La pesca insacchettata di Leonforte, eccellenza di Sicilia «Da 10 anni non riusciamo a soddisfare tutte le richieste»

Nel cuore della Sicilia si coltiva un frutto, talmente particolare e ricercato, che la produzione del 2016 non basterà a soddisfare le richieste arrivate. E va avanti così da dieci anni. È la pesca di Leonforte, «gustosa, profumata e priva di composti chimici», nelle parole di Domenico Di Stefano, responsabile commerciale del Consorzio di Tutela. Ma soprattutto fatta maturare dentro i sacchetti. È questa la caratteristica che la rende subito riconoscibile, un metodo di produzione unico e originale. «La tecnica dell’insacchettamento – spiega Di Stefano – mantiene intatto tutto l’aroma e conferisce al frutto un particolare colore giallo e un sapore impareggiabile».

Agli albori di questa pratica rivoluzionaria due fattori essenziali: l’inesistenza di antiparassitari e l’ingegnosità di un agricoltore della zona. Circa 50 anni fa, per contrastare i danni che la mosca mediterranea procurava alla pesca, in mancanza di insetticidi a quei tempi sconosciuti, un coltivatore locale pensò di proteggere i frutti, avvolgendoli dentro sacchetti di carta pergamena. «Sfruttando questa tecnica – ammette il direttore commerciale – oggi riusciamo a dare al nostro consumatore un prodotto assolutamente sano e genuino, libero da ogni trattamento chimico nocivo per la salute della pianta e dell’uomo».

Ogni anno, tra maggio e giugno, i singoli frutti, ancora acerbi, vengono insacchettati manualmente. Durante la raccolta, che avviene dalla prima decade di settembre alla prima di novembre, i sacchetti vengono rimossi dall’albero e si scelgono le migliori che verranno destinate al commercio. «La pesca di Leonforte – dichiara – è un prodotto tipicamente autunnale, arriva sul mercato nel momento in cui le altre pesche, frutto estivo per eccellenza, non vengono più vendute». Il metodo dell’insacchettamento è particolarmente impegnativo e, di conseguenza, i costi di produzione sono elevati. «Attualmente, – dice – il prezzo al dettaglio varia da tre euro e 50 centesimi a sei euro al chilo».

Una produzione di nicchia che conta circa 400 tonnellate l’anno. «Per il decimo anno consecutivo, – confessa – non siamo riusciti a soddisfare le numerose domande che cercheremo di servire entro il 2018». Mercato in forte crescita, con le maggiori richieste fuori dalla Sicilia. «La maggior parte delle vendite – racconta – è destinata alla grande distribuzione alimentare nel resto d’Italia mentre al mercato regionale è assegnato solo il 10 per cento. Recentemente – continua – sebbene in forma sperimentale, abbiamo rifornito alcune catene in Germania e Dubai, ma ancora non possediamo quantità tali da provvedere ai mercati esteri e quindi continuiamo a lavorare per ampliare il nostro portafoglio clienti».

Sono una ventina le aziende agricole che aderiscono al Consorzio di Tutela della pesca di Leonforte, che si prefigge di incentivare e potenziare il prodotto che, nel 2010, ha conseguito il riconoscimento di identificazione protetta (IGP) . Il grosso della coltivazione parte da Leonforte ma, nel corso degli anni, per caratteristiche ambientali e atmosferiche simili, si coltiva pure in altri quattro comuni limitrofi: Assoro, Enna, Calascibetta e Agira. «Zone con terreni ricchi di sostante nutritive che attribuiscono alla pesca una particolare dolcezza per l’elevata presenza di fruttosio».

Alla domanda se possa essere un modello esportabile, Di Stefano risponde: «Non credo. Qualcuno ha provato ma con risultati pessimi. Servono delle condizione climatiche ideali che sono quelle dei territori dell’entroterra. Provare a fare l’insacchettamento con temperature più alte non dà buoni o uguali risultati». 

Concetta Purrazza

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