Mafia e business della carne, commissione d’inchiesta «Filiera criminale, dal 2011 scomparsi 500mila animali»

Ancora tre mesi di lavoro tra pascoli, allevamenti, mattatoi e aziende zootecniche della Sicilia. Dopodiché la commissione ispettiva sulle attività veterinarie voluta dal presidente della Regione Rosario Crocetta consegnerà i risultati definitivi. Una prima relazione, però, è già stata recapitata al governatore, alla Procura di Messina e alla Corte dei Conti: pagine in cui si delinea il quadro di illegalità, violenza e corruzione che regna in ampi territori dell’Isola, in particolare nelle province di Messina e Enna. Si mettono in fila dati allarmanti, si fanno nomi e cognomi, per documentare come il business della carne – dal pascolo degli animali alla macellazione, passando per i contributi europei – sia infiltrato dalla criminalità organizzata. «C’è una filiera e niente è lasciato al caso – spiega il dottor Vincenzo Di Marco Lo Presti, presidente della commissione d’inchiesta ed ex direttore dell’Istituto zooprofilattico siciliano – chi non è in regola ha bisogno della complicità di chi dovrebbe controllare, a tutti i livelli, perché non è pensabile che il problema sia confinato al veterinario mandato nei boschi dei Nebrodi che non fa il suo dovere».

Secondo l’ultimo rapporto sui crimini agroalimentari in Italia Eurispes-Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, il business delle agromafie ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015. E in questo contesto l’abigeato, il furto di bestiame, è uno dei settori più fiorenti. I numeri sono impressionanti. La commissione presieduta da Di Marco ha fatto i conti: negli ultimi cinque anni, dal 2011 al 2016, in Sicilia sono scomparsi 500mila ovi-caprini. Solo nella provincia di Messina, nel 2015-2016, risultano smarriti quasi 30mila ovini e seimila bovini. Che fine fanno questi animali? «Vengono rubati, macellati clandestinamente, si perdono o forse non sono mai esistiti ma sono stati utili per prendere i fondi europei?», si chiede il presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. 

«Tutto quello che riguarda gli animali da pascolo deve passare dal servizio veterinario – spiega Di Marco – Dall’apertura di azienda alla macellazione, passando per la verifica anagrafica degli animali, necessaria per la macellazione legale o per ottenere i contributi da Bruxelles, c’è sempre la necessità delle autorizzazioni dei medici veterinari. Senza connivenza di alcuni veterinari, certe attività illegali non si possono fare, ma la responsabilità sta anche più su». A tal proposito «paradigmatico della perfida connivenza che si può intrecciare tra criminalità e apparati della pubblica amministrazione» viene definito, nel rapporto zoomafia 2016 della Lav, il caso di Paolo Giambruno, direttore del Dipartimento di prevenzione veterinario dell’Asp e presidente dell’Ordine dei veterinari di Palermo. Accusato dalla Procura di Palermo di aver favorito soggetti mafiosi che avrebbero voluto commercializzare animali infetti, chiudendo un occhio sui controlli.

In provincia di Messina, negli ultimi due anni, i controlli si sono fatti più stringenti. E a intervenire sono stati soprattutto i poliziotti del commissariato di Sant’Agata di Militello. L’1 febbraio del 2015 hanno sequestrato venti capi di bestiame risultati rubati e denunciato tre allevatori. A giugno dello stesso anno altri 13 vitelli di dubbia provenienza sono stati sequestrati sui Nebrodi e, nella stessa operazione, all’interno dell’azienda, i poliziotti hanno scoperto una vera e propria farmacia veterinaria, con passaporti di bovini, microchip e marchi identificativi, nonché attrezzi rudimentali utilizzabili per la macellazione clandestina. La risposta non si è fatta attendere. Alla fine del mese di novembre 2015, due buste contenenti cinque proiettili calibro 9 sono state intercettate al centro di smistamento postale di Palermo. Una busta era indirizzata ad Antoci, l’altra al dirigente del commissariato di polizia di Sant’Agata Militello, Daniele Manganaro. Una terza busta minatoria era indirizzata alle Guardie zoofile di Pettineo, anche loro impegnate nei controlli sui Nebrodi.

Anche grazie alla stretta sui controlli, i casi di animali malati sono schizzati in alto. «Nel 2015 in Italia – spiega il dottore Di Marco – si sono registrati circa 430 focolai (allevamenti con presenza di animali infetti ndr) di tubercolosi bovina. Di questi 330 erano in Sicilia, 100 nel Comune messinese di Caronia». Dati a cui ne va aggiunto un altro significativo. «Nel 2016 a Messina ci sono state 133 persone affette da brucellosi». «La macellazione organizzata riconducibile a traffici criminali – si legge nel rapporto della Lav – è quella più pericolosa per diversi motivi, anche sotto il profilo dell’ordine e la sicurezza pubblica. Diverse inchieste hanno dimostrato il coinvolgimento dei classici sodalizi criminali nella gestione dell’intera filiera della macellazione, dimostrando totale spregio per la salute delle persone e per la vita degli animali, macellando in alcuni casi anche animali affetti da patologie e immettendo sul mercato carne non idonea assolutamente al consumo».

Tuttavia, secondo il presidente del parco dei Nebrodi , il lavoro sta portando risultati. «Il pugile è all’angolo», sottolinea Antoci, che interpreta anche il messaggio intimidatorio comparso due notti fa nel mattatoio di Troina come un segnale che «i criminali si sentono messi alle corde ovunque. Grazie a quanto stiamo facendo – continua – le persone oneste si sentono più forti psicologicamente, perché vedono che il settore non è più abbandonato nelle mani di pochi prepotenti. La gente capisce che non è più sola e comincia a reagire». 

Salvo Catalano

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