Ospedali, la nuova rete tra soddisfazione e critiche Buona per i vertici ma stato agitazione al Garibaldi

Dopo un iter di approvazione a dir poco rocambolesco, fatto da un pingpong quasi interminabile tra gli uffici della Regione, i tavoli romani del ministero e le singole realtà territoriali, la nuova rete ospedaliera siciliana è stata approvata. Se, da un lato, il documento fotografa l’esistente, dall’altro prescrive tutti i cambiamenti che i presidi sanitari dovranno attuare in breve tempo, le unità operative che dovranno chiudere o restare aperte e i posti letto che ogni singolo reparto ha a disposizione. Ma non solo. Dal provvedimento dipende anche lo sblocco dei concorsi per l’assunzione di nuovo personale e per la stabilizzazione di quello precario. Il benestare del governo nazionale, a Catania, è stato salutato con soddisfazione da quasi tutti i dirigenti delle strutture mediche, che hanno riconosciuto la bontà del disegno, con un’unica eccezione. Quella dell’ospedale Garibaldi dove, oltre a un secco «no comment» da parte del direttore generale Giorgio Santonocito, la bozza è stata accolta con lo stato di agitazione del personale medico della struttura. Che, dopo aver studiato le novità, ha lamentato il declassamento di molte unità operative da complesse a semplici. Con la conseguente perdita del primariato e la dipendenza da altre strutture di livello superiore. 

«La nostra realtà sarà fortemente penalizzata – scrivono in una nota congiunta i sindacati Anaao Assomed, Cimo, Cisl Medici, Fm Uil, Fpl Amco e Snr– con la prevista soppressione sia di posti letto che di unità operative con grave ripercussione sulla qualità e sulla quantità delle cure erogate a pazienti acuti e cronici». «Ciò – continuano le sigle – assume un rilievo drammatico se si considera inoltre, la prossima chiusura del Pronto soccorso del Vittorio Emanuele che comporterà un ulteriore incremento dell’afflusso dei pazienti al Garibaldi. Assolutamente inaccettabili ed imprudenti – concludono – risultano il declassamento e la soppressione di numerose strutture di eccellenza quali la Neurochirurgia, l’Oncoematologia, la Neonatologia, l’Epatologia, la Rianimazione pediatrica, la Medicina d’urgenza, Cardiologia, la Radiologia ed altre». Nella stessa struttura, tra l’altro, l’unità di Medicina interna del Garibaldi Nesima è divenuta ora semplice, tornando alle dipendenze della sede centrale di piazza Santa Maria di Gesù. I due edifici, però, distano più di dieci chilometri l’uno dall’altro. 

Si parla di posti letto in meno anche al Policlinico dove, però, la situazione sembra rientrare nell’aspetto fisiologico secondo la dirigenza medica. Nell’azienda infatti rispetto ai 910 della precedente programmazione, ora sono previsti 820 posti letto che, soprattutto con la prossima apertura del San Marco di Librino, sono di vitale importanza. «Qui da noi, in generale la rete è stata salutata con soddisfazione – spiega a MeridioNews il rettore di Unict Francesco Basile, direttore della Clinica chirurgica del Vittorio Emanuele – Per quanto riguarda la riduzione delle unità complesse e dei posti letto, come ha detto giustamente l’assessore Baldo Gucciardi, è una conseguenza del decreto Balduzzi che impone una corrispondenza con il numero di popolazione presente sul territorio. Ma – aggiunge – è un dato che comunque si dovrà rivedere in futuro».  Anche qui alcune unità sarebbero state interessate da un declassamento. È il caso della Reumatologia pediatrica che ha perso il suo status di complessa, nonostante il grande afflusso di pazienti. 

«Nel complesso – aggiunge Basile – si può dire che la rete di emergenza è fatta bene come suddivisione in hub e spoke». Per i primi si intendono gli ospedali che posseggono quasi tutte le specialità e le strutture per la gestione dell’emergenza. A Catania fanno parte di questa categoria il Garibaldi, il Vittorio Emanuele e il Cannizzaro. I secondi invece, proprio per l’assenza di queste caratteristiche, dipendono dai primi nei casi di particolari patologie o di urgenze gravi. «Per adesso è stato fatto un buon lavoro – conclude il rettore – soprattutto in vista dei concorsi che finalmente potranno essere effettuati. Se ci saranno dei correttivi si faranno in corso d’opera». Sulla stessa linea di pensiero anche Angelo Pellicanò, direttore generale del Cannizzaro, che aggiunge: «Abbiamo avuto la conferma di tutte le discipline, tutte le strutture sono state mantenute così come avevamo previsto». E aggiunge: «È stata mantenuta l’impostazione originaria che era stata data dal ministro, ora bisogna vedere economicamente se ci sarà la possibilità di attuare questa pianta organica così ambiziosa».

Anche il direttore dell’Asp 3 di Catania, Franco Luca ha espresso soddisfazione per le realtà di Giarre e di Bronte. «Per quanto ci riguarda il progetto è abbastanza omogeneo – spiega a MeridioNews –  non chiude nessuno ospedale, Giarre mantiene 50 posti per acuti quindi è una strutta pienamente attiva, con i suoi posti di Chirurgia che ci consentono di fare operazioni sul posto». Il provvedimento, continua il manager, ha voluto anche «potenziare il polo Acireale – Giarre con una Utic (unità di terapia intensiva cardiologica) ad Acireale che prima non c’era». «Ci sono sicuramente delle persone che non sono contente – afferma il direttore, parlando di alcune proteste –  ma dato lo stato delle cose e le prospettive, mi sembra un ottimo risultato. Abbiamo scongiurato la chiusura di importanti realtà». Per l’area di Biancavilla, Adrano e Bronte Luca non lesina complimenti alle istituzioni:«Tutte le strutture sono state mantenute – conclude – la politica ha rispettato i suoi impegni»

Ed è proprio il presidente della commissione Sanità dell’Ars, Pippo Di Giacomo, a restituire infine una fotografia positiva della situazione etnea. «Catania – spiega il parlamentare – rimane uno dei luoghi della Sicilia a più alta concentrazione di offerta sanitaria. Garibaldi, Poliicnico, Asp e Cannizzaro sono hub di secondo livello sui quali c’è stato un investimento poderoso in termini monetari. Non dimentichiamo – conclude – che alcuni di questi ospedali sono punti di riferimento della sicilia orientale e servono un bacino più ampio».  

Mattia S. Gangi

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