La vendetta di un eroe anarchico

Immaginate Londra in un contesto distopico e futuristico. Al potere un governo totalitario capace di controllare tutto e tutti osteggiato da un eroe non proprio convenzionale. Ecco la formula vincente di uno dei fumetti più alternativi e acclamati degli ultimi decenni, V per Vendetta.

Questa fortunata striscia vide la luce nel 1982 grazie al suo ideatore Alan Moore e alla rivista britannica Warrior, sulla quale venne pubblicata sino al 1985. Quando Warrior chiuse non si era ancora arrivati alla fine della serie e solo dopo tre anni (1988) la DC Comics acquistò i diritti per la pubblicazione. Era il 1991 quando il fumetto arrivò anche in Italia, sulle pagine di Corto Maltese.

V, eroe mascherato, esce dal classico schema degli eroi schierati dalla parte del “bene assoluto”, in grado di convincere il lettore sull’indispensabilità e l’efficacia dei loro interventi.

I metodi di Superman, Batman e soci non hanno mai sconvolto nessuno; non ricorrono, come invece accade per V, a esplosioni di palazzi di Stato e omicidi efferati.

Paragonare le strade di Gotham City a quelle della Londra costantemente sorvegliata da telecamere e corpi di polizia segreta sembra davvero impossibile; ancora, tutti gli abitanti di Metropolis  sanno bene che a liberare la loro città dai pericoli del male arriverà presto, e dal nulla, l’eroe mascherato. V invece, ancor prima di scagliarsi contro ciò che ritiene il male, deve combattere un nemico  quasi invisibile, ovvero l’ormai più che riuscito processo di annullamento delle coscienze degli abitanti di Londra, provocato dal continuo martellamento governativo. Nessuno, almeno inizialmente, riesce a capacitarsi della propria reale condizione di sottomissione ad un potere violentemente conquistato dall’unico partito politico ormai esistente.
La differenza sostanziale sta nel nemico da combattere. V, esempio più unico che raro, lotta contro il governo e la sua tremenda macchina del potere. Crede che pur di liberare il mondo da un’ingiustizia simile sia lecita, eccome, anche la violenza e il sacrificio di chi crede nella causa.

Del passato di V non si sa molto, eccezion fatta per la terribile detenzione presso il campo di concentramento di Larkhill, dove spietati funzionari governativi eseguivano esperimenti medici su cavie umane. La morte arriva quasi per tutti, l’unico sopravvissuto è nella cella numero cinque (V in numeri romani).

Protagonista e antagonista di se stesso, eroe e antieroe, queste le contraddizioni di V. Al pubblico la scelta di schierarsi al fianco dell’eroe anarchico o contro il folle terrorista.

Alan Moore, che non nasconde una precisa accusa all’allora primo ministro Margaret Thatcher, dota questo suo fumetto di un sostrato notevole e ben definito. Fondamentale è l’innegabile rimando storico al “1984” di Orwell e all’ancora più lontana “Congiura delle Polveri” con la quale nel 1600 l’anarchico Guy Fawkes (sulle cui sembianze, non a caso, è ricalcata la maschera di V) tentò di rovesciare il re Giacomo I. L’impianto generale dell’opera è ulteriormente arricchito da riferimenti letterari e musicali di primissimo ordine: V cita il “Faust” di Goethe e il Macbeth di Shakespeare (addirittura uccide recitandone un estratto) e sono presenti sinfonie di Beethoven e  Tchaikovsky, sulle cui note l’eroe fa esplodere il parlamento.
Ad aumentarne esponenzialmente la popolarità concorre  la trasposizione cinematografica che nel 2005 viene fatta del fumetto. I fratelli Wachowski, sceneggiatori del film (che mantiene la titolatura originale del fumetto), applicano notevoli revisioni alla storia originale, provocando l’ira e la delusione di Moore, ma nonostante ciò anche dal film esce prepotente l’immagine di V, vero eroe anticonvenzionale, violentemente anarchico e violentemente nemico del potere.

Marco Pirrello

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