La scommessa di Sofia? Il turismo sportivo «Porto gli atleti nordici al sole di Sicilia»

«L’idea è nata senza che ce ne rendessimo conto, è stata una necessità. Così gli svantaggi della città sono diventati un’opportunità». Gli svantaggi di cui parla Sofia Biancarosa, ventottenne catanese neolaureata in Direzione aziendale, sono la nota mancanza di spazi adeguati a Catania per sport che non siano il calcio e la conseguente necessità di seguire e prendersi cura degli atleti affinché non venga loro voglia di scappare via subito. Per questo è nata la sua micro-impresa – fondata con altre due giovani con la passione per l’atletica, argomento della sua tesi di laurea – con lo scopo di fornire servizi di turismo sportivo stagionale agli atleti del Nord Europa.

Sofia e le sue due socie, Valentina Ragusa e Anna Guerrero, tutte catanesi, hanno concepito un sistema turistico integrato fondato sullo sport, con un investimento iniziale di circa 85mila euro. Il loro scopo è di occuparsi della cura degli atleti e gestirli come se fossero operatori turistici. «Vogliamo promuovere raduni per atleti stranieri, nei periodi in cui nei loro Paesi non possono allenarsi all’aperto – spiega Sofia – E vogliamo farlo in sinergia con le federazioni sportive, i tour operator e gli enti locali». Tutte e tre conoscono bene il mondo sportivo che hanno scelto come terreno per il loro futuro lavorativo. Sofia fa atletica da quando aveva dieci anni a livello semiprofessionistico ed è stata campionessa italiana under 23 di mezza maratona. Si allenava due volte al giorno, ma «per studiare e concludere il mio percorso di studi mi sono resa conto che non potevo più fare quella vita», racconta. Nel progetto della sua micro-impresa è riuscita finalmente a unire studio e sport.

Nella sua tesi intitolata Lo sport come leva per un sistema turistico integrato e sostenibile ha descritto il business plan dell’azienda e le conclusioni sono che ha tutti i margini per riuscire ad autofinanziarsi, oltre ad avere un impatto positivo sul territorio. «Fa bene allo sport e al turismo», dice Sofia. «Certamente – aggiunge – ci sono delle difficoltà, dovute soprattutto agli impianti scadenti e al fatto quindi che gli atleti non si possono allenare in condizioni ottimali». Alcuni impianti funzionano ma non sono adeguati. Altri sono validi ma incompleti: vanno bene per esempio per la corsa ma non per il salto con l’asta. Per la giovane imprenditrice bisogna fare «una mappatura del territorio e avviare una concertazione tra il pubblico e il privato. Lottare e trovare delle soluzioni comuni». Il suo motto è cooperare per competere. Ma soprattutto quello di cui c’è bisogno è «lavorare sulla cultura, un modo per renderci autonomi dal pubblico», dice.

Per Sofia il problema è alla radice: «Siamo favoriti dal paesaggio e dal clima, ma manca una cultura dello sport a tutti i livelli sociali», spiega. «A differenza di quanto accade invece nei paesi nordici e anglosassoni, da noi la gente scopre lo sport a un’età avanzata e per motivi di salute». Ma l’atleta-imprenditrice non si perde d’animo e si mostra ottimista: «Per cambiare le cose, ci vogliono tanti sacrifici e passione. La strada è difficile perché alcune cose non dipendono da noi, ma conosciamo le problematiche e pensiamo di poterle superare». Anzi lei e le sue socie guardano avanti e allargano gli orizzonti per il futuro: «Quello che vogliamo fare è trasformare gli impianti in perdita in impianti funzionanti – annuncia – Arrivare a una gestione integrata, mettendo assieme sport ed eventi». E hanno già qualche obiettivo concreto, per esempio il camposcuola di Picanello. «Vorremmo gestirlo privatamente ma per adesso sembra impossibile», rivela Sofia.

L’azienda è già a lavoro e anche se non vuole divulgare cifre la neoimprenditrice ammette che «il guadagno c’è ma non è certo». Ha già attive collaborazioni con associazioni di atleti della Lettonia, Lituania, Estonia e Polonia, e ha organizzato eventi con il Cus Catania, come La Pasqua dell’atleta e la manifestazione In pista contro la mafia di giovedì scorso, che ha visto la partecipazione dell’associazione Addiopizzo Catania. Sofia pensa di poter trasformare l’azienda in una società di capitali un giorno, ma per ora si gode la sua rivincita: «Mi sentivo una disadattata in una società che non considera lo sport – racconta – Mi allenavo quando gli altri andavano a divertirsi, ma la cosa più strana per la gente era che per me era il massimo del divertimento. Adesso l’università mi ha dato gli strumenti per fare della mia passione un lavoro».

 

[Foto di Seán Venn]

Agata Pasqualino

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