I giovani dissentono, il Pdci chiama la Digos La replica: «Hanno avuto una botta di fiele»

Una cosa che nemmeno Stalin. Così i più commentano in Rete il video di quello che è successo il 29 dicembre alla sede del Pdci etneo. Quando, durante l’attivo regionale del partito, a tre militanti della federazione giovanile è stato impedito di entrare con l’intervento della Digos. Tra questi, anche il coordinatore provinciale della Fgci catanese Vincenzo Rosa. Al centro della polemica, secondo i giovani, le critiche espresse negli scorsi mesi per la partecipazione del partito alle primarie del Pd. «Criticare la linea politica è una cosa, insultare è un’altra», risponde asciutto Salvo La Rosa, segretario provinciale del Pdci etneo. Su una cosa, comunque, sono tutti d’accordo: la necessità della lista Rivoluzione civile unitaria alle sinistre -senza il Pd – e con il magistrato Antonio Ingroia candidato alla presidenza del Consiglio. Ma, se l’obiettivo è condiviso, la spaccatura sembra ormai profonda.

Tutto comincia a novembre, quando la Fgci catanese esprime il suo disappunto per la scelta del partito, a livello nazionale, di partecipare alle primarie del Pd. «Chiedevamo quello che poi è stato fatto: unire tutte le sinistre, senza i democratici, in un’unica lista», spiega Mattia Gambilonghi. La risposta della dirigenza non si è fatta attendere. «Con un atto illegittimo, perché contrario allo statuto – spiega Gambilonghi – la provinciale giovanile è stata azzerata». Cancellata, senza alcuna decisione della commissione nazionale di garanzia, come invece previsto dal regolamento del partito. Note di solidarietà ai ragazzi erano arrivate dal segretario provinciale di Enna e una decina di iscritti al partito a Troina. «Gli unici, tra quelli con cui abbiamo contatti diretti, sensibili alla questione».

Dopo questo taglio netto, nessun altro segnale ufficiale. Fino al 29 dicembre. Dentro la sala Orazio Licandro, della segreteria nazionale del Pdci, presenta il progetto della lista Rivoluzione civile con Ingroia presidente. Fuori tre militanti, tra cui Gambilonghi e l’ex segretario provinciale della Fgci Vincenzo Rosa, entrano per presentare un documento in cui si chiede proprio un passo indietro sull’azzeramento della Fgci. Ma vengono fermati. La discussione si anima. «Tu sei fuori da questo partito», dice il segretario provinciale La Rosa al suo ex coordinatore delle giovanili. «Cioè, tutto questo bordello perché noi abbiamo espresso un’opinione che adesso seguite?», urla qualcuno. «Orazio, vergognati», si sente un’altra voce. La Rosa minaccia di chiamare la Digos, che arriva poco dopo. «Nonostante fossimo regolarmente iscritti al partito, hanno detto che quello era un luogo privato e noi degli estranei agitatori. Tutt’ora non capiamo perché, questo atteggiamento ci ha stupiti», commenta Gambilonghi.

Adesso La Rosa, complice la febbre, preferisce rispondere con poche parole. «Non si tratta di divergenze politiche, ma di comportamenti assolutamente inaccettabili di qualche giovane che forse è spinto più da malevolenza o rancore – dice – Una botta di fiele verso alcuni compagni». Una conferma, secondo il segretario provinciale, arriva proprio dal tam tam a cui i ragazzi della Fgci hanno dato il via in Rete. Con il video dei momenti di tensione durante la loro cacciata dall’attivo e un blog dal titolo Per la democrazia nei comunisti italiani. «Se voglio bene al partito e ho delle critiche costruttive, non faccio schiamazzo», conclude La Rosa. Sul punto anche i tre cacciati tengono a fare chiarezza: «Noi non ci poniamo in contrasto con il Pdci e il suo corpo militante, ma con alcuni atteggiamenti messi in atto da alcuni dirigenti».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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