L’estate in cui Frank Zappa provò a suonare a Palermo Il docu di Salvo Cuccia: «È stato qualcosa di speciale»

Direbbe Carlo Lucarelli: era il 1982, a Palermo un chilo di pane costava 850 lire, al governo della città c’era l’esponente della Democrazia Cristiana Nello Martellucci. Altri tempi, insomma. Che in questi giorni rivivono su Rai5 grazie a un film documentario che racconta uno degli episodi più leggendari del capoluogo siciliano: il concerto di Frank Zappa, alla Favorita, avvenuto il 4 luglio del 1982. A raccontarlo, in un film documentario intitolato Summer 82 When Zappa Came To Sicily è il regista Salvo Cuccia. Un concerto a cui non ha mai assistito ma che ha segnato la sua vita. 

Lo racconta lo stesso Cuccia nel suo lavoro, datato 2013, che periodicamente torna sugli schermi Rai. E che ha avuto un grandissimo successo: lo si trova su Amazon e Itunes, in dvd e bluray, mentre cinque anni fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia come evento speciale e fuori concorso. «Sì, ha fatto un po’ di giri» sorride il regista. Nel documentario Cuccia racconta ciò che ha significato per lui quel mitico concerto, interrotto dai disordini sugli spalti e dalla spropositata reazione della polizia, proprio nei giorni a ridosso della festa di santa Rosalia. Quel giorno di 36 anni fa un giovane siciliano di leva al nord si mette in viaggio per assistere all’ultima tappa del tour europeo del leggendario Frank Zappa, eclettica e amatissima rockstar di origini siciliane. Un viaggio indimenticabile, che si intreccia con la memoria del padre, e che culmina però in una grande delusione: il ragazzo non arriverà in tempo al concerto del suo idolo.

Nel suo lavoro di ricerca, che sfocia nella pubblicazione di immagini inedite di quell’episodio, Cuccia si fa aiutare da un preziosissimo Virgilio. È Massimo Bassoli, grande amico e biografo del musicista, che lo mette poi in contatto con la vedova Gail Zappa, e con i figli Moon, Diva e Dweezil – per chi si dovesse sorprendere degli strani nomi, è evidente che non ha mai avuto a che fare con l’universo Zappa. «L’incontro con Bassoli per me è stato fondamentale – conferma il regista – perché mi ha consentito di avere accesso alla parte più privata del musicista. Con Dweezil poi è nata un’amicizia, il figlio di Frank mi ha fornito ad esempio le musiche per il mio lavoro successivo, incentrato sulla comune hippie di Terrasini». Anche lo sbarco a Palermo del grande compositore statunitense diventa davvero succulento per chi si nutre di aneddoti e leggende. Come la composizione in loco del celebre pezzo Tengo ‘na minchia tanta, il cui autore è proprio Bassoli. Ma non solo nostalgia e passato. 

C’è un passaggio commovente del documentario in cui i figli Diva e Dweezil arrivano a Partinico, per trovare la casa dove hanno abitato i nonni e dove, fino all’età di tre anni, ha vissuto il padre. Quell’abitazione, logora e minuscola, fa dire a una commossa Moon che «è piccola come una scatola di scarpe». E da lì partì una delle centinaia di migliaia di emigrazioni, quando nella storia erano i siciliani quelli che abbandonavano la propria terra per approdare in terre dove erano etichettati come brutti, sporchi e cattivi. «C’è una bella riflessione di Dweezil sull’emigrazione – aggiunge Cuccia – che costringe chi parte a ricominciare in un altro luogo: tutto daccapo e sapendo che dovrai fare un’altra professione, magari molto più umile. Per Dweezil questo sì che è un atto eroico, per poi chiedersi se lui ne sarebbe in grado. Questo ci riporta a quello che accade oggi di continuo, con le migrazioni a cui assistiamo. Credo allora che il documentario in questo senso si conferma come uno stimolo per agire sulla realtà». 

Ne è prova la via intitolata a Frank Zappa, proprio quella che affaccia su quell’antica casa. Una scelta che l’allora amministrazione di Partinico prese proprio dopo l’arrivo di Moon e Dweezil, insieme a Bassoli e Cuccia. Potere della musica, potere del fascino di Frank Zappa. «Il documentario l’ho girato proprio per l’importanza estrema che per me ha la musica – spiega il regista -. Zappa per me è stato qualcosa di speciale perché è stato un operatore di metalinguaggi, ha lavorato su tutti i generi musicali, sorvolando e facendoli suoi e rimettendoli nei suoi dischi. Ha avuto da subito un impulso verso la composizione orchestrale e non solo quella prettamente rock, tanto che molte sue cose si dirigevano verso il mondo sinfonico. Molti conoscono il suo volto, che è diventato un’icona del ‘900, ma sono pochi a conoscere davvero la sua musica, che non va in una sola direzione, è un percorso di sperimentazione sia nella composizione che nelle parole». 

Un’influenza, quella del musicista statunitense, che continua a palesarsi anche nelle opere dello stesso Cuccia. «La lezione che ci ha dato Frank Zappa è che la musica, come la vita, è fatta di materiali contrastanti. Di cose diverse che spesso si intrecciano. Credo che ciò venga fuori anche nei miei lavori. Io per esempio provengo dalla video arte e dalla sperimentazione e faccio spesso improvvisazioni dal vivo. Ho appena finito un documentario, consegnato alla Rai, che si intitola La spartenza: è la storia di Tommaso Bordonaro, emigrato da Bolognetta negli Stati Uniti e che girò un film privato sul suo viaggio. E ho fatto un film, intitolato Lo scambio, che andrà a breve in tv, sempre sulla Rai». Superamento e miscelamento dei generi, eclettismo, studio della materia sino al limite del perfezionismo: la scuola Zappa continua a far proseliti. Si spera all’infinito.

*si ringrazia per le foto Zri Mario Conti, autore delle prime due foto, e di Massimo Bassoli,  autore dei successivi tre scatti

Andrea Turco

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