La procura di Agrigento non ha convalidato il sequestro preventivo della nave Mare Jonio dell’associazione Mediterranea saving humans, eseguito venerdì scorso d’iniziativa dalla guardia di finanza. L’imbarcazione il giorno prima aveva soccorso 30 persone a 40 miglia dalla Libia mentre viaggiavano su un gommone in avaria. I pm, però, hanno disposto il sequestro probatorio della nave (lo stesso provvedimento che era stato adottato nel caso del salvataggio dello scorso marzo) per effettuare altri accertamenti e per stabilire se il comandante abbia commesso il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina soccorrendo i migranti nelle acque internazionali.
«È una decisione importante perché la guardia di finanza su input del Viminale intendeva usare il “preventivo” per bloccare la Mare Jonio e “impedirgli definitivamente di reiterare il reato”», dicono dalla ong sottolineando che la scelta dei pm «è orientata dalla necessità di accertare i fatti e, dunque, di verificare attraverso un’indagine se vi sia o meno un reato». A essere iscritti nel registro degli indagati, infatti, sono stati soltanto il comandante e il capo missione «e non l’intero equipaggio come pretendeva il Viminale», fanno notare dalla ong.
«Come sempre noi siamo pronti a fornire ogni elemento utile per accertare la verità, certi di avere sempre rispettato il diritto e i diritti, oltre che la dignità della vita umana, al contrario di chi – conclude Mediterranea – da posizioni istituzionali si rende complice della morte in mare o della cattura e della deportazione di donne, uomini e bambini verso i lager di un Paese in guerra come la Libia». Nel decreto di sequestro la finanza imputava alla ong di non avere contattato le autorità libiche prima del salvataggio. «Una pretesa insensata – avevano replicato da Mediterranea – visto che stiamo parlando di un Paese in guerra dove cadono bombe e dove non ci sono interlocutori istituzionali». Nelle prossime ore, la procura sentirà il comandante. La cui iscrizione nel registro degli indagati è da intendersi come atto dovuto dopo avere ricevuto la segnalazione della finanza.
Lo scorso marzo, l’imbarcazione battente bandiera italiana era stata sequestrata dopo avere salvato, a 46 miglia dalla costa libica, 49 persone ed essere approdata a Lampedusa. La procura di Agrigento ne aveva poi disposto il dissequestro dopo una settimana. Il comandante della nave Pietro Marrone e il capo missione Luca Casarini sono indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per mancato rispetto dell’ordine di arrestare l’imbarcazione imposto dalla guardia di finanza.
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