L’età del jazz made in Sicily

Si spengono le luci, si accende l’occhio di bue e parte la prima nota. Poi, prende corpo l’anima, quella nera, profonda, sentita. Scoppia il jazz. Sono
milioni nel mondo i patiti di jazz, un ritmo interno e personale, ma sorprendentemente coinvolgente, che arriva da lontano e che sentiamo nostro.

I grandi nomi storici, quelli che viaggiavano sulla penna dei cronisti di ieri, quelli che facevano il tutto esaurito, quelli che contavano davvero erano in gran parte di origine siciliana. Joe Morello, Jimmy Durante, Tony Scott solo per citarne alcuni. Figli di migranti andati in cerca di fortuna nell’oltreoceano, apprendevano una nuova lingua che si chiamava musica, imparata nelle strade e letta nell’aria; capita prima ancora che imparata. Questi strepitosi musicisti riassumevano le due anime (la ritmica di New Orleans e la melodica della Sicilia) di cui erano composti i due mondi ai quali appartenevano.

Nick La Rocca fu il precursore del jazz classico, dando quella spinta in più alla sonorità della sua tradizione familiare (i genitori erano del trapanese) rendendola più “scura” e profonda, quasi estrema, cavalcando l’ondata di innovazione che scosse tutto il mondo agli inizi del XX secolo.

L’amore per il jazz non si è mai sopito nel cuore dei siciliani ed ogni anno in centinaia rispondono ai “richiami musicali” che sempre più numerosi proliferano in Sicilia.

Fra i vari incontri ai quali si può assistere, dislocati un po’ su tutto il territorio regionale, quello che si svolgerà il 4 e 18 maggio al Parco Jalari di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, godrà sicuramente di una cornice molto particolare e ricca di significato, offerta da 35 ettari di sperimentazione. Il parco-museo è molto più di un istrionico esperimento. Esso nasce dall’amore per la propria terra, dall’esaltazione della sua storia, sottolineando l’amalgama culturale unica ed irripetibile che le è propria ed in maniera diametralmente opposta la sua unicità e la particolarità di ogni singola componente.

Se prima del concerto (cadono tutti di sabato) si volesse visitare il parco, ci si renderebbe conto che lo stesso allestimento, le fontane lungo i viali, le botteghe dei mestieri fanno tutti parte integrante di quel cammino che spinge i visitatori lungo un iter di conoscenza, scoperta o riscoperta unico nel suo genere, dell’opera dell’uomo così come della natura; sottolineando lo stretto legame che da sempre è presente. Un rapporto di sinestesia ed il più delle volte di reciproco rispetto. Le strutture del parco infatti sono state create con la pietra locale ed in armonia col territorio, quasi come se fossero già contenute, anzi imprigionate, nella pietra stessa.

Con il preciso intento di rendere alla terra ciò che dalla terra viene ed alla Sicilia ciò che la tradizione siciliana offre, Salvatore Petrini ha ideato un parco che si configura come una sorta di viaggio nella storia e nella cultura, partendo dal caos (tanto caro a Pirandello) per giungere – dopo un cammino al contempo “fisico” e “spirituale” – al sogno di un’isola la quale, appena visitata, nell’intimo della sua anima, ci appare quasi fiabesca.

Una raccolta di oggetti e conoscenze che altro non è che un richiamo al passato, all’essenziale, allo scoprire i mestieri di un tempo svolti da uomini di un tempo. Così è possibile assistere anche ad attività oramai del tutto scomparse, quali la pigiatura artigianale dell’uva accompagnata da canti e balli tipici della vendemmia siciliana (quest’anno fissata il 30 settembre) oppure la festa dell’arancia, che regala allo spettatore l’inebriante esperienza dell’abbandono all’aroma dei fiori d’arancio, riportando il visitatore a quei tempi in cui la Sicilia era il giardino del mondo e la terra dei profumi.

E se il passato così lontano torna a noi grazie all’opera di conservazione e promozione di questo museo fuori dal comune, così noi, grazie a queste serate artistiche che celebrano la sicilianità più pura, ritroviamo la musica che ci appartiene, in un primordiale ritorno alla sensibilità artistica, al “vero io” musicale, ascoltando il ritmo del sangue…. che suona jazz.

 

 

Ilaria Fatta

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