#Lda, Pif e una dolce stroncatura del primo romanzo Una storia d’amore nata tra cassate e dita d’apostolo

È una storia d’amore. Il protagonista si chiama Arturo, lavora come agente immobiliare e trascorre il suo tempo libero frequentando le pasticcerie di Palermo. Sì, perché Arturo è mediamente interessato allo sport o alla politica e niente affatto alla religione, ma è amante seriale dei dolci siciliani. E il libro è, in effetti, un piccolo omaggio ai dolci della città. Vengono descritti, immaginati, desiderati. Si parla della loro preparazione, e sono tutti dolci che si portano dietro una fetta importante di tradizione. Pif parla di Palermo, delle sue qualità come dei suoi mastodontici difetti, anche a chi non c’è mai stato. Il palermitano sghignazzerà; il lettore continentale, come direbbe Tomasi di Lampedusa, prenderà nota.

I crucci di Arturo vertono su due essenziali questioni: quella dei cornetti surgelati inseriti direttamente dentro il forno e una donna di cui si innamora. Lei ha carattere, è indipendente e ambiziosa. E ha appena aperto una pasticceria. Deve essere la donna della sua vita. L’unico problema sembra essere, a un certo punto, che lei è credente e lui non si ricorda nemmeno il Padre Nostro. È in virtù di questo che il protagonista inizierà una scommessa con se stesso: comportarsi da bravo cristiano per tre settimane, provando in tutti i modi a vincerla.

Un altro dei sensi che Arturo esercita, a parte il gusto, è quello della vista. Egli guarda, osserva, interroga. Le rare volte che interviene in qualche conversazione finisce con l’abbattersi contro un muro di ottusità, perbenismo e ignoranza misti a sfumature di cattolicesimo. Il crocifisso appeso al muro ma la colazione con l’amante. Sostituzione della cancellata della parrocchia, per far piacere al parroco, ma indifferenza verso le casette contigue alla parrocchia stessa, che potrebbero dare ospitalità a famiglie di immigrati. La messa la domenica ma nessuna opera concreta verso il prossimo. In poche parole, la fede da salotto.

E a quel punto Arturo è solito ritirarsi, perché non è una persona polemica, non pretende di giudicare nessuno. Vive in coerenza con i propri precetti: gustare le dita di apostolo è più importante che far vedere la verità alle persone che da cieche stanno già bene. Qual è il limite con questo tipo di interlocutori? Fino a quando possono essere sopportati o sono in grado di sopportarci? Il libro pone queste domande, mettendoci a confronto a volte con luoghi comuni della peggior risma, quelli più banali e scontati che capita anche ora di leggere sui social.

A lasciar desiderare invece è la qualità della scrittura. Traspare che è il primo tentativo narrativo dell’autore, e oltre a non percepirsi alcun tipo di innovazione linguistica (anzi, a volte vi sono macroscopici esempi di sciatteria editoriale che non ci aspetterebbe da un editore importante come Feltrinelli) vi sono descrizioni e scene banali o non congruenti con la trama, che un buon lavoro di editing avrebbe potuto individuare ed eliminare. Possono sembrare questioni irrilevanti, ma un libro è fatto soprattutto di questo: di domande. 

Questa scena è essenziale? Questa descrizione è funzionale? O è solo un’accozzaglia di pensieri con germi di riflessioni? Se descrivo questa scena in questo modo la consecutio è rispettata? Perché è vero che nel libro sono presenti alcune riflessioni interessanti, ma è altrettanto vero che alcune scene sono fin troppo cariche di frasi già sentite sugli autobus o a tavola con i parenti, già lette centinaia di volte sugli smartphone. Ne consegue che ciò che è rappresentato sembra più una farsa che un episodio verosimile. Inoltre, se da un lato vi sono scene che si possono eliminare, dall’altro ci sono fili della trama che avrebbero dovuto essere intrecciati meglio. Sono i fili che riguardano altri personaggi, il cui epilogo non si comprende del tutto. Né in realtà si comprende interamente quello del protagonista.

A un libro si deve chiedere novità, brivido, innovazione e non la sensazione, una volta finito di leggere, che non ne sia valso il tempo. Ecco perché, pur essendovi alcune idee interessanti, non consiglio questo libro ai lettori, che se decideranno comunque di leggerlo, saranno i benvenuti a smentirmi. 

Eleonora Magno

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