Un incidente di percorso ci può stare e può essere messo anche in preventivo dopo dieci vittorie consecutive. Se però i passi falsi diventano due nell’arco di sette giorni – e il risultato odierno fa rima con una mezza sconfitta considerando il gap in classifica e la differenza di valori tra i due organici – le cose cambiano. Significa che si è inceppato qualcosa nei meccanismi e che è scattato qualche piccolo campanello d’allarme. Il pari a reti bianche rimediato allo stadio Lopresti contro il fanalino di coda Palmese, frutto di una partita priva di particolari sussulti e vivacizzata in senso negativo soprattutto durante l’intervallo dai disordini avvenuti nel settore occupato dai tifosi del Palermo, ha detto che le spie comparse domenica scorsa sul cruscotto della macchina rosanero rimasta in panne in occasione della sfida casalinga persa con il Savoia non sono sparite.
E a proposito di analogie con il match contro i campani, forse non è un caso che gli uomini di Pergolizzi siano rimasti a secco un’altra volta e abbiano faticato di nuovo ad esprimere un gioco convincente contro una formazione abile a fare molta densità a centrocampo (la compagine calabrese, che il Palermo ha affrontato oggi per la prima volta nella storia e che ha evocato ricordi amari nella mente di Pergolizzi retrocesso in Eccellenza nel 2016 quando era alla guida del Marsala dopo il playout con i neroverdi, era in campo con un modulo leggibile di fatto come un 5-4-1) e a chiudere gli spazi. Un Palermo tonico e brillante, al di là delle insidie riconducibili anche alle ridotte dimensioni di un terreno di gioco in cui non è facile sviluppare un certo tipo di manovra, non avrebbe avuto problemi a battere l’ultima in classifica.
Il problema è che a Palmi – sotto lo sguardo del presidente Mirri e al netto di alcune differenze in termini di interpreti con Accardi alter ego del nazionale Doda sull’out di destra, in porta l’esordiente Fallani classe 2001 al posto di Pelagotti e in avanti Santana (opaca anche la prova dell’argentino al rientro nell’undici titolare dopo un infortunio) in un tridente completato da Ricciardo e da uno spento Lucera preferito a Felici – si è ripresentata una squadra parente della compagine involuta vista domenica scorsa. Una squadra, cioè, con poca intensità e, a prescindere dagli accorgimenti tattici (il collaudato 4-3-3, sostituito inizialmente da una sorta di 3-4-2-1, è emerso in maniera più chiara nel momento in cui il centrocampista Ambro ha presto il posto al tramonto del primo tempo del difensore Crivello out per un problema muscolare alla coscia destra), poco lucida nella lettura di alcune situazioni.
Se diversi giocatori si innervosiscono facilmente e prendono ammonizioni evitabili vuol dire che questo Palermo, ancora un po’ fragile emotivamente, soffre quando non riesce a spostare l’inerzia della gara dalla propria parte. Dopo un primo tempo giocato sotto ritmo, i rosanero nella ripresa hanno alzato l’indice di pericolosità – insidiose, in particolare, le conclusioni di Martin, del subentrato Rizzo Pinna e nel finale anche di Ricciardo – e hanno spinto con un po’ più di convinzione ma l’accelerata non è servita a sbloccare una macchina che ha evidentemente qualche problema. Da controllare senza particolari ansie in virtù di un ampio vantaggio sulla seconda in classifica (otto punti sul Savoia) ma nello stesso tempo da non sottovalutare in vista dei prossimi impegni.
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