Monterosso in FI, se la rivolta parte da Catania Sulle liste siciliane plana il nome di Giorgio Mulè

Patrizia Monterosso volto di Forza Italia alle Politiche? Sarebbe la scelta di un partito che «sta svendendo la sua dignità». Non è sereno il clima all’interno della nave forzista a meno di cinque giorni dal termine di presentazione delle liste. La base è in fermento davanti alle ipotesi di transfughi dell’ultim’ora e «riciclati» che potrebbero trovare spazio in prima linea nel partito di Berlusconi. L’ultima indiscrezione, che vorrebbe la nuova dirigente della Fondazione Federico II – già segretaria generale a palazzo d’Orleans con Rosario Crocetta e Raffaele Lombardo – arruolata direttamente dal commissario regionale di FI Gianfranco Miccichè, per qualcuno potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso. Sono gli attivisti azzurri dei territori i primi a protestare, e a saldarsi attorno all’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone. Il cellulare della burocrate palermitana, intanto, squilla a vuoto.

L’epicentro del malcontento diventa in queste ore Catania, dove già la tensione era deflagrata su altri nomi come l’ex assessore della giunta di Enzo Bianco, Valentina Scialfa, e – idea ancora salda – il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Salvo Torrisi. La prima, per quattro anni assessore civico per il centrosinistra, accreditata in Fi anche grazie a voci sull’autorevole intercessione del presidente del Coni Giovanni Malagò; il secondo, rientrato fra gli azzurri durante la campagna delle Regionali dopo quasi cinque anni a sostegno dei governi Letta, Renzi e Gentiloni in quota Angelino Alfano, eppure volto che potrebbe contare su prestigiose sponde romane. Profili non esattamente aderenti all’identikit del candidato ideale tracciato a più riprese da Berlusconi in persona: figure nuove, radicate sul territorio ed, eventualmente, con un massimo di tre legislature alle spalle e nessun recente trascorso al di fuori del centrodestra. 

Punta su questo il contingente di amministratori locali e militanti della provincia, per ottenere il riconoscimento che merita nella composizione delle liste. Li ha riuniti intorno a sé, appunto, Falconeil secondo deputato regionale forzista più votato a novembre. E il loro ragionamento si snoda attorno a due parole d’ordine: dignità, come detto, e coerenza. La puntata precedente erano stati i documenti lanciati da Caltagirone e dai Comuni etnei, dove i gruppi dirigenti locali chiedevano di «poter esprimere dei propri candidati tanto alla Camera quanto al Senato attraverso logiche e approcci meritocratici territoriali», sbarrando la strada a «soggetti che sono stati elettoralmente assenti nell’ultima campagna elettorale regionale o addirittura presenti sotto altro simbolo o partito». 

Linea adesso rimessa nelle mani dell’assessore, già per nulla entusiasta davanti all’ipotizzata discesa in campo di Monterosso, da lui stesso definita «sacerdotessa dei governi Crocetta e Lombardo». A comprimere ulteriormente gli spazi c’è anche la possibilità che venga paracadutato in Sicilia il direttore di Panorama fresco di dimissioni: il nisseno Giorgio Mulè. Al momento, comunque, la base sembra davvero tagliata fuori mentre, sullo sfondo della carenza di quote rosa, le uniche certezze continuano a riguardare il capoluogo etneo: su Catania sarebbero sicuri di un buon posizionamento in lista l’europarlamentare Salvo Pogliese e il deputato di Acireale Basilio Catanoso. Entrambi, davanti ai mal di pancia nel partito, mantengono a oggi una linea low profile. Il secondo avrebbe già ottenuto la deroga al tetto massimo di legislature, necessario per consentirgli di arrivare al quinto mandato parlamentare di fila. Pogliese avrebbe invece ormai rinunciato a candidarsi a sindaco di Catania, optando per la scalata a Roma. Peserebbe anche il suo rinvio a giudizio per le presunte spese pazze risalenti a quando ricopriva l’incarico di deputato regionale del Pdl.

Francesco Vasta

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