Un brutto Capodanno per il villaggio della legalità Serafino Famà, a Borgo Sabotino, in provincia di Latina. Che ha cominciato il 2013 appena arrivato con l’ennesima intimidazione. Ieri pomeriggio, infatti, il bene confiscato alla criminalità – affidato a Libera Lazio per le sue attività sociali e di volontariato – e intitolato al penalista catanese ucciso da Cosa nostra il 9 novembre 1995 a Catania, ha subito un altro atto vandalico: un incendio di origini dolose. «Intorno alle 17.30 una persona si è introdotta nel campo ed ha appiccato due fuochi, uno per estremità, all’interno della tensostruttura centrale, il cuore del villaggio, dove si svolgono tutte le attività principali», racconta Cosimo Marasciulo dell’ufficio stampa di Libera, recatosi oggi sul posto per un sopralluogo. L’intento del gesto, secondo il ragazzo, era di farla divorare del tutto dalle fiamme. Dei due focolai, uno si è allargato fino a bruciare gran parte del telone esterno. «I danni sono enormi: parte della copertura del tetto è distrutta, come, tra le altre cose, sono fuori uso anche i sistemi antincendio e di sicurezza, oltre all’impianto elettrico», denuncia.
Un vero e proprio accanimento quello subito dal villaggio della legalità di Borgo Sabotino. Dalla sua inaugurazione, nel giugno 2011, il centro ha subito «più di dieci atti vandalici». A partire dal primo, il più devastante, avvenuto ad appena quattro mesi dall’apertura, ad ottobre 2011, in cui la struttuta è stata completamente devastata. L’ultimo in ordine di tempo, poco meno di due mesi fa. In cui sono andate distrutte una vetrata e alcune telecamere di videosorveglianza. Una triste coincidenza: l’intimidazione, infatti, è coincisa con la vigilia dell’anniversario dell’uccisione per mano mafiosa dell’avvocato catanese a cui il campo è intitolato. A farne le spese, in questi mesi, anche computer, sanitari e mobilia di vario genere, vandalizzati durante i numerosi blitz subiti.
Nessun gesto o iniziativa in particolare a causare gli atti di vandalisimo. La motivazione che ha scatenato l’escalation di danneggiamenti è una sola: «Dà fastidio che a Latina sia nata una realtà come questa», spiega Marasciulo. Il villaggio Famà – un terreno di quattro ettari con all’interno un bar, una sala proiezione, campi di calcetto, spogliatoi e una grande tensostruttura, tutto costruito nel totale abusivismo – è stato confiscato alla criminalità organizzata ed affidato a Libera come simbolo di legalità. Un progetto che sembra non andare proprio giù alla malavita, sopratutto per quello che rappresenta – la lotta alle infiltrazioni mafiose nell’area laziale – e che sta diventando: un luogo in cui produrre un cambiamento culturale. Dalla sua nascita, il camping affidato a Libera ha ospitato numerosi campi di volontariato, con giovani provenienti da ogni parte d’Italia, oltre a tantissime iniziative di sensibilizzazione sui temi dell’antimafia. «Dietro di noi – racconta Marasciulo – si è creata una rete di associazioni e realtà, anche relogiose, che sostengono le nostre attività». Distruggere quindi, per «scoraggiarci e dimostrarci che non si può fare».
Oltre al danno simbolico, però, i danneggiamenti contro il campo Famà fanno pesare sulle spalle di Libera anche quello economico, che dall’inagurazione del centro ha raggiunto parecchie decine di migliaia di euro. «Da luglio 2011 ad oggi, per sistemare la struttura, abbiamo già speso circa 60mila euro», denuncia Marasciulo. Anche questo, secondo il ragazzo, fa parte dell’intento delle organizzazioni criminali. «Vogliono mostrarci la loro presenza, farci capire che non avremo vita facile, e costringerci a lasciare il bene perché così, sotto continue devastazioni, per rimettere tutto a posto ci vogliono troppi soldi». Risorse che si vanno a sommare a quelle necessarie alla manutenzione e alla ristrutturazione della struttura, sequestata perché totalmente abusiva. E che quindi necessità di interventi di messa a norma.
Ma i membri di Libera Lazio non si arrendono. «Questo ci fa capire che siamo sulla strada giusta e che stiamo agendo bene. Vuol dire che diamo molto fastidio», afferma Marasciulo, annunciando di essere ben lontani dal fermarsi. «Non ci facciamo di certo intimidire, anzi, per difenderci, faremo ancora più rete con le altre realtà presenti sul territorio, che ci hanno già dimostrato sostegno e solidarietà».
[Foto di Libera]
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