Tanti ragazzi, la maggior parte dei quali studenti del corso di Cinema, fotografia, televisione. Pochi esterni. Un solo rappresentante dell’ateneo. L’università di Catania sembrerebbe aver mancato un’occasione, quella del «confronto catartico» auspicato da Costanza Quatriglio. La regista di Con il fiato sospeso ha presentato all’auditorium dei Benedettini il film ispirato al memoriale del dottorando di Farmacia Emanuele Patanè, morto di tumore ai polmoni poco dopo aver denunciato lo stato dei luoghi di quello che verrà poi ribattezzato dai media laboratorio dei veleni. «Non affronteremo quel caso – premette Alessandro De Filippo, docente del corso – Ma sono contento del fatto che l’università si riappropri di un importante luogo, quello di piazza culturale», chiarisce. A lui fanno eco le parole di Luciano Granozzi, delegato alla Comunicazione del rettore Giacomo Pignataro: «Non ci sono zone rosse – afferma con pacatezza – L’università è una comunità e sta celebrando stasera un rito di libertà di critica e confronto importante».
«Discutere, ragionare, non in maniera conflittuale, ma approfondendo un tema, quello della sicurezza», sottolinea De Filippo. Un argomento di cui – in un intervento sollecitato da CTzen – parla anche Santi Terranova, legale di molte delle parti civili. «Speriamo che possa servire a crearne, sensibilizzare i giovani a non abbandonare la propria facoltà, ma a chiedere più protezione». L’avvocato è reduce da uno dei tanti incontri che sta portando Con il fiato sospeso in giro per l’Italia. L’ultimo si è tenuto a Pavia. «Ti confronti con realtà completamente diverse rispetto a quelle di Catania – afferma Terranova – Prima c’è la diffidenza, “Ma è vero?”, chiedono. Poi rimangono sconvolti».
Secondo Luciano Granozzi «il film richiede molta libertà in chi lo guarda. La prima volta ero uno spettatore timoroso – confessa – Ora credo di averlo capito un po’ meglio, ci sono messaggi forti, di verità». «Mi sono trovata davanti un personaggio, Stella, che è la sintesi di tre persone», spiega Quatriglio agli studenti. I tre sono lo stesso Patanè e le sue colleghe Agata Annino e Marianna Spadaro, anche loro studentesse della facoltà di Farmacia e morte per diverse forme di tumore. «Scegliere un’attrice molto nota (Alba Rohrwacher, ndr) è un atto politico – chiarisce la regista – Perché sto dicendo che tutto quello di cui abbiamo parlato, l’osservazione del reale, si scontra con i limiti del reale stesso». E si chiede: «Cosa mi mancava? La possibilità di fare un’esperienza dentro il laboratorio, vivere assieme a Emanuele, Agata, Marianna e tutti quelli che erano restii a parlare di questo argomento». La studentessa immaginata da Costanza Quatriglio «risponde con la stessa ritrosia che ho trovato in giro». «Questo è il valore del cinema – commenta De Filippo – rappresentazione artistica, ma che ci restituisce la nostra storia».
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