Palermo, Corini è un mix di rabbia e amarezza «Ormai ogni partita è una bomba atomica»

«Ci sono delle critiche oggettive, basate su dati oggettivi, e queste ovviamente le accetto. Queste possono essere basate sui punti, su quello che fa la squadra e sugli aspetti che si possono migliorare. Quello che non accetto sono le critiche strumentali che portano all’autolesionismo. Sinceramente non mi aspettavo di essere messo in discussione per i dati oggettivi perché questi dicono che la squadra ha avuto dei miglioramenti». Comincia con questa frase a effetto la conferenza stampa prepartita, a due giorni dalla sfida contro il Sassuolo, del tecnico del Palermo, Eugenio Corini, delegittimato in settimana da Zamparini che aveva avviato colloqui con altri allenatori e poi confermato perché non si è trovato il sostituto. «Abbiamo tenuto sempre le gare in bilico, tranne contro il Chievo, esclusa quella abbiamo sempre fatto bene. In questi giorni ho pensato più volte alle dimissioni, ma do sempre tutto me stesso. Le critiche fanno parte del gioco, la dialettica interna è importante ma deve essere anche utile. La cosa più importante è essere credibili nei confronti di società e giocatori, questo senso di responsabilità mi ha spinto a restare».

Usa toni forti Corini e sfrutta la conferenza per scrollarsi di dosso una settimana piena di tensione: «Adesso io mi spoglio dall’essere allenatore e ragiono da tifoso: non è possibile restare in un limbo che non porta a nulla, bisogna dare continuità e respiro a un progetto perché altrimenti se non c’è un concetto di sviluppo non si va da nessuna parte e diventa tutto complicato». La rabbia del mister la fa assolutamente da padrone: «Io non capisco questo clima di autolesionismo che si è venuto a creare, ho preso una squadra in grande difficoltà, trovando dei giocatori con il morale sotto i tacchi e con delle pressioni notevoli, basti vedere quanto successo dopo Firenze, quando abbiamo giocato contro il Chievo e i calciatori faticavano addirittura nei passaggi più semplici». Il tecnico ribadisce poi alcuni concetti: «Anche a livello ambientale serve una crescita e ripeto che una dialettica interna che non porta a nulla è solo un danno. Mi sono chiesto cosa fare, mi sono confrontato con i miei collaboratori e con la squadra e ho apprezzato la stima dei giocatori: queste sono tutte cose che mi hanno spinto a continuare».

«Fanno piacere gli attestati di stima da parte della città, lo dimostrano le ventimila persone che si sono presentate allo stadio sia con il Chievo sia con il Pescara. Questo è molto importante e anche per questo ho deciso di non andare via». Corini si rivolge poi ai giornalisti, suoi interlocutori in sala stampa: «Vi sembra normale che a ogni risultato negativo o a ogni sconfitta si debba mettere tutto in discussione? Ogni partita a Palermo è una bomba atomica. Questi sono ragionamenti assolutamente sbagliati», e qui Corini sottolinea il suo pensiero sbattendo i pugni sul tavolo. «Tolte Fiorentina e Pescara, in cui ho dovuto preparare la partita in due giorni, soltanto in tre occasioni ho potuto lavorare con la squadra per tutta la settimana. Bisogna riconoscere che la squadra ha prodotto qualcosa e ha avuto dei miglioramenti».

Corini passa poi, per un breve istante, a parlare del modulo: «Non ho ancora deciso tra difesa a tre e difesa a quattro. Finora sono sempre partito a tre». L’analisi della gara contro il Sassuolo dura però poco, perché altro pomo della discordia con la società è il mercato: «Stefan Silva ha delle qualità tecniche – ammette Corini – ma queste qualità vanno relazionate e parametrate al nostro campionato. Si tratta di un giocatore che ha delle caratteristiche simili a quelli che già avevamo in rosa». Il tecnico a questo punto rende pubbliche le sue richieste in sede di rafforzamento della rosa: «Io avevo chiesto un sostituto di Rajkovic, che è un difensore fondamentale, un titolare che ci manca, e anche un sostituto di Bouy e Hiljemark che sta riflettendo con la società per una possibile cessione. Mi sono confrontato con la società, ho chiesto ruoli e caratteristiche, ma non conosco tempi e dinamiche del mercato».

Il rapporto con Zamparini continua inevitabilmente: «Ho sentito il presidente due volte, sia domenica sera, sia ieri sera. I toni erano tranquilli, ma il problema è che bisogna capire a cosa si va incontro. Ascolto volentieri Zamparini e i suoi consigli, cerco sempre di dare una forma ai concetti che vengono sviluppati». Corini dimostra di crederci ancora ed è infastidito dallo scetticismo che gravita intorno alla squadra: «Con 19 partite ancora da giocare, non ci si può arrendere, dobbiamo lottare con convinzione. Guardate quante partite sono finite 4-3 dopo che una squadra era sotto per 3-1, nel calcio moderno l’aspetto emotivo è fondamentale, bisogna crederci sempre ed essere pronti per la battaglia». Senza un direttore sportivo, non è facile fare mercato, così è inevitabile che al mister venga chiesto chi sono i suoi interlocutori: «I miei referenti sono Zamparini e Simic, che è qui. Io non conosco Curkovic, né ci ho mai parlato al telefono».

Il tecnico ribadisce poi la sua volontà di giocarsela fino alla fine: «Io non posso arrendermi, sono rimasto qui per questo. Solo la matematica può condannarci, ma ancora c’è un intero girone di ritorno da giocare». Corini passa poi a parlare di Nestorovski, con l’attaccante macedone che non trova ormai la via del gol da diverse giornate: «Il suo è un calo psico-fisico, anche fisiologico. Il primo step era quello di dimostrare di essere capace di segnare in Italia dopo avere dimostrato una grande vena realizzativa in altri campionati, e questo l’ha superato. Adesso deve confermarsi, sta attraversando un momento di difficoltà, ma io sono qui per aiutarlo perché è un ragazzo su cui conto molto». L’ultimo capitolo è dedicato a Quaison, giocatore che sembra rinato da quando Corini siede in panchina: «Per me è un titolare, tranne uno spezzone col Pescara ha sempre giocato tutte le partite con me. È un giocatore fondamentale. La squadra dimostra di avere lo spirito giusto in allenamento, peccato che sono a porte chiuse perché altrimenti anche la gente vedrebbe l’impegno e la dedizione dei ragazzi. La squadra ci crede e non molla».

Luca Di Noto

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