Medicina in rumeno a Enna, viaggio nella Uni-Mirello Diecimila euro all’anno tra slide e cliniche d’eccellenza

«Quest’università è un atto di ribellione contro il numero chiuso, che viola il diritto degli studenti e la loro libertà di scelta». Così Rosario Crocetta, lo scorso 27 febbraio, interveniva all’inaugurazione del secondo anno accademico dell’università rumena Dunărea de Jos con sede a Enna. Il governatore dimenticava però che anche l’accesso alla facoltà di Medicina e Chirurgia di Enna, così come a quella di Professioni Sanitarie, è a numero chiuso. 

No. Non è un errore. È un principio ben noto in omeopatia e che si fa risalire a Ippocrate, per rimanere in campo medico: il principio della similitudine, curare il simile col simile. Il numero chiuso col numero chiuso. Crocetta si riferiva certamente ai corsi ad accesso programmato a livello nazionale, gestiti interamente dal ministero dell’Istruzione e non ai corsi a numero chiuso, gestiti dai singoli atenei che possono scegliere in autonomia: domande, date dei test, posti a disposizione. Il corso avviato dalla Dunărea de Jos è tra quest’ultimi. O meglio, a numero chiuso con gestione a livello local-europeo.

I posti a disposizione sono 60 per Medicina e Chirurgia (con 9.400 euro di tasse all’anno) e 40 per Professioni Sanitarie (4.800 euro). «L’iscrizione alla facoltà di Medicina è subordinata all’ottenimento dell’attestato del corso di lingua rumena e al superamento del test d’accesso», si legge sul sito dell’ente, sebbene fino a ora la concorrenza sia stata inesistente. Dalla segreteria chiariscono che le domande vertono solo su anatomia. Le 360 ore di corso intensivo di lingua – che nella stessa università in Romania sono 900 – preparano anche al superamento del test con studio del linguaggio specialistico e simulazione delle domande. Ci sono 500 domande che si devono imparare per il test.

Lo scorso anno, in piena bufera mediatica e giudiziaria, si presentarono solo in 42 senza alcun problema di sorta. In seguito alla contestata legittimazione dei corsi da parte del Tribunale di Caltanissetta, e con la dimostrazione che il progetto sta andando avanti, i candidati per il 2017-2018 potrebbero lievitare, col concreto rischio di versare 2.220 euro di corso di lingua, cui si sommano i 300 per sostenere il test d’accesso, e non rientrare tra i prescelti. 

«Tu l’hai fatto mai il test d’accesso in italiano? – sottolineano negli uffici -. Qui è un test di medicina, mentre il test di accesso italiano ha storia, grammatica, geografia, logica. Inoltre esiste la possibilità di un’estensione del 20 per cento degli iscritti». E se passi, «qui si studia con le dispense. Non avrai mai il libro di mille pagine. I professori fanno un riassunto in slide». La questione della pratica inoltre è stata risolta. Ai viaggi formativi in Romania di 15 giorni con pratica sui cadaveri, si aggiungono le esperienze in «cliniche private di eccellenza», quali la Morgagni di Catania, la Santa Barbara di Gela e lo studio Fisioproject di Enna. «Anche meglio rispetto alla pratica nel pubblico. Niente da invidiare», secondo chi lavora all’università.

Sempre il 27 febbraio scorso Crocetta proseguiva: «Se lo Stato non ha i fondi per assicurare con le proprie risorse l’università e l’ampliamento del numero degli studenti nelle università pubbliche, su che principio giuridico tale Stato impedisce l’apertura di università private?». Suona quasi rivoluzionario, ma la Dunărea de Jos è un’università pubblica. «Se t’iscrivi alla nostra università – spiegano dalla segreteria – tu diventi uno studente rumeno con numero di matricola rumeno, semplicemente studi qua. Questi 50 posti sono dell’università rumena». Un’università pubblica rumena, dunque, con estensione in Italia, la cui «organizzazione logistica dei corsi è curata dal Fondo Proserpina s.r.l.. Società privata, con amministratore unico Crisafulli Mirello, al punto che l’ateneo è conosciuto sul territorio locale come Uni-Mirello e in territorio nazionale non si sa come interpretare giuridicamente la presenza di tale ente.

«Abbiamo rotto il giocattolo a quattro baroni, la verità è questa per dirla in parole spicciole – è la convinzione tra i corridoi di Uni-Mirello -. In Romania ci studiano quattromila italiani, ora possono tornare in Italia. Qui ad esempio studia al secondo anno uno studente tornato dalla Spagna». E se gli 80.843 candidati per i test dei corsi ad accesso programmato nazionale del 2016 si presentassero a Enna? Sarebbe un bel guadagno per la Dunărea-Proserpina (in fondo è proprio Mirello Crisafulli a esporre la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa che equipara, nel cosiddetto «diritto di stabilimento», le imprese alle università). 

Ma come si garantirebbe il diritto allo studio di coloro che non possono permettersi una tale somma di denaro? E per coloro eventualmente esclusi anche dalla Dunărea de Jos? Per i primi non si ha risposta. Mentre per i secondi è semplice: il corso di lingua rumeno sarebbe propedeutico per entrare in qualunque altra Università della Romania, perché riconosciuto dal ministero dell’Istruzione rumeno. Con buona pace della fuga dei cervelli all’estero. O potrebbero nascere altri fondi Proserpina su tutto il territorio nazionale. Non solo, lo stesso corso è tra i requisiti per accedere anche al corso di abilitazione all’insegnamento. Che in Romania ha un iter decisamente più facile di quello intrapreso da migliaia di giovani italiani. Ma questa è un’altra storia, e un altro business. 

Giuliana Scillia

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