«Potete passare, però spicciatevi». «Quando noi ce ne andiamo potete fare quello che volete, ma per ora da qua vi dovete togliere». In via Crociferi stamattina ci sono due furgoncini. Uno dell’Ipi-Oikos, che recupera un lavoratore che dà un’ultima spazzata alla strada. Il secondo è di un privato, che deve scaricare del materiale edile. Ma nella strada patrimonio dell’Unesco non deve esserci nessuno. Almeno finché non passano il sindaco di Catania Enzo Bianco e il ministro della Cultura Dario Franceschini. Diretti al Convento dei Crociferi, che l’amministrazione ha individuato come sede etnea del Museo egizio di Torino. Una notizia della quale si parla da quasi un anno, e che presto dovrebbe diventare concreta. Con la benedizione del componente del governo. «Ma che bel palazzo – dice Franceschini – È tuo?», domanda al primo cittadino. «Sì, sì. È del Comune», risponde Bianco. Che poco prima ha annunciato di voler candidare Catania come città italiana della Cultura nel 2020.
La ristrutturazione è quasi completa. All’interno dell’edificio la giunta promette che troveranno posto i reperti tirati fuori dagli archivi del museo piemontese e un museo della città, che servirà a raccontare la storia del capoluogo etneo. Tra le stanze rimesse a nuovo ci sarà anche spazio per la sede della fondazione Verga, promette l’assessore Orazio Licandro, e l’archivio comunale. «Stiamo parlando di circa 800 metri quadrati – spiega – Sto andando a memoria. Ormai il restauro è finito: stiamo procedendo. Sul piano scientifico abbiamo individuato cosa si esporrà: circa tremila pezzi, sono tantissimi». Dovrebbero provenire dagli scavi di Tebtynis, una città a qualche centinaio di chilometri dal Cairo. «Una città egizia ma di segno ellenistico – precisa Licandro – Perché? Perché abbiamo valutato che sarebbe stato poco significativo riprodurre in sedicesimi il museo che già c’è a Torino».
A chi chiede delle mummie, Licandro risponde che ci saranno: «Certo che ci saranno. Non so ancora quante e quali, ma ci saranno». «Noi stiamo facendo un unicum – continua – Quella città egizia ha le nostre stesse radici culturali. È filologicamente corretto». I reperti devono essere portati fuori dai magazzini e restaurati. Prima che arrivino serve però che partano i lavori di allestimento. «Ci siamo – garantisce l’assessore – Ci siamo. Se ne parla nel 2017. Il via libera del ministro c’è, ma come si fa a dare una data?». Gennaio 2017 potrebbe essere troppo presto. Quanti mesi ancora ci vorranno, si vedrà. Stesso discorso per il museo della città: «Il progetto è molto bello, è coinvolto il professore Ortoleva, così ci capiamo». Peppino Ortoleva, lo storico che si è occupato anche del museo del Cinema di Torino.
Una passione per il Piemonte che pare non fermarsi. «Non è una passione. Torino ha istituzioni culturali tra le più importanti d’Europa: non c’è un feeling a prescindere. È nato dopo». Quello di via Crociferi dovrebbe diventare «un grande polo culturale. Portando là sia l’archivio storico sia la fondazione Verga facciamo anche un’importante operazione di riduzione dei fitti». I dettagli, però, sono ancora in fase di definizione. Non si sa come il museo si chiamerà né, di preciso, come i reperti verranno trasportati. «Il patrimonio del museo egizio è dello Stato, per questo c’è il ministro che dice sì o no – continua Licandro – Sarà la soprintendenza a supervisionare tutto, e sarà il ministero a mandare avanti questa operazione».
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