Lavoro, in Sicilia costi alti e poca sicurezza «Imprenditori vittime quanto i dipendenti»

«Non bisogna demonizzare il datore di lavoro, spesso è pure lui una vittima, come il dipendente». Parola di Chiara Gagliano, giudice del Lavoro del Tribunale di Termini Imerese, che dal suo osservatorio privilegiato offre uno spaccato – perfino controcorrente – della realtà del fenomeno siciliano. «Sono gli imprenditori delle piccole e medie aziende a essere maggiormente colpiti – dice il magistrato -. Quando arrivano davanti a me, nella maggior parte dei casi, riferiscono problemi economici. Insomma non ce la fanno con i costi e risparmiano sulla sicurezza. Se rispettassero le regole alla lettera, molti di loro probabilmente chiuderebbero nel giro di poco tempo. Ovviamente non li giustifico ma il contesto è questo. E vale per tutta la Sicilia, a Palermo come Agrigento, posti in cui ho potuto toccare con mano le varie difficoltà. Anzi, in alcuni territori dell’isola, la situazione è ancora più grave».

Insomma un cane che si morde la coda, due aspetti della stessa medaglia? «Le faccio un esempio. In un nuovo capannone industriale si è verificato un incidente ma il documento di valutazione del rischio, che è fondamentale, non era stato aggiornato. Quasi tutte le imprese lo posseggono ma spesso è redatto in maniera superficiale o non viene adeguato alle nuove esigenze. Risultato? Oltre alle misure penali, la sanzione prevede il risarcimento e la conversione del posto di lavoro da tempo determinato a indeterminato. Ma spesso l’impresa non può pagare oppure fallisce e il dipendente non prende i soldi oppure viene licenziato per la chiusura dell’attività. Insomma oltre al danno la beffa, per entrambi».

Ma non è l’unica incongruenza: «Sempre per motivi economici mancano i corsi sullo spostamento di mansione. Il settore più colpito è quello edile. Il datore di lavoro ha l’obbligo della formazione quando un dipendente viene destinato a fare altro. Ma che succede se non lo fa? Nulla. La stessa norma, infatti, non prevede nessuna sanzione», spiega il giudice. E poi c’è una differenza sostanziale tra le aziende del Nord e quelle siciliane. «Il loro approccio è diverso nel senso che c’è una maggiore disponibilità a definire il danno, anche staccando immediatamente assegni sostanziosi per chiudere il contenzioso. Da noi, invece, troviamo resistenze anche per le piccole cifre perché, spesso, gli imprenditori non arrivano alla fine del mese. È vero che in Italia servirebbero maggiori controlli ma, allo stesso tempo, la legislazione premiale già in atto dovrebbe essere più forte e incentivata».

Le statistiche delle morti bianche e degli infortuni sono in aumento? «Tendenzialmente sono simili all’anno scorso – prosegue la dottoressa Gagliano – ma due fattori preoccupano maggiormente: l’aumento dei dati relativi agli infortuni in itinere e quelli sull’età dei lavoratori. Nella prima ipotesi parliamo di chi svolge la propria professione in movimento, gli autisti ad esempio: i controlli sono complicati e difficili da inquadrare dal punto di vista giuridico. La normativa non è chiara ed esiste il rischio che il dipendente, oltre al danno, si becchi pure la denuncia. E poi c’è il fenomeno anagrafico: sale il numero di vittime nei maschi tra i 50 e 64 anni. Un segnale evidente di come si sottovaluti l’impatto dei mestieri usuranti su persone che sono ormai stanche, che magari non si sono evolute tecnologicamente, e dunque più soggette a disattenzioni. Anche in questa circostanza sarebbe opportuno intensificare le ispezioni per evitare che l’impegno sia troppo lungo e faticoso».

Fabio Geraci

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