La Natività di Caravaggio non distrutta ma fatta a pezzi «C’è materiale per riaprire inchiesta in sede giudiziaria»

«Per gli elementi che abbiamo raccolto c’è materiale per riaprire un’inchiesta in sede giudiziaria e di chiedere la collaborazione delle autorità investigative degli altri Paesi. E speriamo di ritrovarne un pezzetto della Natività di Caravaggio per restituirla all’Italia e a Palermo». Sono queste le parole di Rosy Bindi, la presidente della commissione parlamentare antimafia oggi a Palermo all‘Oratorio di San Lorenzo dove è venuta per presentare i risultati dell’inchiesta sul furto della Natività del Caravaggio. Insieme a lei erano presenti il sindaco Leoluca Orlando, il giornalista Attilio Bolzoni e il vescovo Corrado Lorefice. Una copia del quadro è stata omaggiata alla città da parte di Sky e si trova al posto dell’originale nel piccolo Oratorio in via Immacolatella.

A Palermo nel 1969 fu trafugata l’importante opera d’arte proprio dall’oratorio di San Lorenzo, la Commissione Antimafia ha deciso di dedicare nel corso dei propri lavori una nuova e autonoma iniziativa di indagine per chiarire quali siano state le reali sorti del prezioso dipinto, capolavoro siciliano dell’artista lombardo, da sempre ritenuto oggetto di un furto di mafia. Il dipinto non è andato distrutto come si era pensato dopo avere ascoltato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia che sosteneva di averlo bruciato personalmente. 

«Abbiamo raccolto degli elementi e siamo arrivati alla conclusione che l’opera non è andata distrutta come si è creduto per molti anni, questo grazie alle dichiarazioni di Gaetano Grado, un collaboratore di giustizia che sono risultate attendibili – aggiunge Rosy Bindi – ancora una volta la mafia si è comportata come mafia, Tano Badalamenti di certo non capiva il valore artistico di quest’opera ma certamente ne ha intuito il valore economico. È venuto a conoscenza del furto ad opera di una banda di ladruncoli, intercetta in Svizzera un mercante che quando vede l’opera ne capisce immediatamente anche il valore artistico e ricompensa la mafia con una quantità enorme di denaro, molto cospicua a quanto sembra, e la fa a pezzi non si sa se in quattro o in sei o in otto». 

La Commissione ha deliberato la trasmissione di tutti gli atti di indagine compiuti alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo, competente per le indagini. «Le ricerche della Natività dovranno proseguire tenacemente – si legge nella relazione della Bindi, approvata in commissione nella seduta del 21 febbraio 2018 – con il sostegno di tutte le istituzioni attraverso una forte cooperazione giudiziaria e intergovernativa a livello internazionale, per arrivare auspicabilmente un giorno a ritrovarla e a restituirla, finalmente alla chiesa e alla città di Palermo, alla nazione italiana e all’intero mondo della cultura». 

«Con l’indagine condotta ha inteso fare della Natività di Palermo un simbolo della dicotomia tra Stato e mafia, – continua la relazione – metafora della lotta tra il bene e il male, che si combatte anche con il valore morale dell’arte e della cultura, e con la protezione del patrimonio storico artistico della nazione, la cui tutela rientra tra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica». 

Il giornalista Attilio Bolzoni ricorda gli anni del furto durante il suo intervento: «La scomparsa di questo importante dipinto fece eco solo dopo le stragi. Negli anni ’70, quando fu trafugata l’opera erano anni bui per questa città, tutto era sospeso, avvolto dal silenzio. Non esistevano bar con i tavolini fuori, lo dico spesso al sindaco, Palermo è la città italiana che negli ultimi anni ha fatto più passi in avanti delle altre. In quegli anni di sospensione fu Mauro De Mauro a dare notizia del furto, ma non si sconvolse nessuno. Molti anni dopo grazie ai collaboratori di giustizia si tornò a parlare di questo furto» conclude. 

Alessia Rotolo

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