Madonie, è rivolta contro ipotesi accorpamento Inguaggiato: «Proposta di legge inaccettabile»

Rivolta dei piccoli comuni della Madonie contro l’accorpamento coatto. Da qualche giorno, gli amministratori dei piccoli centri montani stanno manifestando la propria contrarietà all’articolo 1 della proposta di legge n.3420, presentata l’11 novembre scorso alla Camera dei Deputati, secondo cui un ente locale non può avere meno di 5 mila abitanti.

Un cambiamento davvero radicale che sconvolgerebbe di gran lunga la geografia del territorio madonita. Sono tanti i comuni che non raggiungerebbero la soglia prevista: Lascari, Pollina, Gratteri, Isnello, Collesano, Sciara, Aliminusa, Montemaggiore Belsito, Alia, Sclafani Bagni, Caltavuturo, Scillato, Polizzi Generosa, Castellana Sicula, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Blufi, Bompietro, Alimena, Geraci, San Mauro Castelverde e Scillato. Sei i comuni, invece, che ne uscirebbero indenni: Campofelice di Roccella, Cefalù, Caccamo, Cerda, Castelbuono e Gangi.

Le amministrazioni comunali di Polizzi Generosa, San Mauro Castelverde e Blufi, nei giorni scorsi, hanno simbolicamente issato in segno di protesta – accanto alle bandiere d’Italia, d’Europa e della Sicilia – anche la bandiera bianca. «Bisogna lasciare un’autonomia decisionale a livello locale – ha detto il sindaco di Blufi, Calogero Brucato – Le conseguenze della proposta di legge saranno davvero gravi e in questo modo si peggiorerebbe la situazione. Non possiamo portare avanti la strategia nazionale aree interne e poi accettare questa proposta di legge – aggiunge – sarebbe davvero controproducente».

«Come amministratore – ha commentato il sindaco di Petralia Sottana, Santo Inguaggiato – non posso non condividere i processi di razionalizzazione e di riduzione della spesa. L’obbligo della fusione per legge è una forzatura. Non escludo le fusioni purché avvengano come scelta delle comunità interessate. Ritengo inaccettabile, infine, il taglio delle risorse ai comuni che non si adeguano».

«Anche nella qualità di componente del consiglio regionale dell’Anci Sicilia – ha detto il sindaco di Aliminusa, Filippo Dolce – voglio esprimere l’assoluta contrarietà ai disegni di legge che intendono sopprimere i comuni sotto i 5 mila abitanti in quanto rimasti l’unico baluardo di democrazia nel nostro martoriato paese. Se si vogliono individuare luoghi di sprechi e di corruzione – ha concluso – bisognerebbe chiudere o ridimensionare le regioni che da enti di indirizzo politico-amministrativo sono diventate enti di gestione e di burocratizzazione».

Parere negativo alla proposta di legge anche da parte dell’onorevole, nonché sindaco di Pollina, Magda Culotta: «Un conto è la necessità di razionalizzare costi e servizi, ben altra cosa è la perdita dell’identità culturale dei comuni e la cancellazione – con un colpo solo – di un bagaglio enorme fatto di identità e tradizioni millenarie.  Bisogna seguire la bontà del percorso che, ad esempio, si sta portando avanti nelle 23 aree interne del Paese con sistemi di convenzione o con le unioni dei comuni che mettono insieme funzioni precise e si danno una governance regolata». 

Secondo il presidente Anci Sicilia, Leoluca Orlando, congiuntamente al Segretario Generale Mario Emanuele Alvano, l’idea, più volte riproposta in ambito nazionale e regionale, di incidere sull’assetto di governo del territorio attraverso la cancellazione o l’accorpamento di comuni, siano essi con meno di 5.000 o con meno di 10.000 abitanti, è il frutto di una visione semplicistica di «ingegneria legislativa».

Mario Catalano

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