Messina, esami e test pilotati all’università Tra i quattro arrestati anche un docente

Una vera e propria organizzazione criminale che, attraverso un sistema di favori ed intercessioni, avrebbe influenzato le prove di ammissione alle facoltà a numero chiuso e il superamento degli esami universitari dell’ateneo di Messina. Oltre a condizionare pesantemente alcune commissioni esaminatrici per le abilitazioni professionali, ricorrendo anche a intimidazioni e minacce all’ombra della ‘ndrangheta. E’ quanto emerso dalle indagini condotte dalla direzione distrettuale antimafia locale nell’ambito dell’operazione Campus che hanno portato all’arresto di quattro persone tra il Messinese e Desenzano sul Garda, in provincia di Brescia. Le ordinanze sono state eseguite stamattina dagli uomini della direzione investigativa antimafia di Catania in collaborazione con l’omonimo ufficio di Milano e dal Centro operativo della Dia messinese.

A finire in manette per gli esami facili all’università di Messina sono stati Domenico Antonio Montagnese, classe 1963, pregiudicato calabrese ritenuto legato a esponenti della ‘ndrangheta locale, già indagato nell’ambito delle indagini per l’omicidio del professore e medico Matteo BottariMarcello Caratozzolo (1966), docente di Statistica e Matematica presso il dipartimento di Scienze economiche, aziendali, ambientali e metodologie quantitative dell’ateneo messinese; e Santo Galati Rando, detto Dino, del ’56, già consigliere della Provincia di Messina. I reati ipotizzati a loro carico sono associazione per delinquere – aggravata dal metodo mafioso per Montagnese – finalizzata alla corruzione, al traffico illecito di influenze, al millantato credito, al voto di scambio e ad altri delitti con la pubblica amministrazione. Un quarto uomo, Salvatore D’Arrigo, classe 1954, è accusato insieme a Montagnese di tentata estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso. Di altri due indagati, sottoposti a misula cautelare di obbligo di presentazione alla polizia, si conoscono solo le iniziali: R.M., 36 anni, e R.P., 35 anni.

L’operazione Campus comincia con le indagini avviate per accertare sospetti condizionamenti su esami e titoli di laurea tra i corridoi all’università di Messina. Le investigazioni, partite nel luglio 2012 in occasione dei test di ammissione alle facoltà a numero chiuso dell’ateneo peloritano, hanno permesso di individuare un’organizzazione criminale promossa e capeggiata da Montagnese, che avrebbe utilizzato la sua vicinanza alla ‘ndrangheta per minacciare i docenti. Secondo gli inquirenti, inoltre, Montagnese e Caratozzolo, dietro compenso economico, offrivano il loro interessamento per il superamento di esami e abilitazioni a studenti poco preparati. I loro servizi, secondo i magistrati, andavano dalle semplici raccomandazioni a gravi interferenze «tali da alterare i risultati dei test di accesso alle facoltà e condizionare pesantemente alcune commissioni esaminatrici per le abilitazioni professionali», come quelle per la professione di commercialista. Per garantire il servizio offerto, il gruppo avrebbe intessuto un fitto sistema di relazioni e rapporti d’affari con molti docenti,e con il personale amministrativo.

Gli inquirenti – con intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, appostamenti e filmati – sono riusciti a documentare incontri e pagamenti tra le parti, facendo emergere le attività illecite del gruppo criminale, la pianificazione dei reati e l’organizzazione interna. Indagini da cui è emerso anche il modus operandi della banda capeggiata da Montagnese. Che per convincere i docenti ricorreva – oltre ad ostentare le sue origini calabresi – a tecniche di avvicinamento e alla corruzione, anche attraverso i regali, fino ad arrivare a minacce o a vere e proprie intimidazioni. «Se tu ti vuoi prendere gli esami senza fare un cazzo e senza problemi, allora bisogna andare praticamente a minacciare, non c’è niente da fare è così – si sente dire l’indagato in un’intercettazione – E’ questo il sistema, quello si caca di sotto, è tutto là il discorso, bisogna andare a minacciare, bisogna andare a minacciare e saperlo fare, perché se no sei fottuto…». L’avvicinamento, invece, poteva avvenire tramite docenti amici e già inseriti nel sistema: «E poi c’è il metodo Caratozzolo – continua Montagnese nella registrazione – Caratozzolo và dice: “Questo è un amico, vediamo che possiamo fare, parapì, parapù”».

Ma la banda non si sarebbe limitata solo a esami e abilitazioni facilitati. A completare il quadro di illeciti, secondo i magistrati, c’è anche il reciproco scambio di favori tra i membri dell’organizzazione criminale, culminato nel voto di scambio. L’organizzazione criminale, infatti, avrebbe offerto un sostegno politico a Dino Galati Rando in occasione della sua candidatura alle elezioni regionali dello scorso ottobre, barattando preferenze elettorali con promozioni scolastiche garantite attraverso le scuole private già riconducibili allo stesso Galati Rando e adesso alla sua famiglia.

A mettere in crisi questo presunto sistema ben oliato, sarebbe stata anche la situazione reddituale di Montagnese. Nel corso delle indagini, infatti, è stata riscontrata l’esatta corrispondenza delle somme pagate a titolo di prezzo per i favori richiesti con le somme rinvenute nella sua disponibilità. Cifre delle quali spesso veniva consegnato un acconto con successivo saldo a prestazione ottenuta. Dopo l’arresto, Montagnese e D’Arrigo sono sono stati rinchiusi rispettivamente nelle case circondariali di Messina Gazzi e Brescia, mentre gli altri indagati sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.

[Foto di Università degli Studi di Messina su Facebook]

Redazione

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