Da questa mattina, oltre 60 finanzieri del comando provinciale della Guardia di finanza di Catania, stanno dando esecuzione, nella provincia etnea, a un’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale, su richiesta della procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, ha disposto misure cautelari personali e reali nei confronti di 10 persone indagate, a vario titolo, per reati di bancarotta fraudolenta, riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dal metodo mafioso e dal fine di agevolare l’associazione mafiosa Pillera-Puntina. Disposto il sequestro di beni per il valore di 1,25 milioni di euro. L’operazione è stata denominata Filo conduttore.
Una prima indagine si era concentrata sulla dichiarazione di fallimento del dicembre 2018 della società Dosian srl di Pedara, azienda per installazione e manutenzione per impianti telefonici con misure reali nei confronti di alcuni degli odierni indagati: Antonio Alfio Messina, Silvestro Silvio Zingale e Antonino Nino Zingale, amministratori di fatto e di diritto della società. Erano accusati di avere distratto il compendio aziendale della fallita a beneficio della Catania impianti srl di Trecastagni, poi a sua volta fallita su richiesta dell’amministratore giudiziario, che avrebbero svuotato dirottando i contratti del settore in altre due realtà imprenditoriali: la Af impianti srl di Mascalucia, socio unico Santo Finocchiaro, figlio di una sorella del boss Turi Pillera, e la ditta individuale Telenet di Misterbianco, che secondo l’accusa sarebbe riconducibile alla medesima compagine gestionale del gruppo Zingale.
Secondo la procura che ha coordinato le indagini con l’aggiunto Ignazio Fonzo e i sostituti Fabio Saponara e Assunta Musella, il giro’di società al centro delle indagini operanti nel settore delle telecomunicazioni in sub-appalto sarebbero risultate riconducibili a persone legate da vincoli di sangue e di solidarietà criminale al clan mafioso PIllera-Puntina e sarebbero state inoltre utilizzate alla stregua di strumenti di riciclaggio per immettervi i beni e i proventi oggetto di distrazione a danno delle società poi fallite. Un collaboratore di giustizia, già esponente di spicco del clan, avrebbe confermato la strettissima correlazione esistente tra le diverse compagini societarie susseguitesi negli affidamenti e il disegno criminoso volto al fraudolento svuotamento del pacchetto dei contratti e dei lavori dalle fallite alle altre imprese riconducibili al sodalizio”.
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