“Parlami d’amore”… Nicole, ora che sono cresciuto

Sono entrambi giovanissimi, nati sotto il segno dell’Ariete il 14 e 15 Aprile a due anni di distanza. Lui è in pantalone gessato, stivaletto e golfino grigio; lei rispecchia lo stesso stile “dark lady” del suo personaggio cinematografico, stretta in un jeans a vita alta e un top nero smanicato. Molto più esili di quanto non appaiano sul grande schermo. Sono venuti in visita a Catania per la presentazione del film, seguendo le tappe di rito: conferenza stampa, incontro con il pubblico in libreria e saluto agli spettatori in sala nei due cinema convenzionati. Sono Silvio Muccino e Carolina Crescentini, con furore da tanta cinematografia giovanilistica.
 
Il film, tratto dall’omonimo romanzo scritto a quattro mani da un freschissimo Silvio e dalla veterana Carla Evangelista due anni fa, racconta la storia di una educazione sentimentale che sfugge a qualsiasi controllo o regola, della doppia rinascita dei due protagonisti: Sasha (Silvio Muccino) e Nicole (Aitana Sánchez-Gijón) e della loro iniziazione all’amore. Tra i due personaggi si inserisce la figura di Benedetta (Carolina Crescentini), che contrariamente al suo nome, rappresenta la sirena delle tenebre, che col suo canto travolgerà Sasha verso la scoperta della sua natura più buia. Questa opera prima rappresenta una sfida per il giovanissimo Muccino, che per due anni ha deciso di scendere dalla giostra e concentrarsi interamente in quello che avrebbe rappresentato il suo debutto dietro la mdp. La scommessa si può dire vinta perché “l’imbranatello” dalla dizione non troppo felice lascia il posto ad un saggio regista e un attento sceneggiatore, forse solo un po’ troppo esuberante nell’affannosa ricerca di soddisfare tutte le aspettative legate al suo cognome d’arte.
 
Silvio, arrivi nelle sale per San Valentino e ci parlerai d’amore…
S: Sì, ma non si tratta del solito amore rosa, quello “gentile” tipico delle commedie all’italiana, piuttosto di un sentimento che mette a nudo, dimostrando tutte le proprie debolezze.
 
C: L’amore è interpretato qui come atto di coraggio, che vince sulle paure e su tutto. Se Sasha, il primo uomo che coccola Benedetta, il suo principe azzurro, si fosse realmente innamorato di lei, forse lei avrebbe superato la sua paura di essere abbandonata.
 
In realtà, l’amore è un filo che sottende tanti altri temi, come la paura, la fragilità, il rischio…
S: E ancora parla dei fantasmi del passato. C’è un concetto che ho rubato dal film “Magnolia” – “Noi possiamo chiudere con il passato, ma il passato non può chiudere con noi!” – concetto che ho fatto mio. Seguendo l’antico meccanismo della catarsi, ho voluto che i personaggi andassero fino all’inferno, affrontando gli spettri del passato, per poter infine rinascere. In effetti, è stato un film un po’ sofferto, fatto con il cuore e con la pancia, ma adesso sono contento di dove sono arrivato. Una delle prime spettatrici mi ha detto: “Questo film fa venire voglia di vivere e d’amare!”.
 
Temi forti per il tuo pubblico abituale, non credi?
S: Questo vuole essere un film da regista, non la voce di un fratello d’arte, né di un grande coro. Finché si è attori è anche giusto andare incontro ai gusti del pubblico, ma quando fai il regista devi rischiare. “Parlami d’amore” è un film che esce da certi schemi, ma generoso: in un’ora e cinquanta ho cercato di dare tanto.
 
Pur essendo alla tua prima esperienza da regista, pensi che ci sarà una continuità di stile nei tuoi prossimi lavori?
S:
Non posso ancora dirlo, né definire il mio stile, essendo ancora alla primissima esperienza, ma posso dire di aver prestato molta attenzione sia alla forma che alla sostanza di questo film. Vi ho riversato tutto quello che avevo dentro: questo è il limite ed il pregio di un esordio dove vuoi dire tutto quello che senti senza sapere se avrai un’altra occasione per farlo.
 
Tuo fratello Gabriele ha visto il film?
S: Durante le riprese ho preferito tenerlo lontano dal set, per evitare che mi influenzasse con i suoi suggerimenti e secondo i suoi gusti, perché desideravo che “Parlami d’amore”, nel bene o nel male, portasse il mio nome. Quando Gabriele ha letto il libro, mi ha esposto i suoi dubbi su come potesse venire adattato, ma quando era completo, lo ha visto e amato; ha anche pianto.
 
Carolina, come è stato essere diretti da un tuo coetaneo come regista?
C: Magnifico, perché Silvio è un’entusiasta che travolge tutti con la propria energia! Abbiamo iniziato con un provino di 4 ore. Dopo aver studiato bene la sceneggiatura, sono andata e mi sono offerta come creta da modellare. Mi ha detto e fatto provare 30 volte come sedermi, ma è servito per farmi capire colori e odori a cui dovevo aggrapparmi. Nonostante la sua giovane età, sul set mi sono sempre sentita “protetta”.
 
A chi ti sei ispirata nell’interpretare il personaggio di Benedetta ?
C: Non esiste un personaggio specifico,ma avevo necessità di capire come era questa ragazza nel profondo. Per questo motivo, come sempre, ho letto e riscritto la sceneggiatura del mio personaggio in maniera personale: per togliere quelle sovrastrutture e capire qual era il suo problema, come fosse una volta tolta la maschera e il trucco. Ho rubato immagini, foto, ritagli, musica e squarci; “Swimming pool” mi ispirava per la leggerezza e la fragilità. Ho anche conosciuto parecchie Benedetta, ma le ho sempre tenute a distanza perché sono così diverse da me.
 
 
Degna di nota è la colonna sonora, elegante e sobria, come in “For what it’s worth” di Buffalo Springfield e “Sunny” di Bobby Hebb. Le musiche composte da Andrea Guerra (6 premi per “La finestra di fronte”), comprendono anche la perla che scorre in accompagnamento ai titoli di coda “Tear down these houses”, in collaborazione con Skin (ex voce degli ex Skunk Anansie). Non poteva mancare la particolare versione di Chet Baker “My funny Valentine” per un debutto nazionale datato 14 febbraio.

Benedetta Motta

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