Madrid: un anno dopo

Sono le 7.37. Centinaia di campane suonano nel medesimo istante.
Un anno fa dieci bombe esplodevano su quattro treni carichi di pendolari. Erano studenti, lavoratori, gente comune e, soprattutto, innocente.
Un silenzio carico di ricordi e disperazione invade una città ferma nel suo dolore.
Le 650 chiese di Madrid fanno udire la propria voce e riportano alla mente quella che doveva essere una mattina normale per 2000 persone.
Un giorno qualunque. Bambini assieme ai genitori. Ragazzi che sarebbero dovuti andare a scuola, impiegati, gente che raggiungeva la città solo per piacere. E poi il caos. Dentro quelli che sembravano anonimi zaini si celavano delle bombe pronte a esplodere e seminare morte.
Le urla, le lamiere contorte, il sangue, la disperazione. Questa la scena che si presentava agli occhi dei soccorritori e delle televisioni di tutto il mondo accorse ad assistere alla più grande tragedia della storia moderna spagnola.
Il bilancio finale si mostrava nella sua più grande crudezza. Erano morte 191 persone e i feriti ammontavano a circa due migliaia.
Subito si pensò che l’Eta fosse responsabile. Poi forse i gruppi di integralisti islamici. Non solo sui luoghi della tragedia ma anche nelle menti di tutti la confusione regnava incontrastata.
Le indagini successive portarono all’arresto di membri di un gruppo affiliato ad Al-Quaeda e si abbandonò l’ipotesi dei separatisti baschi.
La Madrid che si sveglia oggi rivolge il suo pensiero alle sue vittime con tante manifestazioni.
La visita di re Juan Carlos e della regina Sofia al “Bosco degli Assenti”, nel parco del Retiro dove sono stati piantati 192 tra ulivi e cipressi (uno in più alla memoria di un poliziotto rimasto ucciso durante le operazioni di arresto dei terroristi).

Il minuto di silenzio nei luoghi degli attentati. Atocha, Santa Eugenia, El pozo, calle Tellez.
Il ricordo privato di tutti gli spagnoli e del resto del mondo.
Cosa ha significato questa terribile tragedia per tutti? Innanzitutto la riscoperta di un senso di vulnerabilità. Dopo l’undici settembre, passato il momento di maggiore crisi, si pensava che la situazione sarebbe tornata alla normalità. E invece l’ombra del terrore ha di nuovo coperto l’umanità lasciandola ancora una volta sbigottita e impotente.
Inoltre il dolore sordo e lancinante nel pensare a tutte quelle persone normali, che come ciascuno di noi, quella mattina si preparavano ad affrontare la propria giornata ignare di vedersi trasformare la vita o, peggio, morire.
Tutte le commemorazioni serviranno a poco se non si riuscirà a portare il mondo verso quella pace da tanti agognata e che in giorni come questi sembra proprio impossibile.
Il sacrificio di queste e di tutte le altre vittime del terrorismo dovrebbe servire al mondo come memoria permanente affinché mai più sangue innocente sia versato in nessuna parte del pianeta.
Speriamo che un giorno sia così.

http://www.elpais.es/comunes/2005/11m/02_vidasrotas/index.html

 

Carmen Valisano

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