«Siamo tutti parte della stessa famiglia». Si apre con le parole dell’imam di Catania, Abu Touq Mufid, l’incontro – svolto all’interno della sede etnea del sindacato Uil – che presenta un progetto interculturale dalla onlus Oxfam Italia. Cinque sportelli, attivi sin da subito in altrettanti Comuni del Catanese, che avranno il compito di favorire l’integrazione dei migranti che intendono rimanere nel Paese, attraverso il supporto nella ricerca di lavoro e la mediazione culturale. Riguardo alle politiche di accoglienza «serve un modello diverso dal Cara di Mineo, che garantisca diritti e opportunità», sostiene Elisa Bacciotti, la presidente dell’organizzazione. E a sostenere questa tesi c’è la storia di Mohamed, arrivato in Sicilia dalla Tunisia nel 1999: «Per lavorare ho dovuto comprare il dizionario», ricorda.
Aiuto per trovare lavoro e assistenza legale, sanitaria, scolastica, sociale. Sono i servizi che il progetto ideato da Oxfam, e sostenuto dalla Uil, «vuole offrire alle oltre 200mila persone che, negli ultimi 12 mesi, hanno ottenuto la cittadinanza italiana», spiega Bacciotti. La presidente della onlus sottolinea che «per la prima volta questo numero ha superato quello dei migranti sbarcati nello stesso periodo di tempo». Il ruolo del sindacato – oltre a ospitare gli sportelli dell’associazione, nelle sedi di Catania, Adrano, Paternò, Mascali, Fiumefreddo – sarà «aiutare a creare una rete di imprese che agevoli l’ingresso dei migranti nel mondo del lavoro». Mentre i mediatori culturali si occuperanno dell’integrazione sociale e linguistica.
«Ho comprato un dizionario per imparare l’italiano, e non è stato facile», spiega Mohamed. È arrivato in Sicilia, dalla Tunisia, nel 1999 «e ho subito capito che per lavorare bisogna conoscere almeno le parole fondamentali». Adesso ha 40 anni, vive ad Adrano e lavora come raccoglitore di frutta «per otto ore al giorno, fino alle 17, ogni giorno». Perdere anche una giornata di stipendio «per sbrigare pratiche burocratiche mi pesa». Deve mantenere la sua famiglia, che dal 2010 lo ha raggiunto. «Quando torno a casa e vedo mia moglie, mio figlio e mia figlia, tutte le fatiche svaniscono». Il primogenito ha quattro anni e mezzo e va all’asilo. «Parla l’italiano e l’arabo, e gioca con gli altri bambini. Per loro non esistono differenze». Il presente di Mohamed è in Italia: «Mi sento italiano anche se non lo sono per la legge», dice l’uomo. Che è ancora in attesa di ottenere la cittadinanza. In futuro «mi piacerebbe tornare in Tunisia, ma non adesso. Lì non si sta sereni a causa della guerra nei Paesi vicini».
Numerosi sono i migranti che arrivano sulle coste siciliane proprio da zone dell’Africa in cui sono in corso scontri armati. L’Italia garantisce a tutti loro la possibilità di richiedere asilo politico. Ma in attesa dei tempi della burocrazia i richiedenti sono ospitati in centri di accoglienza temporanea come il Cara di Mineo. «Non è la struttura più adatta per favorire l’integrazione e tutelare i diritti dei migranti», spiega Bacciotti. Oxfam è attiva in numerosi altri paesi, toccati dall’emergenza immigrazione. «Esistono esempi migliori di strutture di accoglienza – continua la presidente – Le persone andrebbero fatte risiedere in piccoli appartamenti suddivisi nel territorio e non in un grande agglomerato, come accade a Mineo». All’indomani degli attentati a Parigi, il lavoro dei volontari ha avuto uno scossone. «Sapere che gli attentatori erano cresciuti nello stesso paese ci ha lasciato sgomenti – conclude Bacciotti – Per questa ragione siamo ancora più motivati a fare bene il lavoro di integrazione proposto».
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