Bene. Leoluca Orlando è candidato a sindaco di Palermo. Epilogo scontato dopo tutto quello che è avvenuto nei giorni scorsi. Aveva detto che non si sarebbe candidato. Poi ci ha ripensato. Anzi, è stato costretto, dagli eventi, a ripensarci. Perché era inimmaginabile, dopo la scoperta dei brogli elettorali – e dopo linchiesta avviata dalla magistratura – che il Pd riproponesse la candidatura di Fabrizio Ferrandelli. Ma da questo partito, ormai, c’è da aspettarsi di tutto. Sarebbe stato molto più logico individuare un nuovo candidato in grado di mettere daccordo tutti i partiti di centrosinistra. Ma il Partito democratico – da Palermo a Roma – ha imposto Ferrandelli. Lasciando intendere con chiarezza che, questa – ‘trappola’ per Rita Borselllino compresa – è unoperazione politica preparata da tempo. Così, a unazione, ha finito con il corrispondere una reazione. Un finale che il Pd non si aspettava.
E nemmeno noi, a dir la verità. Perché a fronte di una Regione siciliana che affoga tra cattiva amministrazione e deficit stratosferico, vedevamo più un Orlando con le antenne puntate verso Palazzo dOrleans, la sede della presidenza della Regione, che verso il Comune di Palermo. Ci siamo sbagliati. Anche noi – sbagliando – abbiamo fatto lo stesso ragionamento che, con molta probabilità, avranno fatto dalle parti del Pd.
E adesso? Ieri abbiamo sentito e letto giudizi di tutti i genere e di tutte le specie. Della serie: lotta fraticida a sinistra, divisioni insanabili, centrosinistra che regala la poltrona di sindaco di Palermo al centrodestra. Tutte letture sopra il rigo, più o meno interessate. A nostro modesto avviso, non cè alcuna lotta fraticida. Ma solo una sana competizione. E nulla di più.
La prima considerazione che va fatta analizzando la candidatura di Orlando è di natura tecnica. Per la prima volta, il prossimo 8 maggio, i Comuni siciliani eleggeranno i sindaci senza leffetto trascinamento delle liste. E una legge, approvata dallArs, che ha voluto il Pd. Siamo davanti a un voto completamente disgiunto: i candidati a sindaco non sono più collegati alla liste. Il voto per lelezione del sindaco da implicito diventa esplicito. Il singolo voto espresso per la sola lista non sarà più, automaticamente, il voto dato al sindaco collegato a quella lista. Per un motivo semplice: perché, come già detto, i sindaci non saranno più collegati alle liste.
Tornando a Palermo, assistiamo a un paradosso: la legge voluta dal Pd finirà con lo sfavorire il candidato dello stesso Pd. Questo perché, al di là delle chiacchiere, Fabrizio Ferrandelli è un candidato debole. E la sua debolezza – e il nostro è sempre un giudizio tecnico e non politico – lha dimostrata proprio alle primarie del 4 marzo. Quando avendo dietro i Poli civici, Antonello Cracolici, Giuseppe Lumia e un intero governo regionale, ha raggranellato, alla fine, poco più di 10 mila voti. Appena 120 voti in più di Rita Borsellino. In un contesto, peraltro, reso torbido da brogli ancora allesame della magistratura.
Come direbbero gli addetti ai lavori, Ferrandelli non è un candidato che vola. In una competizione con il voto completamente disgiunto – e senza collegamento con le liste – Ferrandelli si annuncia come un candidato da portare sulle spalle. Al contrario, Leoluca Orlando, è un candidato che vola. Dalla seconda metà degli anni 80 fino ad oggi Orlando è sempre stato un candidato trasversale. Soprattutto nella sua città: Palermo. E questo Cracolici e Lumia lo sanno benissimo: ed è per questo che lo temono. E ne hanno ben donde.
Orlando è sulla breccia dal 1985. Non sono molti i politici longevi come lui. Lo stesso ex ministro, Carlo Vizzini, che entrato in politica una decina di anni prima del leader di Italia dei valori, non può vantare la sua longevità. Perché anche Vizzini, per un lungo periodo, è stato fuori dalla scena politica. Orlando, al contrario, è sulla scena dal 1985. E dalla scena non è mai uscito.
Cè chi ironizza sulle sue sconfitte elettorali. Che, però, stranamente, lo hanno tenuto e non allontanato dallagone politico. Perché da quando non è più sindaco di Palermo – dicembre del 2000 – Orlando è sempre stato parlamentare. E poi, quali sarebbero queste sconfitte? Nel 2001, nella corsa per la presidenza della Regione siciliana, non perde contro Totò Cuffaro, ma contro un blocco sociale – allora fortissimo – che alle elezioni nazionali si manifesta con il celebre 61 a zero che il centrodestra infligge al centrosinistra siciliano. Quanto alle elezioni comunali del 2007, ebbene, quelle elezioni Orlando le ha vinte, come ha certificato la magistratura.
Orlando – tornando alle considerazioni tecniche – è sempre stato e rimane un uomo politico trasversale. In grado di pendere voti nei settori più disparati della società palermitana. Lo vota la borghesia, lo votano gli operai, lo votano i quartieri popolari. Lo votano a sinistra, a destra, al centro. La legge che Cracolici ha fatto votare dallArs esalta le caretteristiche di un candidato trasversale come Orlando.
Non sappiamo quante liste in suo sostegno riuscirà a chiudere Orlando. A nostro avviso, poche. E ci avvventuriamo anche su qualche previsione. Sempre a nostro modesto avviso, le liste di Orlando per le elezioni del consiglio comunale dovrebbero attestarsi tra il 10-12, forse – ma gli deve andare bene – intorno al 15 per cento. Il numero di voti che Orlando prenderà come candidato a sindaco, invece, sono incalcolabili. Ma saranno di più, molti di più dei voti delle liste. Perché saranno voti ‘trasversali’.
Conoscendo piuttosto bene i sostenitori di Ferrandelli, è probabile che questi ultimi si concentrino su quella parte del Pd che ha votato per Rita Borsellino alle primarie. Da Giuseppe Lupo a Sergio DAntoni, a Bernardo Mattarella. Provando a convincerli a votare per Ferrandelli. Perderanno solo tempo. Perché i veri voti disgiunti, a Orlando, arriveranno solo in minima parte dal Pd. Comè nel suo stile e nella sua storia politica, il leader di Italia dei valori prenderà voti da tutto lo schieramento politico: li prenderà dallelettorato del Pdl, da quello dellUdc, del Pid, dallMpa, dal Pd e via continuando.
Queste cose Cracolici e Lumia le sanno benissimo. E sanno anche che che le primarie del 4 marzo hanno lasciato una ferita profonda nel centrosinistra. Mentre tutti i tentativi per ricomporre la coalizione sono fallito. Rita Borsellino ha detto che non appoggerà Ferrandelli. E lo stesso farà la federazione della sinistra. Lo stesso appoggio di Sel di Vendola a Ferrandelli è un fatto di ‘vertice’, perché la base non seguirà tale indicazione.
In politica i numeri sono numeri. E i numeri dicono che in candidati a sindaco di Palermo sono tre, più una quarta incognita. Massimo Costa, candidato di Pdl, Udc e Grande Sud dovrebbe andare al ballottaggio. Il posto per la finale se lo giocheranno, per lappunto, Orlando e Ferrandelli. Con lincognita dellimprenditore Tommaso Dragotto del quale non si conosce la consistenza elettorale.
Che significa questo? Che le vere primarie del centrosinistra di Palermo andranno in scena l8 maggio prossimo. Per Ferrandelli, candidato da trasportare in spalla, anche un voto può fare la differenza. Sotto questo profilo, la candidatura di Alessandro Aricò non lo agevola.
E inutile che ci giriamo attorno. Il Pd di Cracolici e Lumia ha puntato su Ferrandelli per tenere in piedi il governo regionale di Raffaele Lombardo del quale sono gli sponsor. Il governo Lombardo, senza i voti del Pd, non esisterebbe. Rita Borsellino, in coerenza con la sua storia personale e politica, si è rifiutata di essere il candidato a sindaco di Palermo dellattuale governo regionale. Per questo Cracolici e Lumia, alle primarie, dello scorso 4 marzo, gli hanno teso la trappola.
Del governo regionale fa parte anche Futuro e libertà. Si può discutere – ed è giusto che si discuta – di una forza politica che a Roma dice di stare con il Pdl di Alfano e lUdc di Casini e in Sicilia è al governo con Lombardo, cioè contro il Pdl e lUdc. Ma le cose stanno esattamente così. Ed è per questo che la candidatura a sindaco di Palermo di Aricò, esponente di spicco del Futuro e libertà, è paradossale. Perché in questo momento, piaccia o no, Ferrandelli e Aricò stanno dalla stessa parte politica. Con sfumature più o meno trasformiste, certo. Ma dalla stessa parte. E questo, forse, è un altro paradosso che congiura contro i ‘piani strategici’ di Cracolici e Lumia.
Che dire, in conclusione? Che anche le elezioni dell’8 magio prossimo saranno ‘infuocate’. Lumia, Cracolici e, sullo sfondo, il presidente della Regione, Raffaele Lombardo non sono tipi che si arrendono facilmente. E’ bene che, questa volta, i seggi vengano presidiati. Per davvero. Durante le operazioni di voto e durante lo spoglio delle schede. E’ bene che tutti i partiti si attrezzino con bravi rappresentanti di lista. Perché quello che si è visto alle primarie del centrosinistra potrebbe ripetersi. Magari in modo più ‘scientifico’. Bisognerà fare molta attenzione.
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