INTERVISTA A PIERFRANCESCO DILIBERTO (PIF) SUL SUO FILM DA GIOVEDI’ AL CINEMA
di Barbara Morana
Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, palermitano doc, autore e conduttore televisivo, regista e scrittore. Per anni inviato delle Iene e dal 2007 autore conduttore del seguitissimo programma televisivo Il Testimone, in onda tutti i mercoledì su MTV, questanno vincitore del Premio Flaiano come miglior conduttore televisivo 2013 e Premio Satira Politica Televisione 2013. Questo palermitano, adorato dai giovani con i quali riesce a comunicare e a interloquire grazie al suo stile diretto e senza fronzoli, ci conquista con la sua simpatia e la sua disponibilità. Pif è un uomo che è rimasto con i piedi per terra malgrado il successo, ci racconta la storia di Arturo protagonista del suo film, che alle prese con i suoi problemi di cuore (conquistare lamata Flora) ci fa rivivere la Palermo degli anni di piombo, città avvilita e in ginocchio osservata quasi distrattamente da un bambino troppo impegnato a vivere per preoccuparsi , se non tangenzialmente, della morte che lo circonda. Un inno alla vita in una città che puzza di morte, un viaggio a ritroso che ci fa rivedere come eravamo noi bambini di ieri, invitandoci probabilmente a riflettere sugli adulti che siamo diventati, che ci aiuta a spiegare ai nostri figli quanto siamo cresciuti come siciliani e quanto ancora ci sia da fare, una satira stridente che non lascia spazio a fatalismi o vittimismi di nessun tipo, con un sorriso Pif ci racconta la sua versione dei fatti che ad occhio e croce sono quelli che in molti abbiamo vissuto, sperando che il messaggio riesca a passare e come lui stesso ci dice in questa intervista che: il sorriso non offenda la tragedia, e ci offenda in qualche modo.
Pif con la solita schiettezza e perentorietà che lo contraddistingue ci parla del suo esordio alla regia con il film La mafia uccide solo destate che uscirà nelle sale il 28 Novembre:
Pif parlaci del tuo film la mafia uccide solo destate, il titolo prima di tutto, ammetterai che è un po strano?
Il titolo in realtà è nato per caso, io mandavo messaggi ad una mia amica e le ho raccontato che stavo scrivendo una sceneggiatura per prendere un po in giro i mafiosi e siccome lei doveva venire a Palermo voleva sapere se potevo farle da cicerone, io le ho detto che non sarei stato a Palermo, dopo questa frase mi ha detto ma allora non scendi a Palermo?, quindi le ho risposto: no tanto la mafia uccide solo destate, perché eravamo a Natale, insomma una cretinata. Poi uno dei miei produttori Mario Gianani lha sentita per caso e mi ha detto: abbiamo trovato il titolo del film. Poi infatti abbiamo inserito la frase in una scena allungata, perché era una di quelle scuse che i genitori davano ai bambini per tranquillizzarli quando a Palermo cera la guerra di mafia.
Il critico televisivo Aldo Grasso ha detto che tu fai televisione applicando una sorta di antropologia light: ovvero tratti tematiche drammatiche e impegnative con il sorriso sulle labbra. Quindi in questo film possiamo sperare di scoprire un nuovo modo, tutto pifiano potremmo dire, di descrivere la mafia?
Io non so come andrà questo film, ovviamente spero bene, mi sento di dire che sicuramente il modo in cui è trattato largomento è nuovo, nel senso che gli argomenti sono seri e lo stile è quello del Testimone, non è un documentario è un film però concepito con lo stesso approccio, quindi arrivi alla tragedia ridendo, però la risata non offende la tragedia, o almeno spero che nessuno si offenda.
Guardando il trailer alcune frasi fanno intuire un approccio quasi irriverente e banalizzante di descrivere fatti straordinari per la maggior parte delle persone che finiscono con diventare assolutamente ordinari per chi li vive quotidianamente?
Infatti ti confesso che io sono molto preoccupato, mi preoccuperò meno quando dovrò presentare il film al Nord, perché presentare il film a Palermo è presentarlo a gente che conosce la storia, che lha vissuta, cè molta più tensione. È una tragedia che quando io vado a Milano racconto come una mia tragedia, però quando la racconto in Sicilia, ovviamente, è la tragedia di tutti noi, io in più ho la responsabilità di avere assunto il ruolo di quello che racconta, per questo sono molto stressato.
Per noi siciliani la mafia è qualcosa che assumiamo. Che ne so i triestini hanno la bora e noi abbiamo la mafia?
Purtroppo e lo dissi in una puntata del Testimone, se togliamo la cosa più grave che ha fatto la mafia che è ovviamente lomicidio, quella appunto di avere ucciso delle persone, noi pagheremo per anni, per secoli forse uno dei crimini maggiori di Totò Riina, che è quello di aver condannato il nostro dialetto che per colpa sua non è più il nostro dialetto ma è il dialetto del mafioso. Infatti, quando in tutto il mondo devono far fare il mafioso a qualcuno, anche per scherzo, si parla in siciliano, e questo è un crimine.
Quale è il rapporto di Arturo con Andreotti e quale è il tuo rapporto con Andreotti?
Arturo ha il mito di Andreotti lo segue sempre, lo ama e crede a tutti i suoi consigli, lo interpella non solo per la politica ma anche per i consigli amorosi. Io con Andreotti, ovviamente essendo palermitano, ho il dente avvelenato, sono abbastanza incazzato, tutti sapevano che lui fosse colluso con la mafia, che Salvo Lima era il tramite tra Andreotti e la mafia. Poi cè stata la sentenza confermata in cassazione che diceva appunto che lui fino all80 era colluso. Ma non solo, nella sentenza del processo Andreotti cè scritto che lui parla con Stefano Bontade, che è un mafioso palermitano, e discute dellomicidio Mattarella, cioè il sette volte Presidente del Consiglio è sceso a Palermo per parlare dellomicidio di un Presidente della Regione tra laltro collega di partito, mi sembra che ci sia abbastanza per essere incazzati con questuomo.
Quindi il fatto di fare diventare Andreotti il mito di Arturo è come rassicurare il bambino sul fatto che siccome lo dice Andreotti , personaggio di spicco della vita politica italiana, è vero, conferendo una legittimità a quello che non lo è?
I bambini spesso ci imitano, ormai la nuova generazione la prima imitazione che fa delladulto è prendere il telecomando e far finta che sia un cellulare, se lo mette allorecchio ed incomincia ad emettere dei suoni come se facesse un discorso complicato, a me è capitato con mia nipote e ho notato che succede spesso con i bambini, loro ti guardano e ti imitano non hanno la malizia di capire le cose. È un meccanismo che funziona molto nel bambino che imita, ed è quello che fa Arturo nel film quando intervista Dalla Chiesa, ripete quello che afferma uno dei personaggi politici più importanti dello stato, che è Andreotti appunto.
Alla Leopolda Renziana a Firenze hai definito la mafia efficiente-competente e meritocratica affermando che per sconfiggerla bisognerebbe essere almeno altrettanto efficienti-competenti e meritocratici. Parole azzeccatissime secondo me per descrivere in tre parole il successo della mafia e il fallimento dello stato. Se tu dovessi dire altre tre parole al tuo pubblico siciliano e non, per sradicare la mentalità mafiosa dalla loro vita quotidiana quali sarebbero queste parole?
E difficile per scrivere quella cosa ci ho messo un pomeriggio intero, innanzitutto sicuramente non bisogna rassegnarsi, forse io faccio parte di una delle prime generazioni che non è più rassegnata come una volta, quindi non bisogna mai rassegnarsi al fatto che ci sia la mafia, e la situazione di oggi è migliorata rispetto a quella di ieri quindi non è vero che le cose non cambiano. Poi mi era venuta unaltra parola, beh lorgoglio, bisogna essere orgogliosi ma lorgoglio deve avere una base, lorgoglio senza fondamenta, senza una base solida è non solo inutile ma anche controproducente. Io invece sono orgoglioso di essere palermitano, ma sono orgoglioso perché sono il concittadino di Rocco Chinnici, di una persona che voleva veramente cambiare le cose e non si rassegnava. Però lorgoglio, tipo quello della gente del Nord quando dice qui la mafia non esiste è inutile, a forza di essere così orgogliosi la ndrangheta si sta mangiando Milano, la terza parola
non mi viene
ci sarà ma ci starei troppo a trovarla.
Per concludere ti faccio una domanda alla Pif: la scelta della Capotondi come protagonista femminile del tuo film (Flora per intenderci) è dovuta al fatto che anche tu, un po come Arturo, nella vita reale avevi sempre avuto voglia di baciarla?
Mah è unidea, perché sai quando fai cinema lavori come attore, hai la possibilità di pomiciare con attrici e la tua fidanzata non può dire niente, questa è la cosa bellissima. No in realtà ero così preoccupato di circondarmi di gente giusta che non ci ho pensato, dopo in realtà ci ho pure pensato, nel senso che oggi penso che se avessi preso unaltra attrice avrei potuto pomiciare con lei, non sarebbe stato male. Comunque scherzi a parte, ero così preso dalla preparazione del film che il resto è passato in secondo piano, di fatto ho avuto la conferma che quando prepari un film comanda la sceneggiatura, per altro ho avuto la fortuna di avere una produzione che mi ha lasciato libero, nessuno mi ha detto prendi questattrice, prendi questaltra, per un po avevo pensato di prendere unattrice palermitana sconosciuta, poi invece per una serie di cose la scelta è caduta sulla Capotondi. Devo dire che mi è andata bene, non solo per la pomiciata che comunque fa sempre piacere, ma soprattutto perché è unattrice di una bravura straordinaria, ho imparato più io da lei che il contrario, infatti devo dire che malgrado la mancanza di tempo, malgrado la velocità di certe scene, lei se ne è sempre uscita con dei ciak perfetti, e grazie a lei e agli altri sono riuscito a portare a casa il film.
Pif di ai nostri lettori una ragione per andare a vedere questo film?
Questa è una domanda a cui non so rispondere degnamente, rivolgendomi ai palermitani direi che io questo film lho vissuto come andare dallanalista, prendere le fotografie dellinfanzia e delladolescenza e guardarle con un po più di oggettività, con un po di distacco, questo vale chiaramente per le persone che hanno dai quaranta in sù. Per chi non cera in quel periodo diciamo: guardate cosa era Palermo in quegli anni. Un motivo in più per capire come era la città una volta, raccontata da un palermitano che in qualche modo cera!.
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