Mangia e bevi, paga la Regione!

Chi l’ha detto che nella politica siciliana non c’è drammaturgia? Chi, errando, pensa questo è pregato, oggi, di recarsi – mattina e pomeriggio, come si usava fare nella Grecia di Pericle per godersi le rappresentazioni teatrali – nei saloni di villa Malfitano, a Palermo, per assistere alla commedia sulle società per azioni partecipate dalla Regione siciliana. Si tratta di uno spettacolo teatrale che è stato preparato con cura dal governo dell’Isola. La regia è stata affidata a Gaetano Armao, assessore all’Economia (economia che, ovviamente, è solo virtuale, perché di tutto si deve parlare in Sicilia, tranne che di economia: non a caso esistono le società regionali…), già numero uno del Teatro Massimo di Palermo.

La presenza d Armao alla regia, vista la sua esperienza nella lirica, avrebbe fatto pensare a un’opera sul modello del ‘Barbiere di Siviglia’, famosa per essere un complicato gioco degl’inganni. Nonostante il tema si presti benissimo agli inganni, la scelta del governo regionale è caduta, però, sul teatro di prosa, anche per valorizzare il ruolo degli attori, più portati, come vedremo, per la recita che per il bel canto.

La trama è nota. Una voce dall’alto, quasi un coro, annuncia l’entrata in scena delle società regionali che, come le streghe del Macbeth, inverano tutti i desideri della politica clientelare siciliana: assumere, senza concorso, ma per chiamata diretta, figli. figlie, sorelle, mogli, mariti, zii, nipoti e persino amanti dei politici, di maggioranza e di opposizione. Il tutto alla faccia della Costituzione italiana, in barba alla legge, sotto gli occhi ‘distratti’ della magistratura penale, con la solare, anzi l’olimpica certezza che la Corte dei Conti chiuderà non uno, ma tutt’e due gli occhi.

Dopo l’apertura, prima dell’entrata in scena degli attori, gli spettatori verranno ‘catturati’ – questa è la parola giusta – da un balletto: si tratta del balletto delle cifre, cioè dei costi delle società regionali che nessuno conosce. Il corpo di ballo è composto dai vertici dell’assessorato regionale all’Economia, dai vertici della commissione Bilancio e Finanze dell’Ars e da un nugolo di consulenti blasonati. Questa scena è suggestiva perché lo spettatore, all’inizio, non capisce perché i ballerini stanno tutti raccolti al centro della scena. Man mano che la musica si snoda sulle ali delle note prese a prestito da Offembach, si comincia a intravedere un tavolino (che, ovviamente, non ha nulla a che vedere con i ‘tavolini’ utilizzati dai mafiosi per spartirsi gli appalti con i politici e gli imprenditori: evitamo, per carità, certi parallellismi…) dove un signore con vestiti di taglio inglesi, scarpe inglesi e cravatte fru fru si esibisce nel classico gioco delle tre carte: qui le passività, qui le attività, signori: puntate e tentate la sorte…

Ovviamemte, nessuno dei giocatori riesce a indovinare dove si trovano le passività: da qui il legame, quasi neorealistico, con la realtà: perché, in effetti, a oltre un anno dall’approvazione di una legge che obbliga il governo regionale a rendere noti i ‘numeri’ delle società regionali – attività (ma quali?) e, soprattutto, passività – non è successo nulla. Questi numeri restano avvolti nel mistero. Una sorta di buco nero che affascina, ammalia e ipnotizza la solita e già citata Corte dei Conti e persino l’ufficio del commissario dello Stato per la Regione siciliana…

La parte più bella e, se vogliamo, più poetica di quest’opera è rappresentata dal soliloquio di un avvocato che, rievocando il celebre protagonista della ‘Caduta’ di Camus, decide di confessare a voce alta come ha fatto a svuotare le ‘casse’ dell’amministazione pubblica a colpi di incarichi e consulenze. La scena è ‘struggente’, perché l’avvocato racconta proprio tutto: gli incarichi presi ‘a chilo’ dai vari assessori ‘amici’, gli atti di citazione e le comparse scritte con la carta carbone, i veloci e positivi passaggi dalle melliflue e accomodanti magistrature amministrative e, finalmente!, le parcelle milionarie, con il denaro che abbandona le ‘casse’ pubbliche per finire nelle tasche degli avvocati. Che delizia!

Fine? No. C’è anche una sorpresa, quasi un tocco di alta spiritualità dadaista, che chiude la rappresentazione. Si tratta di una coda finale introdotta dal governo regionale sulla base della propria esperienza. Quando, qualche anno fa, gli allora nuovi governanti si insediarono sulla plancia di comando dei fondi europei, ebbero a lamentarsi della soap opera 2000-2006, conosciuta anche col nome, anzi con il soprannome di Agenda 2000. Le risorse, dicevano, erano state impiegate male. Noi, aggiunsero gli Strehler dei fondi europei made in Sicily, faremo meglio.

Grazie al governo Lombardo, alla burocrazia e alla sapiente regia di Armao i fondi europei sono rimasti nel cassetto. Ma non, come si crede sbagliando, per incapacità del registra, del governo regionale e dell’alta burorazia, ma per una scelta solidale, adottata scientemente da tutti i protagonisti di questa commedia. Governo, alta burocrazia e regista, prendendo esempio da San Francesco d’Assisi, il Santo ‘poverello’, hanno ritenuto opportuno restituire a Bruxelles tutti i fondi europei per aiutare i Paesi dell’Unione Europea che stanno peggio di noi. Poveri ma chic…

Del resto, che bisogno ha la Sicilia – e questo è il vero messaggio che il regista Armao e il presidente Raffaele Lombardo vogliono lanciare con questa grande rappresentazione teatrale – di questi fondi europei? Che bisogno ha delle infrastrutture? Per dare i posti di lavoro ci sono, appunto, le società regionali dove, grazie a Dio, si entra per raccomandazione, non si viene assillati da parole orribili come “produttività del lavoro”, “fatturati”, “costi e ricavi”, “utili” e altre amenità varie.

“Godetevi la vita come stiamo facendo noi che, negli ultimi due anni, abbiamo assunto, nelle società regionali, altri 2 mila amici e, come si direbbe nella Napoli di De Filippo, di Scarpetta e, magari, pure di Masimo Troisi, meglio pensare alla salute… Perché quando c’è la salute c’è tutto (Massimo Russo permettendo)”.

 

Giulio Ambrosetti

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