Due stanze, muri bianchi che presto si riempiranno di disegni e murales, progetti di corsi per bambini, conferenze e concerti. Persino una radio. E’ la svolta del comitato No Muos di Niscemi a un anno dall’installazione del presidio in contrada Ulmo: il 22 novembre 2012. Una lotta territoriale cominciata con poche tende e un fuoco a pochi metri dalla base Usa dove la marina militare statunitense promette di rendere funzionante il sistema di antenne satellitari tra un anno, a novembre 2014. Adesso, 365 giorni dopo il primo atto, gli attivisti tornano in paese, con una sede nella centrale via XX settembre in cui promettono di non parlare solo di Muos. «Abbiamo avuto la fase dell’azione, ora è arrivata quella del pensiero. E’ il momento di tornare dentro le città», spiegano. Gli stessi cittadini che ormai, fallita la via politica con il passo indietro del presidente regionale Rosario Crocetta, sembrano ormai rassegnati all’installazione delle antenne.
Al comitato No Muos di Niscemi, a un anno dalla sua fondazione, sono rimasti in quindici. Passate le gru e quasi completati i lavori dentro la base, sembrano lontani i tempi in cui gli attivisti venivano da tutta la Sicilia per darsi il cambio nei blocchi e nelle azioni di disturbo agli operai. Alcuni, però, sono rimasti. E adesso sono impegnati nei lavori della nuova sede. Come Bruno Di Dio Cafisio, 24 anni, che tutti chiamano il mastro: tra ponteggi, rulli di vernice e stucco, a lui sono affidati i lavori di ristrutturazione della bottega, una ex videoteca. Studente di filosofia di giorno, imbianchino per davvero nel tempo libero, per arrotondare, Bruno è aiutato, tra gli altri, da Giuliana Reale, 27 anni, che racconta: «Vogliamo parlare dei problemi di Niscemi. Come il precariato, il femminicidio e l’acqua». Nella nuova sede c’è già un via vai di cittadini e mamme No Muos, non solo di Niscemi.
Salvatore Terranova, 55 anni, passa a vedere come procedono i lavori, di ritorno da una visita medica a Catania e prima di tornare a casa, a poche decine di metri dalla base e dalle più di 40 antenne già installate: «Nel 2010 mi hanno impiantato un defibrillatore sottocutaneo e ogni sei mesi vado a fare i controlli – racconta – Prima mi dicevano che il comportamento sballato della macchina era dovuto all’uso di attrezzi elettrici, adesso che ho smesso di usarli i medici si chiudono in se stessi e non rispondono». Inutile portare ai dottori i dati di rilevazione dell’Arpa sulle antenne o raccontare dei computer che non funzionano. E non è il solo a essere preoccupato per la sua salute. «I niscemesi devono lottare. Noi, insieme al sindaco di Caltagirone, abbiamo deciso di avviare un monitoraggio sui casi di tumore del Calatino, così da poter poi confrontare i dati con il Registro tumori avviato quest’anno dalla Regione Sicilia», spiega Samanta Cinnirella, mamma No Muos di Caltagirone.
Eppure i niscemesi sembrano ormai rassegnati. «Gli americani faranno quello che vogliono, è inutile lottare. E’ Davide contro Golia, l’antenna la consideriamo già montata», dicono i più. A una settimana dall’anniversario del presidio, la maggior parte dei cittadini non sa ancora della nuova sede. Né sembra esserne curiosa. La svolta del movimento non convince nemmeno alcuni dei suoi sostenitori. «Io sono al fianco degli attivisti, ma mio nipote lì non ce lo manderei – dice un ambulante al mercato – Perché bisogna continuare a lottare contro il Muos, non perdere tempo con corsi e concerti». I ragazzi però tengono duro: «E’ solo questione di tempo, si abitueranno», dicono fiduciosi. Il presidio, intanto, resterà in piedi come prima: con i monitoraggi ogni mattina all’alba per vedere quanti operai entrano nella base, con che mezzi e per quali lavori. L’ultimo atto, il più atteso, sarà l’innalzamento delle parabole. Solo a sentirlo nominare, gli attivisti cambiano espressione, ma dura poco: domani c’è da festeggiare il compleanno del presidio, con musica, cibo e testimonianze.
Un anno di lotta, che intanto si è fatta sempre più giudiziaria, con ricorsi e denunce. Da parte del coordinamento nei confronti della revoca della revoca alle autorizzazioni regionali dei lavori Usa, ma anche nei confronti degli attivisti, con multe da 2.500 a 10.500 euro. «Hanno capito che per fermare i niscemesi bisognava toccarli nelle tasche, specie i più giovani», spiega Fabio D’Alessandro. «Una parte del coordinamento resta convinta nel tentare tutte le possibili vie di opposizione al Muos, compresa quella politica – conclude – A livello nazionale ci siamo fatti promotori di una mozione parlamentare, Palermo la riteniamo invece una causa persa. Da Crocetta ci aspettavamo almeno una risposta, io ritengo che in Regione i giochi siano ormai fatti».
[Foto di Fabio D’Alessandro]
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