Operazione Visir, arresti vicino a di Messina Denaro «Appalti pubblici restano core business della mafia»

Il blitz è scattato all’alba di questa mattina. I militari del comando provinciale dei carabinieri di Trapani di concerto con gli uomini del reparto operativo speciale di Palermo hanno battuto palmo a palmo le campagne di Petrosino, piccola cittadina del Marsalese alla ricerca dell’ultimo padrino, l’erede di Totò Riina, Matteo Messina Denaro. Della primula rossa di Castelvetrano però nessuna traccia. Da ben 24 anni, il capo indiscusso di Cosa nostra, figlio del campiere Francesco Messina Denaro, è un fantasma. A finire in manette nell’operazione denominata Visir sono stati, invece, 14 fedelissimi del latitante, chiamati a rispondere di associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione illegale di armi. Volti noti di una mafia che continua ad essere viva. 

«L’operazione di oggi – ha sottolineato il vicecomandante del Ros Roberto Pughetti – ci ha permesso di ricostruire la struttura di Cosa nostra a Marsala e Petrosino e alle sue relazioni con cosa nostra palermitana». Per gli investigatori capo indiscusso di cosa nostra marsalese sarebbe Vincenzo Rallo, fratello dell’ergastolano Antonino ex capo della cosca lilibetana. Secondo le indagini, Rallo in più occasioni avrebbe manifestato il suo potere imponendo agli affiliati i propri uomini, programmando l’eliminazione di soggetti scomodi e facendo da intermediario tra i mandamenti di Trapani e Palermo. 

Sarebbe stato proprio Rallo a nominare Nicolò Sfraga, a capo della decina di Petrosino Strasatti. Decisione, questa, che aveva parecchio indispettito altri affiliati come Vincenzo D’Aguanno e Michele Lombardo che in più occasioni avevano reclamato il controllo di quel territorio. «Ci sono state anche discussioni per la ripartizione degli utili dei proventi illeciti raccolti nel territorio e riferiti anche al mercato del calcestruzzo», ha sottolineato Pughetti. Tra gli arrestati spunta anche il nome di Fabrizio Vinci, imprenditore mazarese legato ad Andrea Mangiaracina, sostenuto D’Aguanno e Lombardo. L’uomo – così come emerge dalle intercettazioni – con il permesso di Epifanio Agate, figlio del defunto boss Mariano, e Vito Gondola, detto coffa e ai vertici della cosca marsalese, avrebbe avviato una serie di operazioni finanziarie nel territorio marsalese senza il permesso di Rallo. «Messina Denaro – ha spiegato il vicecomandante del Ros – è intervenuto personalmente a fine 2014 per esternare il proprio disappunto per le frizioni all’interno della cosca, anche perché era un periodo in cui erano stati fatti altri arresti eccellenti nella sua schiera più vicina». 

Da lì in poi ci saranno alcuni incontri tra le famiglie mafiose del Trapanese e quelle della provincia di Palermo per concordare la messa a posto di alcuni lavori pubblici e privati. «Le cosche si parlano tra loro per i soldi. Il motivo è sempre quello – ha sintetizzato il comandante provinciale dei carabinieri Stefano Russo – e gli appalti pubblici purtroppo continuano ad essere il core business della mafia. È lì che bisogna intervenire, aiutando – ha concluso – anche gli imprenditori a denunciare».

I nomi degli arrestati

Andrea Antonino Alagna (1979), di Mazara
Alessandro D’Aguanno (1991), di Marsala
Vincenzo D’Aguanno (1960) di Marsala
Calogero D’Antoni (1982) di Marsala
Giuseppe Giovanni Gentile, detto testa liscia, (1974) di Marsala
Michele Giacalone (1970), di Marsala
Massimo Giglio (1976) di Marsala
Simone Licari (1958), di Marsala
Ignazio Lombardo, detto il capitano, (1971), di Marsala
Michele Lombardo, detto Michelone, (1962), di Petrosino
Vito Vincenzo Rallo (1960), Marsala
Aleandro Rallo (1993), Marsala
Nicolò Sfraga, 1966, Marsala
Fabrizio Vinci, 1970, di Mazara.

Pamela Giacomarro

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