Con l’ennesimo Salvini day a Palermo va in onda un film già visto. Stessi interpreti, stessa trama, pochissime novità. Si parte come sempre dai titoli di testa, con gli annunci sbandierati pochi giorni prima e un perentorio «entro l’otto aprile, quando sarò a Palermo, dovremo avere un candidato». Nei prequel la scadenza era stata fissata prima entro novembre, poi entro Natale, poi entro gennaio. Identico o quasi il risultato, affidato a poche parole concesse dal leader della Lega a margine degli immancabili summit con i suoi la sera prima del processo che lo vede imputato per la vicenda della nave dell’Ong Open Arms. «Qualcuno dovrà fare un passo indietro – dice – Per noi Francesco Scoma è il miglior candidato». Anche qui niente di nuovo, perché a fare il famoso passo indietro, lascia intuire, non sarà certo la Lega e il nome del senatore ex Forza Italia è dato per ufficiale da settimane e lo stesso Scoma parla di una candidatura alla quale lavora da più di un anno.
La novità, questa volta sì, sta nell’udienza, che si è protratta molto più a lungo del solito, tra le immancabili sortite dell’ex ministro, che tra una pausa e l’altra ha pubblicato il solito selfie e ha fatto visita ai giornalisti assiepati davanti all’ingresso dell’Aula bunker del carcere Ucciardone, spaziando sui temi più vari, dall’aumento delle tasse alle considerazioni sull’inconsistenza dei testimoni dell’accusa. Niente o quasi sulle Regionali, poco più sulle Amministrative, dove viste le intenzioni bellicose dei cinque – non quattro come detto dallo stesso Salvini – candidati del centrodestra, l’ex vicepremier si è risparmiato anche i refrain sulla necessità di avere una coalizione unita. Più che altro, lontano dai microfoni, il tentativo è stato quello di assestare qualche colpo a sostegno di Scoma, tentando di richiamare all’ordine i confederati del movimento autonomista di Raffaele Lombardo e con gli alleati dell’Udc, corteggiati anche dal presidente dell’Ars Gianfranco Micciché in chiave regionale.
Il problema è che tanto i primi quanto i secondi hanno già un candidato: Totò Lentini per gli autonomisti, l’ex assessore regionale Roberto Lagalla per l’Udc, che in entrambi i casi difficilmente farà il tanto richiesto passo indietro, con o senza l’appoggio del partito di riferimento. La fuga in avanti di Lentini sembrava una boutade e invece oltre ai cartelloni sono spuntate liste e candidature di sostegno, mentre Lagalla ha svincolato il suo partito da obblighi morali nei suoi confronti, anche se ha definito «auspicabile» il supporto a una scelta compiuta con la benedizione del segretario nazionale Cesa. Per questo, nel dubbio, Salvini ha deciso di interloquire anche con chi sulle Amministrative di Palermo ha investito tanto, ma un candidato – ancora – non ce l’ha: Totò Cuffaro, che ha tappezzato la città con i manifesti sul ritorno della Democrazia cristiana ben prima che saltasse il banco e che ci si perdesse nel gorgo delle candidature del centrodestra. Le sensazioni sembrano essere positive, ma al momento nulla può essere dato per scontato.
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