Lombardo, assolto da concorso esterno a mafia Ma condannato a due anni per voto di scambio

In questa storia Raffaele Lombardo è stato il protagonista e, nell’eventualità di un ricorso, continuerà a esserlo. Lo spartito non è cambiato nemmeno oggi, nel giorno in cui le giudici della corte d’Appello lo hanno assolto per concorso esterno in associazione mafiosa perché «il fatto non sussiste» e lo hanno condannato a due anni per voto di scambio aggravato con sospensione della pena. La procura generale aveva chiesto una condanna a sette anni e otto mesi. Sull’esito positivo della seconda tornata di questa vicenda giudiziaria, che ha la sua genesi nel 2010, non ci sperava nemmeno uno dei suoi legali, l’avvocato Alessandro Benedetti: «Sensazioni? Brutte, bruttissime», sussurrava questa mattina prima dell’arrivo della corte. Lombardo, nonostante il suo proverbiale presenzialismo, questa volta si è affidato alla scaramanzia disertando l’aula. Affollata invece dai fedelissimi. Dal fratello Angelo al nipote Salvatore, passando dal consigliere comunale Ludovico Balsamo all’ex parlamentare regionale Mpa Roberto Di Mauro. Una mossa a sorpresa che ha spiazzato tutti ma che ricorda il processo per voto di scambio in cui era imputato insieme al figlio Toti. Anche in quel caso era andato via prima della sentenza. Una scelta già attuata da Calogero Mannino, in un’altra occasione, vero e proprio padrino politico di Lombardo.

«É un risultato tecnicamente importantissimo perché la sentenza viene da un rito abbreviato condizionato – dichiara l’avvocato Salvo Pace a margine della sentenza  Lombardo é stato giudicato su una serie di elementi che oggi hanno fatto dire alla corte che lui non è un mafioso. Rimane la seconda accusa per cui era stato assolto in primo grado – aggiunge – adesso bisognerà leggere la sentenza». In serata hanno parlato anche il procuratore capo Carmelo Zuccaro e lo stesso Lombardo. Per il primo si è trattato di un esito «buono su fatti gravi», mentre il secondo non ha lasciato spazio a giri di parole: «È la fine di un incubo».

Il processo di secondo grado verrà ricordato per diversi colpi di scena e i
testimoni eccellenti comparsi davanti alla corte. Nomi noti della burocrazia siciliana, come la dirigente Patrizia Monterosso, ma anche protagonisti inaspettati e sconosciuti ai più. Tra loro spicca il nome di Giuseppe Tuzzolino, l’architetto agrigentino che a maggio 2016 ha svelato presunti intrecci tra mafia, politica e massoneria. Un mix sciorinato da dichiarante grazie ai racconti di affari con Cosa nostra, presunti summit per fare votare il Movimento per le autonomie fino agli investimenti nel fotovoltaico che avrebbero coinvolto Lombardo, i servizi segreti e la primula rossa Matteo Messina Denaro. Accuse che non hanno scalfito l’ex governatore e le decine di persone tirate in ballo da Tuzzolino, compreso l’architetto Calogero Baldo che lo ha bollato come «un cocainomane che si alcolizzava e creava soltanto problemi». Non è stato più tenero il politico favarese Giuseppe Arnone: «Tuzzolino è un uomo che ha sfruttato le sue conoscenze per accreditarsi davanti allo Stato e prendere il vitalizio».

Per Lombardo la condanna in primo grado era arrivata a
febbraio 2014. Secondo la giudice Marina Rizza, Lombardo avrebbe fornito il suo contributo alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano pur non essendo un affiliato. La decisione era stata disposta dopo anni di colpi di scena che hanno avuto come giro di boa fondamentale l’estate 2012. Prima l’imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa e poi la trasformazione dell’accusa da voto di scambio semplice a quello aggravato. Alla fine di luglio Lombardo lasciava il testimone a palazzo d’Orleans, l’esperienza politica a braccetto con il Partito democratico, e tre mesi dopo si presentava, insieme ai suoi legali, davanti ai giudici per la prima udienza con il rito abbreviato. Due anni dopo la condanna a sei anni e otto mesi con il politico che commentava l’esito del processo durante una conferenza stampa. «Sono tranquillo perché, a differenza dei miei avvocati e di altri che sono stupiti, io me l’aspettavo. Non credevo infatti che un giudice avesse il coraggio di decidere per l’assoluzione».

Tra il processo di primo grado e quello di secondo si fanno spazio anche nuovi collaboratori di giustizia della mafia catanese come
Fabrizio Nizza; ma anche presunti capimafia che decidono di puntargli il dito contro senza però pentirsi. A quest’ultima categoria appartiene Rosario Di Dio che alla fine del 2015 si ritrova faccia a faccia con i magistrati etnei per rivelare particolari inediti. Come i summit che avrebbe organizzato tra il politico autonomista, il fratello deputato Angelo e il reggente di Cosa nostra Angelo Santapaola. I problemi giudiziari per Lombardo però non si sono limitati al processo scaturito dall’inchiesta Iblis. Nel 2013 finisce sul banco degli imputati insieme al figlio Toti, eletto qualche mese prima come deputato regionale con il Partito dei Siciliani-Mpa. Il processo per voto di scambio semplice si è concluso con l’assoluzione di entrambi nel giorno del compleanno dell’ex governatore.

Dario De Luca

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