Viaggio attraverso i tesori della città. La Vucciria

RITORNO AL PASSATO. UN VIAGGIO FUORI DALLE CONVENZIONI IN UNO DEI QUARTIERI SIMBOLO DI PALERMO’ ATTRAVERSO I RICORDI E L’INFATICABILE DOCUMENTAZIONE DI UNO SPLENDORE CHE AFFIORA SOTTO LO SPESSO STRATO DI INCURIA

di Aldo Di Vita

 

S’a sciucaru i balati i balati ra “Vucciria” (Si sono asciugate le balate “lastre di marmo dove viene poggiato il pesce”della Vucciria )
Non ci posso credere. I miei antenati si rivoltano nella tomba.

Ha inizio un lungo viaggio a ritroso nel tempo in una moltitudine di sensazioni. Non mancherà nulla in questa magica dimensione di Palermo. Come una grande tela di illustri pittori incontreremo colori, costumi, mestieri e con l’immaginazione sentiremo una miriade di odori e profumi di ogni genere e specie.

Questa é la storia di un antico mercato, e ogni angolo di questo posto ha tante piccole e grandi storie da raccontare, a volte inverosimili e misteriose. Il grande Renato Guttuso pittore indiscusso per il talento e la tecnica dei colori, rappresenterà nei suoi quadri questo magnifico scenario di vita quotidiana, dove i colori si fondano nella tela con una luce tipicamente meridionale.

Naturalmente sarete accompagnati dalle immagini che vi aiuteranno ha scoprire meglio i luoghi. La Vucciria derivante da Bucceria risale al dodicesimo secolo, prende origine dal francese Boucherie che significa macelleria. Il mercato all’epoca era di notevole dimensioni rispetto ad altri e nel dialetto locale la Bucceria, venne trasformata é chiamata Vucciria, che in siciliano prendeva il significato di confusione; infatti era uso tra i venditori l’abbanniata ( gridare forte e a volte con cantilena ), per richiamare l’attenzione degli acquirenti. Questa usanza dell’abbanniata, divenne una vera attrazione per il turista che veniva a visitare Palermo.

Tale mercato inizialmente era destinato al macello delle carni (in epoca Angioina), in seguito divenne un mercato più vasto con frutta, pesce,verdura e quant’altro.

Oggi tutto questo e un lontano ricordo, molti avventori e putiari (negozianti) sono scomparsi e quei pochi rimasti ormai tristi e demoralizzati non abbanniano più (non gridano più).

Il mercato della Vucciria é diviso in due piazze principali e tanti vicoli, e stradine che spesso prendono il nome da antichi mestieri.
La prima piazza s’incontra scendendo dalla via Roma attraverso la discesa Caraciolo, fatta in parte da una piccola scalinata e da una parte di strada, che costeggia la Chiesa di San Antonio Abate, e poi si allunga fino all’ingresso della piazza Caracciolo. Il visitatore noterà subito la differenza con la Via Roma,che si trova a un livello superiore rispetto alla piazza. Questo enorme piano
prende il nome dal viceré Domenico Caracciolo Marchese di villa Maina, che regno in Sicilia dal 1781 al 1786.

In questo periodo di regno,il viceré governò con grande abilità,portando innovazione riforme e una particolare attenzione all’arte e alla cultura. Fu proprio il viceré Caracciolo con un’opera di riforma urbanistica del 1873, che diede una sistemazione migliore alla piazza, diventando tra i più antichi e importanti mercati dell’epoca del tempo, detta “Piazza di Grascia”.

Tra piazza Caracciolo e Piazza Garraffello scendendo da via Argenteria si incontra la Piazzetta del Garaffo,che si colloca esattamente tra la Via Frangia e la via Argenteria. Di fronte alla piazzetta e la via Argenteria si trova la chiesa di Sant’Eulalia. L’edificio di culto venne edificato nel 400 dai commercianti Catalani, presenti già dal XIII che scelsero

Palermo come sede del loro traffico mercantile. Dopo varie rivisitazioni a metta del 600 si cominciarono i lavori per completare l’opera, che si allungò nel tempo fino ad arrivare al XIX secolo, tant’é che vi fu un misto di stili nel corso dei secoli che si affermarono volta per volta. L’interno è a croce greca a tratti sono presenti degli affreschi seicenteschi. La chiesa é di proprietà Spagnola. Per tanto tempo venne sottratta al culto e chiusa ai fedeli. Da qualche anno, dopo un accurato restauro, non ancora ultimato, viene utilizzata per mostre e attività culturali; é presente anche una scuola di lingua spagnola che ,sotto il patrocinio dell’istituto Cervantes, é stata riaperta ai visitatori. Il Museo Diocesano custodisce alcuni arredi della chiesa, e quadri del XVI e XVII secolo
che erano presenti nelle pareti, e altari, tra cui opere di Vincenzo degli Alzani da Pavia e Gerardo Astorino (1557).

La chiesa é di stile tipico spagnolo (plateresco) riccamente ornata, tanto da richiamare dei lavori di argenteria (plata). E’ composta da tre ordini movimentati con colonne,e nell’arco centrale si osserva la presenza dello stemma del regno di Spagna e sotto il rombo le insegne di Barcellona affiancate da quattro colonne ( a simboleggiare le Colonne d’Ercole). Nell’ultimo ordine quattro ghirlande con busti di sovrani spagnoli.

Nell’anno 1483 gli amalfitani, i catalani, i Pisani e genovesi adornarono la piazzetta, detta all’epoca piano del Garaffo (dall’arabo gharraf abbondante d’acqua), con una fontana dove venne collocata la statua del Genio di Palermo, in omaggio alla città che li aveva
accolti.

La fontana, fornita di cinque grandi cannoli di bronzo, fu realizzata da Pietro Bonitate. Nell’anno 1698 il Genio di Palermo fu tolto dal centro della piazza e sistemato in una edicola muraria ad opera dell’architetto del senato Paolo Amato. La fontana del Genio fu sostituita dalla barocca Fontana del Garaffo, opera di Gioacchino Vitagliano.

Date le dimensioni della fontana che non si armonizzavano allo spazio esiguo del piano (piazzetta), nel 1862 fu trasferita a piazza Marina. La piazzetta rimase senza più una fontana e la scultura raffigurante il Genius Loci, realizzato in marmo di Carrara, é collocato nella nicchia centrale in una edicola muraria.

Questa divinità protettrice di Palermo raffigura un uomo dalla lunga barba con una corona ducale sulla testa, seduto su un sedile su cui é scolpita un’aquila che rappresenta lo stemma di Palermo; il Genio tiene tra le mani un serpente che gli morde il petto.

Il grande Genio reca con sé l’emblematico motto “Suas devorati alienos nutrit “, ovvero divora i suoi, nutre gli stranieri. Fino al 1980 nelle nicchie laterali erano presenti le sculture di due sante palermitane, dopo tale anno vennero danneggiate per mano di vandali e poi rubate compresi gli stemmi dei quattro mandamenti collocati sullo zoccolo in basso rilievo. Essi raffiguravano il quartiere Kalsa con la Rosa, l’Albergheria con la Biscia,il Capo con Ercole, e la Loggiacon l’effigie Austriaca. Il genio del garraffo in siciliano é chiamato Palermu lu grandi (Palermo il grande), in relazione all’altra statua Palermu u nicu (Palermo il piccolo) presente nel palazzo comunale. Altra nota storica al tempo della presenza della fontana, dalle acque sgorgava un’acqua purissima. Tanto che Don Giovanni D’Austria, In procinto di partire per la battaglia di Lepanto al comando della flotta cristiana nel 1571, fece scorta di tale acqua che poi rimase perfettamente pulita e potabile nei barili per più di due mesi.

Negli ultimi anni la Piazzetta del Garraffo é stata impietosamente abbandonata al degrado più assoluto e parte delle sculture marmoree hanno subito dei danni. Oggi grazie ad un miracoloso intervento é stata riconsegnata alla cittadinanza con le sue lapidi con le scritte, gli stemmi e i rilievi di cui il famosissimo Genio di Palermo, esattamente il 10 agosto 2013. Tutto é ritornato a splendere nella gloria del passato. I lavori di restauro sono stati eseguiti dai restauratori Giuseppe Milazzo e Rossella Licciardi, sotto la guida del Prof. Franco Fazio, patrocinato dal comune di Palermo e sponsorizzato dall’associazione salvare Palermo onlus, con l’allora presidente Salvator
Butera che impegnando i propri fondi e quelli dell’associazione é riuscito in questo ambito e meraviglioso progetto.

L’altra Piazza famosissima della Vucciria é la Piazza Garraffello che é ubicata tra la via Della Loggia, Via Argenteria, via Matarassai, via Garaffello e Via Cassari. Come potete osservare sono nomi di mestieri. Piazza Garraffello è il diminutivo Di Garraffo, detto in arabo “Sienungha Garraf che ha il significato di abbondante d’acqua Anticamente chiamata piano della loggia o dei mercati, data la presenza di mercanti genovesi , catalani, amalfitani e pisani. In codesta Piazza tra i secoli XV e XVI c’erano “le logge delle nazioni estere”, che istaurarono un mercato di mercanzie e spezie e quant’altro; queste merci importate, arricchivano Palermo
e la sua gente di una notevole economia.

Al centro della piazza si trova la fontana del Garraffello, nell’anno 1591 fu posta dal pretore Andrea Salzar, come si rileva dall’iscrizione marmorea che viene attribuita al grande poeta Monrealese Antonio Veneziano.

L’acqua fluente della fontana proveniva da una sorgente nei pressi di via Pannieri, attualmente strada esistente. In precedenza la fontana era posta nei pressi della loggia dei genovesi, poi fu spostata al centro della piazza e posta al di sotto del piano
della strada, per aumentare il flusso d’acqua.

Nel 1957 ci fu un crollo e la pigna che sovrastava l’urna che mostra l’epigrafe celebrativa cadde per il vento e si ruppe. La fontana aveva dieci cannoli, nel tempo dei Villabianca ne possedeva otto ma oltre l’acqua che forniva ai mercanti, era punto di aggancio e tiraggio per le tende. In quel tempo il forte vento fece leva e butto tutto a terra. Nel 1958 tutto fu ripristinato ad opera dell’Istituto D’Arte di Palermo. Oggi la fontana grande opera artistica giace in uno stato di degrado come tutta la piazza circostante.

Nell’epoca dei secoli XV e XVI la Piazza Garraffello era piena di botteghe dette “putie”( in siciliano) fiorenti e delle più
svariate merci alimentari e quant’altro.
Una delle tradizioni più
antiche che si ricordano di piazza Garraffello era in uso nel periodo di Natale,
la cosiddetta “volata degli Angeli”, che annunciava la venuta di Gesù Bambino,
con due lunghe corde legata da un punto all’altro della piazza, due fanciulli venivano agganciati alle corde
e tramite un sistema di carrucole simulavano il volo, incrociandosi e muovendo
le ali; la partecipazione dei
palermitani era molto sentita e ogni anno la piazza si riempiva di moltissima
gente. Oggi, data la pericolosità dei crolli, questa meravigliosa tradizione si
é persa.

Dietro la fontana del
Garraffello risiede uno dei palazzi più antichi e storici di Palermo.
Questo stupendo patrimonio
architettonico oggi un rudere, porta il nome di palazzo Mazzarino Merlo, dove
diede i natali, nel 1576, a
Giovan Pietro Mazzarino de Franchis, padre del celebre cardinale Mazzarino, che
vi diorò nella sua prima infanzia, poi si trasferì in Francia, diventando in
età adulta, il potente e famoso
cardinale Giulio Mazzarino, primo ministro della corte di Francia sotto il
regno di Luigi XIV il re Sole.
Il palazzo passò poi
all’aromataio Rapetto, e quindi ai Merlo principi di Santa Elisabetta.
Nell’ottocento prese un nuovo proprietario, il farmacista Francesco Maria
Chiavelli. Questa dimora conserva vestigia di epoche molto antiche, come la
trifora sul lato sinistro; da poco tempo
sono state divelte le colonnine tortili, il fronte sulla piazza era ornato fino
ad alcuni anni fa da un busto di Carlo V, posto in una nicchia del partito
centrale. Si accede dal portale di via La Loggia. Oggi la
dimora vive in condizione disastrosa e degradante, con il forte rischio del
pericolo di crollo.
In oltre si é volutamente
sfigurare questo patrimonio con una sconsiderata opera artistica fuori da ogni
logica di conservazione e rispetto del patrimonio , con il beneplacito delle
istituzioni locali e di una falsa cultura che ha ulteriormente danneggiato
l’edificio. Altro gioiello architettonico
é la principesca dimora del Palazzo Gravina Filangeri di Ramacca ,
posto a sinistra della fontana
Garraffello . Un tempo occupava l’intero isolato fino alla retrostante via
Terra delle Mosche. Tra il settecento e l’ottocento il palazzo subì gravi danni
dovuti a tremendi terremoti. Ma ebbe sempre la forza di rialzarsi. All’inizio
del seicento fino ad arrivare al 1617 l’enorme edificio divenne la sede del
Banco Pubblico fondato nel 1553, volgarmente detto ufficio Della Tavola prima
ubicato nel palazzo dei Senatori. In seguito tale struttura venne poi
trasferita a palazzo Pretorio.

Ritornando alla dimora dei Gravina nel 1721 un crollo costrinse i
proprietari ad un serio intervento restauratore, con una serie di lavori curati
nella progettazione da Giuseppe Amato architetto del palazzo Gaetani Rostagno.
Ma un altro grave terremoto nel 1726 mise in ginocchio la struttura. La nuova struttura dei
Ramacca venne innalzata alla fine del 1730, ideata é progettata da Nicolò
Palma. In una incisione di Giuseppe Vasi (1736), si nota la statua di Carlo III
al centro di una “macchina scenica” d’argento sbalzato e pietre dure innalzato
da orafi, e argentieri in occasione dell’incoronazione. L’edificio fu abbellito
all’interno con saloni affrescati e pavimenti in maiolica, usate per le
sontuose feste di ballo. Il principe di Ramacca fu capitano di giustizia e
gentiluomo di camera di sua maestà. La famiglia di Ramacca fu una delle più
nobili antiche e gloriose, per cariche ricoperte e per la quantità di feudi posseduti.

Codesto palazzo oggi vive nel più assoluto degrado e parte della struttura interna é crollata. L’edificio é
diviso da un corridoio con due archi che formano uno stretto passaggio, in
basso una piccola scalinata che porta ad un piccolo ingresso attualmente
sbarrato e inaccessibile. Dentro questo piccolo vicolo si può trovare di tutto,
rifiuti urbani e quant’altro proprio come una vera e propria discarica.

L’esterno ormai è irriconoscibile, ogni ornamento é scomparso e di questa meravigliosa dimora non
rimane quasi nulla, tranne la desolazione. Da citare anche, in un lato
della Piazza Garraffello, del palazzo Zoppetta l’antica dimora del Patrizio Pisano collezionista di opere
d’arte. In seguito il palazzo fu espropriato e nel 1649 passo ai duchi Di

Sperlinga, poi ai principi di Sant’Antonio, poi fu la volta dei Duchi della
Grazie. Nel 1925 divenne un albergo ristorante, oggi é solo un rudere degradato
e abbandonato, le fonti storiche sono un po’ insufficienti ma purtroppo spesso
il tempo e il degrado cancella anche i tratti storici.

Ritengo interessante dare qualche appunto storico allo sviluppo del commercio.
Innanzi tutto bisogna evidenziare le tante strade e vicoli che come un vero alveare dividono la Vucciria, esse spesso
prende il nome dei mestieri di un tempo che oggi sono scomparsi, o andati in
disuso per via dello sviluppo e del progresso. Tornando indietro negli anni tra il XIV e il XV secolo,
la città di Palermo registro un notevole sviluppo commerciale, grazie alla consolidata presenza dei mercanti
delle “Nazioni Straniere che, a testimonianza della loro presenza costruirono
le Logge nei pressi della piazza Garraffello. Genovesi, Amalfitani, Pisani,
Lombardi, Napoletani, Catalani, Veneziani esercitarono i loro mestieri e le
loro arti creando una cospicua attività commerciale

Il tutto regolato ed amministrato da consoli é protetti da concessioni e privilegi reali.

Inoltre regalarono alla città parecchie chiese in omaggio dei santi patroni della propria provenienza,
alcune di queste chiese sono
andate distrutte e altre sconsacrate.
Cito alcune di queste chiese ancora esistenti come la chiesa di Sant’Andrea, che si raggiunge dalla via
Ambra ho scendendo da piazza San Domenico, essa dimora nella piazzetta di
Sant’Andrea e fu costruita attorno al XII secolo dagli Amalfitani. Allo stato
odierno non é visitabile anche se tempo fa fu restaurata ma rimasta chiusa è
non funzionante anche questo e uno dei tanti misteri di Palermo, soldi pubblici
spesi è inutilizzati. Pensate quanto turismo perso.

Uscendo dalla piazza verso via Meli é procedendo in
direzione della Cala, si arriva in
piazza S. Giacomo la Marina dove si trova la chiesa di S. Maria la Nova, impone al visitatore
una sosta ancora più attenta. La fondazione della chiesa

ha origini trecentesche, ma all’inizio del XVl

secolo venne riedificata in tempi molto lenti che, nel

passaggio dallo stile tardo gotico catalano a

quello rinascimentale, determinarono l’incontro di

elementi tradizionali ed elementi nuovi che

danno all’architettura di

questa chiesa il fascino di un equilibrato ed interessante incontro di stili.

Queste chiese sono parecchie,

ma spesso di alcune é rimasto solo qualche rudere. In un’altra mia passeggiata

della storia approfondirò una oculata ricerca sulle chiese di Palermo.

Al pari della presenza

straniera, nel quattrocento si consolidarono in città, affermandosi, le

corporazioni d’arte e mestieri, con propri quartieri, vie e piazze; da qui

l’origine cosiddetta delle vie e dei mestieri e degli artigiani.

Avviandoci in questo percorso tra le vere e proprie

arterie di questo cuore grande della Vucciria strade vicoli piazze nomi e

mestieri . La via dei Coltellieri famosa

per l’affilatura e la produzione di coltelli di ogni specie, da quelli

domestici a quelli in uso nelle varie botteghe, coltelli per tagliare la carne,

coltelli per la frutta, per pulire il pesce, per tagliare il pane che anticamente

andava venduto a taglio; la via dei Chiavettieri dove si faceva qualsiasi tipo

di chiave per portoni botteghe case, magazzini e altro; la via dei Biscottai

dove con i forni a legna si faceva ogni tipo di biscotti, la via Matarassai

dove si facevano i materassi con la lana di pecora o si puliva la lana per rinfrescare

il matarasso. La lista é lunga e non finisce mai; questo sarà uno dei miei

futuri lavori della storia di Palermo.

La via Cassari un tempo via dei barbieri chiamata

“Ruga Barbeiorum”, intorno al XV secolo, grazie alla sua posizione vicino alla

Cala, questa attività si supportava dell’arrivo dei naviganti e commercianti

che sbarcavano a Palermo.

Tra i secoli XVII e XVIII

orafi e argentieri stabilirono le loro

botteghe in tre strade. La prima andava dall’attuale via dei Matarassari nel

tratto che va da piazza Garraffello alla via Argenteria Vecchia, la seconda era

l’attuale via Ambra che venne cosi chiamata perche si stabilirono alcuni

artigiani che lavoravano l’Ambra. Tra la fine del settecento e l’inizio

dell’ottocento la loro attivita si estese nell’odierna via Argenteria Nuova che

unisce Piazza Caracciolo a piazza Garraffello.

Salendo da piazza Caracciolo verso piazza San Domenico, si incontra la via

dei Maccherronai , o discesa dei Maccherronai. Questa via oggi rimane l’unica

dove ancora c’è vita e mercato.

Camminando per la via si

notano diverse “Putìe”(in siciliano) botteghe di ogni genere venditori di

frutta, pesce pane, casalinghi, scarpe, orologi e quant’altro una vero e

proprio “Bazar”.

Qui ha ancora sede la Taverna Azzurra una delle più antiche enoteche di Palermo

dove si possono assaggiare i vini locali o l’antico Passito, una miscela frizzante ottenuta dal vino ma poco alcolica, conosciuta in tutto il paese come

Passoda. Oggi la Taverna Azzurra é meta dei giovani durante le ore serali della movida.Anticamente la Via dei Maccherronai fu sede sin dal XV secolo di laboratori e rivendite di pasta fresca. All’epoca c’erano dei veri maestri Pastieri, detti “Vermicellai e Maccherronai” che usavano la cosiddetta Madia per fare la pasta;

Una specie di enorme cassettone di legno dove veniva impastata la farina, che poi serviva a fare la pasta, poi si usava una grande tavola piana “ LoScanaturi”per lavorare la pasta con i mattarelli, la lavorazione non richiedeva particolari utensili ma la forza delle braccia, e il sapiente tocco delle manie tanta pazienza. Il prodotto finito veniva poi lavorato per dare forma e nomi ai vari tipi di pasta, alcune tipologie di pasta sono in uso e orecchiabilinella quotidianità siciliana, come i Maccarruni (Maccheroni), Lasagni (lasagne), Cavatuni, Ziti, Tagghiarini, Attupateddi, Bucatinu, (bucatino) Lumachieddi (lumachine), Margherita, Ditali, Nicuzzeddi, ecc…

Nel periodo Borbonico tramite l’arte dei pastai si coniugarono la maestria, dei napoletani e dei palermitani, che con talento culinario portarono alle gustose e famose ricette come la pasta al ragù fatta a Napoli, e Palermo con qualche variante, e cosi i timbali di pasta con melenzane ,e altro.

Va ricordata la pasta alla Norma creata in omaggio a Vincenzo Bellini, in occasione della grande opera La Norma, che veniva cucinata
magistralmente in tutto il Regno delle due Sicilie. L’idea di questa pietanza
pastiera cosiddetta pasta alla Norma, parti dai maestri della pasta catanesi.
Fin dai tempi remoti si
iniziò a fare anche la pasta in casa e nei piccoli vicoli e cortili della
Vucciria e del centro storico si poteva osservare la pasta stesa ad asciugare,
proprio come avveniva in via dei Maccherronai. Questa prestigiosa tradizione

durò in alcuni quartieri popolari di Palermo, fino agli anni 50, subito dopo la
guerra. In certi vicoli si poteva acquistare la pasta , in concorrenza ai
mastri pastai. La pasta ancora umida veniva esposta ad asciugare all’aperto nelle
stradine, quella corta su grandi tavole e quella lunga veniva stesa come la
biancheria su lunghe canne, in qualsiasi condizione atmosferica, dal freddo
invernale al caldo e allo scirocco
torrido estivo, con la conseguenza della presenza di polvere e insetti. Ma chi
comprava la pasta non se ne curava minimamente, perché poi alla bollitura tutto
sarebbe stato purificato da qualunque traccia di impurità. In barba a tutte le
norme vigenti che oggi regolano il mercato alimentare; erano proprio altri
tempi. Per la vendita del prodotto nelle
“Putìe”(botteghe), autorizzate si usavano i “Coppi”(carta arrotolata) chiamata
paglierino, spessa e assorbente, ma tutto ciò non garantiva una perfetta
igiene.

Viene spontaneo domandarsi se
a quel tempo l’ufficio d’igiene curasse la regolarità e la messa in sicurezza
del prodotto, ma viene spontaneo pensare che fosse solo utopistico una cosa del
genere, dato l’equilibrio che reggeva abitudine e usanze della piazza e dei
popolani di allora abituati a vivere una vita semplice, spontanea e genuina
dove i valori contavano più delle regole.

Oggi tutto questo é scomparso
e sono solo un vago ricordo delle persone anziane che vissero quell’epoca. Gli
anziani di questo naturale ricordo mneonico, con nostalgia lo raccontano ai
nipoti assieme a vecchie storie e usanze di una volta, quando la Vucciria era la grande
regina delle piazze mercato, oggi solo un vago ricordo fisico e malconcio.

In questi giorni disgraziatamente
si é verificato l’ennesimo crollo che impietosamente a dato una nuova grande
mazzata alla storia architettonica monumentale dei palazzi di Piazza Garraffello, oggi transennata ai suoi
ingressi per la messa in sicurezza. Ho fatto visita nei posti che hanno dato i
natali storici alla mia famiglia e rivedendo le strade e le case dove vissero i
miei cari, i nonni, gli zii, i cugini e mio padre e mia madre da sposini; le
strade interessate sono la via Garraffello e la via Terra delle Mosche. In
queste strade visse la sua prima gioventù il grande comico siciliano Franco
Franchi e la sua famiglia, che erano dirimpettai nello stesso stabile della casa dei genitori di mia madre, allora
signorina. Poi sposata subito il dopo guerra 1945, visse i suoi primi anni di
matrimonio in via Terra delle Mosche, dove nacquero i miei fratelli Ignazio e
Nunzio.
Era un periodo di grande
povertà perché si usciva da una immane e
catastrofica guerra e proprio questi quartieri del centro storico furono
colpiti duramente dai bombardamenti, mettendo in ginocchio la vita e le
strutture edili che furono fortemente
danneggiati. Sembrerà assurdo in alcuni posti oggi ancora esistono ruderi a
ricordo dei danni della guerra, ma disgraziatamente é realtà amara di come é
stata gestita malamente questa nostra meravigliosa Palermo.
La gente comunque piano piano
con duro lavoro e sacrifici ricominciò a lavorare e a dare vita ai mercati,
alle botteghe, alla ricostruzione e al
riavvio degli antichi mestieri di artigiani.
La via Garraffello che
congiunge la piazza Garraffello e il corso Vittorio Emanuele col passare degli
anni e con la forza di volontà di artigiani risorse a nuova vita e l’economia
tornò a fiorire, alimentando le proprie attività nelle varie fatti specie di
mestiere e vendita di prodotti.
Il ricordo più emozionante
che mi é rimasto nel cuore e la bottega di erboristeria meglio conosciuta come
“’U zu Natali”(zio Natale) gestita da mio zio Giuseppe Miraglia conosciuto
meglio come “’U zu Pinuzzu”.
Persona di grande conoscenza
delle erbe curative, con le sue proprietà mediche che portavano sollievo e curavano
disturbi di ogni genere; tali erbe, oltre a dare sollievo, non avevano effetti
collaterali, come oggi li provocano i medicinali che curano un male e ne
procurano un altro.

Mio zio “Pinuzzo” (Giuseppe)
di buon mattino si alzava alle prime luci dell’alba e andava alla Favorita di
Palermo, parco della città e reggia del re Ferdinando di Borbone, per
raccogliere le erbe curative, e prima che fosse l’orario di apertura della
bottega era già di ritorno, per servire i clienti che di primo mattino già l’aspettavano davanti alla bottega di erboristeria.
Rammento perfettamente che
uno di questi giorni, quando andava alla ricerca di nuove erbe e piante, mi
volle portare con sé, io rimasi molto meravigliato della sua accurata conoscenza
e nella mia piccola testolina di bambino pensavo che lui fosse un mago e in
tale fantasia lo immaginavo come il famoso Mago Merlino.
Cari lettori troverete delle
magnifiche foto in bianco e nero della bottega “’U zu Natali”(zio Natale) e di
mio zio “Pinuzzo” ( Giuseppe Miraglia), E un articolo pubblicato dal giornale
di Sicilia Pubblicato nel 1975 il 12 novembre, qualche anno prima che mio zio lasciasse la madre terra, per
passare a miglior vita e raggiungere la pace dei cieli.
Allora l’articolo fu scritto
da un grandissimo scrittore Rosario La
Duca ingegnere docente
storico dell’arte e politico italiano. Grande conoscitore della storia
di evoluzione di Palermo.
Nacque a Palermo il giugno
del 1923 e mori a Palermo il 23 ottobre del 1995, gli venne conferita la laurea
ad honoris causa in architettura. Naturalmente ringrazio in primis l’illustre
Rosario La Duca,
che lascio questa testimonianza di una Palermo, antica buona e genuina che oggi
non c’è più, e poi il giornale di Sicilia che pubblico questo meraviglioso
articolo, che oggi e un prezioso ricordo della nostra memoria.

Redazione

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