensava come un luogo che dovesse essere a corredo dei palazzi, la cosiddetta area verde che ne fa aumentare il valore. Niente di più sbagliato, perché progettare un’area verde senza tenere conto delle persone che poi dovranno passarci significa costruire un luogo malsano, perché nella misura in cui io metto un prato o un parco in un luogo in cui non passa nessuno, questo diventa immediatamente un luogo pericoloso – spiega il professore -. Per proteggerlo non mi serve tenere solo conto del disegnino come fosse uno sfondo della città, deve essere un luogo vivo e frequentato, questo lo rende un posto sicuro. Jane Jacobs diceva che la sicurezza nelle città può essere pensata non solo i termini di poliziotti che presidiano i posti e rappresentano un costo per la comunità, ma popolando di estranei un luogo per renderlo immediatamente un posto sicuro. Se devi fare qualcosa che non è consentito, il fatto che sei attorno a persone che non conosci e di cui non conosci le reazioni ti impedisce di farlo, perché rischi. Se invece tutti si conoscono o il luogo non è molto frequentato o chi lo frequenta sono sempre le stesse persone che hanno un patto di solidarietà, immediatamente questo luogo diventa pericoloso. Un modo progressista di pensare la sicurezza della città è far sì che gli spazi vengano frequentati, accendere la luce la sera, una cosa banale, ma in realtà tutte queste piccolezze fanno qualità della vita, fanno sistema».

Ma Jane Jacobs ha lavorato anche contro l’idea che gli spazi periferici siano spazi senza significato. «Se si prende in considerazione questo approccio per cui sono le persone che fanno il significato, ogni singolo angolo, anche se non ha un’importanza storico-architettonica, per le persone che ci vivono invece è importante. Quindi queste conversazioni nascono proprio per il fatto di voler raccontare alla città il punto di vista dei passanti e delle persone che vivono quello spazio, un punto di vista che raramente si ascolta e che è completamente diverso, che implica l’andare a guardare i muretti, gli angoli, i percorsi e come questi fanno qualità e diventano importanti per le persone che ci vivono, quindi vale la pena raccontarli», continua il professore. Non stupisce che questo sia un progetto globale, sperimentato in tutto il mondo e solo in Italia già in numerose città. Fino ad approdare, da domani, anche a Palermo. Servirà a fare uscire la periferia dall’ombra? Per il professore Mangiapane non è questo l’input di partenza. «La questione della marginalità è complessa – dice subito -. In realtà una passeggiata non fa uscire fuori dalla marginalità questi spazi. L’idea è di cominciare intanto a raccontare e di far vedere che ci sono dei valori e delle cose belle che possono succedere anche in periferia. Di cosa farne di questa bellezza poi è anche un problema politico ampio, si può sensibilizzare mentre i cittadini si attivano in prima persona».

Come è accaduto a Borgo Nuovo nel caso di parco Tindari, passato dall’essere un luogo di devianza deputato principalmente allo spaccio e al consumo di droghe a parco urbano per famiglie e bambini.

«Dire “dobbiamo salvare i quartieri dalla devianza” è un approccio vecchio, che pensa che c’è un centro che se la passa bene e la periferia che invece deve essere salvata dal centro. Il racconto che si vuole fare con questo Jane’s Walk è opposto – precisa -. È quello di cittadini che vivono la periferia e provano a raccontare che il loro pezzo di mondo non è così terribile, accadono delle cose belle e che possono essere condivise e diventare patrimonio di tutta la città. Senza, quindi, tutta questa idea di salvare alcunché. Questo approccio che mette tra parentesi l’idea del salvataggio, poi ha fatto sì che nel caso di parco Tindari un sacco di persone si siano messe a lavorare: chi raccogliendo voti per i luoghi del cuore Fai, chi facendo una partnership col Comune, chi organizzando la festa di carnevale, tante piccole cose che alla fine rigenerano gli spazi. Diciamo, quindi, che il salvare questi spazi urbani è una conseguenza, non una cosa che ci si intesta dall’inizio. Non vogliamo avere un atteggiamento paternalistico, nessuno vorrebbe essere salvato, ma al contrario si vuole raccontare la vita quotidiana delle persone facendo vedere come in realtà abbia un valore e una bellezza che, nella misura in cui viene raccontata, diventa patrimonio comune e può ispirare azioni di rigenerazione urbana».

Tornando al tour per Palermo: Cruillas sarà protagonista della passeggiata del 23 dicembre ancora con D’Aleo, mentre il 24 protagonista sarà Passo di Rigano con Ernesto D’Agostino. Dopo la pausa natalizia, si riprenderà il 27 alla Zisa con Carlo Picone, il 28 nel quartiere Uditore ancora con D’Agostino, il 30 allo Sperone con Monica Garraffa, infine, il 31 chiuderà D’Agostino alla Noce. L’iniziativa, promossa dal Distretto turistico Pescaturismo Cultura del mare in Sicilia ha il patrocinio del Comune di Palermo. Le camminate che si svolgeranno nei quartieri Borgo Nuovo e Zisa sono realizzate in collaborazione con l’associazione Compa, attiva in città sul tema del verde pubblico, promotrice di parco Tindari a Borgonuovo e del recupero dei giardini della Zisa. «Una splendida iniziativa – dice anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando – che ancora una volta coniuga e mette a frutto cultura, riscoperta e valorizzazione dei territori, turismo. Una felice unione che ci ricorda come il turismo può essere il vero motore del nostro sviluppo. Un turismo attento e rispettoso dei luoghi e delle tradizioni, aperto a tutti, che accoglie sia i viaggiatori low-cost sia quelli più di nicchia, interessati comunque a scoprire e vivere la nostra città e la sua vera natura».

Silvia Buffa

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