Nessuna convocazione e futuro ancora incerto per gli undici lavoratori di due imprese di produzione e ingrosso di gas compressi e liquefatti dell’area di Carini, l’ex Centralgas e la Vigorgas serbatoi, liquidate e poi assorbite dalla Agrigas, successivamente sequestrata e seguita dall’amministratore giudiziario Carlo Catalano. I dipendenti hanno formato una cooperativa per poter gestire la società, ma l’Agenzia dei beni confiscati continua a negarsi. «Da agosto bussano alla porta della sede di Palermo, mandando richieste con la posta certificata alla direzione nazionale dell’Agenzia e al presidente del Tribunale. Hanno inviato anche sollecitazioni alla Prefettura, ma nessuno li convoca», denuncia la Filctem Cgil Palermo, che adesso lancia l’allarme. Dalla sede di via Vann’Antò, infatti, tutto tace.
A luglio 2017 il contratto d’affitto di Agrigas è scaduto. I giudici a ottobre hanno stabilito che la gestione dell’azienda non era più remunerativa e beni e dipendenti dal primo novembre sono tornati alle aziende madri. Quindi, la Vigorgas, poi fallita e l’ex Centralgas attualmente in liquidazione. Quattro lavoratori si sono ritrovati così disoccupati e i sette di Centralgas da novembre stanno in azienda, nella disponibilità del liquidatore, ma non percepiscono lo stipendio. L’Agenzia per i beni confiscati nel frattempo ha presentato un piano industriale per mettere all’asta l’azienda. Da qui la decisione dei dipendenti di avanzare la loro proposta per garantire la continuità dell’attività produttiva. Ma ad oggi la loro iniziativa sembrerebbe che non sia neppure stata presa in considerazione.
«Davanti a un muro di gomma, come sta accadendo in questo specifico caso, chiediamo che la Prefettura diventi luogo di confronto, come prevede la legge. La costituzione di una cooperativa di lavoratori è un fatto raro e per questo importante. Merita la dovuta attenzione», è il commento di Enzo Campo e Mario Ridulfo, responsabile del settore confische per la Cgil Palermo. «Su Palermo – continuano entrambi – stiamo riscontrando l’impossibilità di attivare un confronto con l’Agenzia nazionale dei beni confiscati. Non viene garantita all’organizzazione sindacale la possibilità di un luogo dove discutere con l’azienda e i lavoratori. Ormai da diverso tempo l’Agenzia non comunica e non sente l’esigenza di confrontarsi con i sindacati. Cominciamo a pensare che esista un problema di direzione dell’Agenzia». Ad allarmare la Cgil Palermo è soprattutto il fatto che quello che secondo loro si potrebbe definire un problema di comunicazione si stia verificando da tempo in una delle aree del Paese con la concentrazione più alta di aziende confiscate.
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