Messina, banda catanese rapinava i pensionati Presi di mira alle poste e seguiti fino a casa

Anziani indifesi, seguiti fin sotto casa e depredati della pensione appena intascata. Una serie incredibile di rapine, avvenute in zone diverse di Messina, che oggi è culminata nell’arresto di tre catanesi, Alfio Lo Faro, 52 anni, Maurizio Gravino, 45, e Michele Sergio Liotta, 56, tutti già noti alle forze dell’ordine. A procedere nei loro confronti, gli agenti della squadra mobile di Messina, supportati dai colleghi etnei, a seguito del provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal giudice per le indagini preliminari Maria Militello, su richiesta del sostituto procuratore Alessia Giorgianni. I reati ipotizzati a vario titolo, rapina, lesioni e furto con strappo.

Numerose le vittime, scelte sempre con cura. Anziani presi di mira già all’interno degli uffici postali o delle banche dove ritiravano la pensione, seguiti fin sotto casa e rapinati dell’intera somma prelevata. E a poco serviva nascondere il denaro nel borsello, nella tasca del cappotto o dei pantaloni, talvolta tra la biancheria intima. Colti alla sprovvista nell’androne di casa, o sotto lo studio del medico dove avevano appuntamento, non avevano scampo. Se il contante si trovava nella borsa, questa veniva tirata via, magari strattonando e spingendo a terra il malcapitato o la malcapitata di turno. Se era invece nascosto negli indumenti, la vittima si vedeva immobilizzare e tappare la bocca. In alcuni casi le venivano strappati via gli indumenti.

Sono diversi gli episodi dei quali gli indagati sono ritenuti responsabili dalla Procura, a partire da una rapina avvenuta il 5 maggio 2014, a seguito della quale Lo Faro e Gravino furono arrestati in flagranza insieme a un terzo complice. Da qui in poi, gli investigatori pare abbiano riscostruito le modalità con le quali venivano messi a segno i singoli colpi, condotti a Contesse come a Giostra, senza alcuna distinzione. La zona variava di volta in volta per evitare di rendersi riconoscibili. Determinante era chi si mimetizzava tra gli utenti in coda, all’interno degli uffici. Selezionata la vittima e avendo appreso dove aveva nascosto il denaro, bastava seguirla e aspettare il momento più propizio. Si interveniva sia da soli che in gruppo. Un complice garantiva la fuga.

Nel corso delle indagini, sono state visionate centinaia di immagini registrate all’interno di banche e uffici postali. Traffico telefonico e testimonianze sembra abbiano permesso di chiudere il cerchio.

Fabio Bonasera

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