«Nonostante tutto, io resto qui». Quel “tutto” nonostante il quale Nino Scarpicino resta sono la sua casa di campagna incendiata, i suoi due cani ammazzati a fucilate e i suoi alberi di ulivo tagliati. Episodi che, nelle campagne tra Paternò e Santa Maria di Licodia (nel Catanese), sono iniziati sabato sera e non sono ancora finiti. «Ieri ho trovato le saje spaccate e il terreno allagato», racconta a MeridioNews Scarpicino, che tre anni fa ha scelto di diventare un agricoltore a tempo pieno e di dedicarsi ai terreni ereditati dal padre per trasformarli in undici ettari di uliveti. E di farlo in un’area in cui «continua la violenza della mafia dei pascoli», come non ha timore di ribadire al nostro giornale Emanuele Feltri. Agricoltore della stessa zona che si è visto costretto a «tornare a fare il cittadino», dopo devastanti incendi e anni di resistenza di fronte ai numerosi atti intimidatori subiti.
Una storia che si ripete. «Hanno agito con una ferocia inaudita – ricostruisce Scarpicino, che ha già denunciato tutto ai carabinieri – E a me sembra a tutti gli effetti un atto mafioso. Finora non ho mai ricevuto minacce e nemmeno richieste, ho solo avuto diverbi con qualche vicino». Ad avvisarlo delle fiamme che stavano avvolgendo la sua casa, sabato sera, è stato un messaggio di un altro agricoltore della zona. «Invece – lamenta – tutti gli altri si girano dall’altro lato, in questi giorni nemmeno mi salutano e dicono di non avere visto né sentito nulla». Difficile da credere, visti i 15 bossoli che sono stati trovati dagli inquirenti. «La cosa più dolorosa – sottolinea l’agricoltore – è che hanno ucciso a colpi di fucile anche il cane, che era chiuso in un recinto di quaranta metri quadrati, e che è l’animale con cui facciamo le attività di pet therapy per mio figlio, che è affetto da una forma di autismo». Altre fucilate sono state dirette anche a una piscina fuori terra che è stata forata da lato a lato. Le fototrappole sono state distrutte dal rogo. Il giorno dopo la denuncia di quanto accaduto, Scarpicino ha trovato «uno dei terreni tutto allagato, perché il canale dell’acqua era stato ostruito». Per altro in un modo insolito: «C’era una cassetta piena di carciofi e peperoncini». Due ortaggi, di cui uno fuori stagione e difficile da reperire, che l’agricoltore teme possano «celare un messaggio intimidatorio».
Sugli episodi stanno indagando i carabinieri, che hanno già raccolto alcune dichiarazioni e testimonianze, oltre ad aver effettuato qualche sopralluogo dopo i rilievi da parte dei vigili del fuoco intervenuti per domare l’incendio. «Non ho nessuna intenzione di fermarmi con la mia attività – ci tiene a fare sapere Scarpicino – e vado avanti già da oggi, per quanto possibile». Un proposito di resistenza in cui non dovrebbe essere lasciato solo «nessun piccolo agricoltore già messo in ginocchio dalla siccità e dalla lontananza della politica e delle istituzioni, e che – contestualizza Emanuele Feltri – si ritrova anche a dovere fare i conti con il terrore che semina la mafia dei pascoli». La conosce bene lui, che nei suoi terreni l’ha osteggiata per anni e ne ha parlato anche in Commissione antimafia all’Assemblea regionale siciliana. «Non si è mai riusciti a individuare i responsabili di questi atti – ricostruisce Feltri, che fa parte della segreteria provinciale di Sinistra italiana – ma io credo siano gli stessi che scatenano gli incendi estivi». Roghi che hanno distrutto riserve naturali, boschi, macchia mediterranea, terreni coltivati e che stanno accelerando il processo di desertificazione dell’Isola.
«La pastorizia abusiva cerca di appropriarsi in modo violento dei terreni degli agricoltori. Dietro – analizza Feltri – io credo ci siano tanto i piccoli interessi di pascolo quanto i grandi interessi sui terreni da destinare alle multinazionali del fotovoltaico». Un fenomeno complesso, per il quale servirebbero indagini coordinate da parte delle diverse procure siciliane nei territori più colpiti. «Di fronte alle resistenze degli agricoltori, che comunque sono sempre meno – ammette Feltri – non c’è una forza istituzionale che li tuteli in modo adeguato». Una mancanza che fa crescere la sfiducia. «E il rischio sempre più concreto – conclude – è che si rinunci non solo alla vita di un singolo agricoltore o alla categoria dei piccoli agricoltori, ma che scompaiano del tutto i figli della riforma agraria degli anni Cinquanta – che hanno prodotto vero benessere nell’Isola – e intere porzioni di territori».
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