La solitudine dei numeri dieci

di Gabriele Bonafede

A forza di “lasciar correre” prima o poi doveva accadere: ossa rotte. E questa volta è stata una vertebra. La vertebra di uno dei più grandi campioni che abbiano mai calcato il prato verde sotto l’occhio benevole di Eupalla, la Dea del calcio inventata dal grande Gianni Brera.

James Rodriguez foto tratta da anzoateguialdia.com

Stavolta Eupalla non ha potuto nulla. Quando si tolgono le regole fondamentali di rispetto civile in una competizione sportiva, quando la FIFA (l’organizzatore dei mondiali di calcio) consiglia “di non ammonire” anche scorrettezze evidenti e pericolose, non c’è che fare. Ne ha pagato le spese lo spettacolo, innanzitutto, ma soprattutto il calcio come sport, ormai ridotto a mero business-show privo delle più elementari regole di decenza. E ne hanno pagato le spese i numeri 10, cioè i migliori calciatori, lasciati soli di fronte a colpi proibiti.

Se ieri Neymar è dovuto uscire in barella con una vertebra rotta, un altro grande numero 10, James Rodriguez ha dovuto ringraziare Eupalla che lo ha protetto di fronte a una serie di duri colpi da ossa rotte, una volta sanzionati immediatamente e oggi lasciati correre.

Di fatto sono cambiate le regole del calcio, e in peggio, molto peggio. Rispondono a una nuova logica: quella dello spettacolo duro, violento per aumentare gli introiti. La FIFA ha deciso di “lasciar correre”, come si dice in gergo. E quindi di ammettere una serie di scorrettezze pericolose per l’incolumità degli atleti e la bellezza del gioco: una volta non si poteva sradicare la palla dai piedi di chi portava la sfera di cuoio, soprattutto da dietro. I calciatori non ci pensavano nemmeno, e l’azione era considerata un fallo di gioco, punibile pure con ammonizione, anche nei casi in cui il difensore non toccava le gambe dell’avversario. Questo mondiale Brasile 2014 è stato invece segnato dallo sdoganamento di questa pratica, anche nei casi in cui l’intervento è violento e pericoloso per caviglie, tibie e peroni.

Neymar, foto tratta da mondialecalcionews.it

Una volta chi saltava per un pallone aereo con ginocchia o mani alzate era duramente sanzionato. Oggi no: la galeotta ginocchiata alla schiena di Neymar non è stata sanzionata nemmeno come fallo, così come non sono state sanzionate almeno quattro entrate assassine sul collega numero 10 della Colombia, Rodriguez, che poi è stato persino ammonito per molto meno. Questo mondiale di calcio ci ha abituato alla violenza, piuttosto che allo sport e, purtroppo, alla violenza anche fuori dal campo.

Una volta non si potevano dare testate e colpi bassi, con gomiti e pugni all’avversario. Oggi persino un morso su una spalla di un avversario è lasciato correre, per lo meno sul campo.

Una volta un Paese che corrompeva funzionari pur di aggiudicarsi il mondiale a casa propria, veniva immediatamente squalificato. E un altro Paese che operava scelte razziste (come il Sud Africa dell’apartheid) non era nemmeno ammesso alle competizioni. Oggi si passa avanti senza indugi: il dio denaro la vince su Eupalla, sempre e comunque.

La vera deriva iniziò nel mondiale in Corea, quando un giocatore coreano non diede un morso, ma persino un calcio in testa a un calciatore steso a terra. Non fu sanzionato, perché il business-show aveva bisogno della Corea in semifinale. Fu l’inizio della fine: verso la solitudine dei numeri 10 e il declino del calcio vero, il cui più acerrimo nemico sembra, oggi, proprio la FIFA: incapace di difenderlo come sport, e capace solo di venderlo come business.

Gabriele Bonafede

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