A tradirlo è stata la sua morbosità. Ignazio Sciurello ha commesso l’errore di non sospendere, nonostante la latitanza, i rapporti con i suoi familiari. L’utilizzo delle intercettazioni telefoniche e il fiuto degli investigatori hanno fatto il resto. L’uomo – 45 anni, pregiudicato, originario di Paternò – è accusato dell’omicidio di Massimo Pappalardo avvenuto la notte dell’8 marzo scorso proprio nel territorio del Comune etneo. Un delitto efferato con un movente però ben delineato fin dall’inizio. L’ormai ex latitante non accettava l’interruzione della relazione sentimentale con la fidanzata e la presenza di un rivale in amore.
Il latitante è accusato oltre dell’omicidio dei reati di occultamento di cadavere, porto e detenzione di armi da fuoco. «In Francia si godeva la sua latitanza», spiega Michelangelo Patanè, procuratore reggente degli uffici etnei. L’individuazione da parte della brigata nazionale francese per la ricerca dei fuggitivi è avvenuta nel piccolo sobborgo di Thiais, a pochi chilometri da Parigi. Ignazio Sciurello è stato prima fotografato nei pressi di un ristorante per poi essere ammanettato dopo la conferma sulla sua identità da parte dei carabinieri della compagnia di Paternò. «Non ha opposto resistenza – spiega il comandante Angelo Provenzano – pensava si trattasse di un normale controllo e ha subito avvisato gli agenti con accento siciliano di non sapere il francese». Il latitante ha quindi mostrato un documento d’identità che è poi risultato contraffatto. Si trattava di una carta smarrita la scorsa estate a Paternò.
Con l’arresto del presunto esecutore materiale le indagini non sono però concluse. Da scandagliare ci sono tutti gli elementi che portano alle persone che hanno curato la latitanza del pregiudicato paternese. Coloro che gli hanno fornito vitto e alloggio e nello stesso tempo chi si è occupato di tenerlo in contatto con i familiari. «Non possiamo rivelare altri dettagli – prosegue Provenzano, che poi aggiunge -, l’attenzione si allarga anche su alcuni soggetti calabresi che Sciurello conosceva».
Nelle ore successive all’omicidio i carabinieri aveva individuato anche due complici. Giuseppe Sciurello, fratello del latitante, e Massimo Distefano, entrambi pregiudicati. I due uomini, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbero avuto un ruolo chiave nel delitto. La vittima sarebbe stata prima seguita e successivamente agganciata da Distefano. L’uomo avrebbe quindi intimato a Pappalardo di lasciare la donna. Dopo averlo accompagnato a casa dello stesso Sciurello il gruppo si sarebbe spostato in una piazzola di sosta, zona in cui sono stati esplosi quattro colpi di pistola con cui Pappalardo è stato ucciso. Il corpo della vittima veniva poi caricato in macchina e spostato in contrada Poggio Monaco dove la Toyota Aygo è stata fatta scivolare in un dirupo. Successivamente Giuseppe Sciurello e Distefano tornano sul posto per incendiare l’autovettura con all’interno il corpo della vittima.
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