La mafia ad Aidone, i tentativi di riorganizzazione «I canali preferenziali» al Comune e le estorsioni

Avrebbero provato a riorganizzare il clan di Cosa Nostra ad Aidone, sotto l’ala protettrice di Salvatore Seminara, boss del Calatino che estende la sua influenza sull’Ennese e che per anni è stato referente del clan La Rocca di Caltagirone. Con l’accusa di associazione mafiosa sono stati arrestati Isidoro Di Pino, 66enne pregiudicato che avrebbe assunto il ruolo di responsabile nel territorio di Aidone; l’operaio forestale Giuseppe Miccichè, e il pregiudicato 47enne Filippo Scivoli, detto contrabbuffo. Per quest’ultimo è scattata anche l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso, perché avrebbe tentato di imporre il pizzo a un imprenditore edile della zona, distruggendogli, di fronte alle resistenze dell’uomo, un mezzo meccanico. Sarebbe stato lo stesso Scivoli, inoltre, ad avere «canali preferenziali» all’interno del Comune di Aidone, grazie ai quali sarebbe riuscito a ottenere lavori e autorizzazioni, anche nell’ambito dei rifiuti. Al momento, però, non risultano indagati né dipendenti né amministratori.

La polizia di Stato, coordinata dalla Direzione distrettuale di Caltanissetta, ha eseguito i tre arresti nella mattinata di oggi, nell’ambito dell’operazione denominata Ottagono, dal nome del barchiosco che Scivoli avrebbe di fatto gestito ad Aidone. A Di Pino viene contestata la partecipazione a Cosa Nostra di Enna in un periodo più ampio, che va dal giugno 2009 a oggi. Sono i pentiti Leonardo Messina e Paolo Severino, nell’ambito dell’operazione Leopardo dei primi anni ’90, a parlare per primi di Di Pino come un uomo di Cosa Nostra. Accuse per le quali viene arrestato, condannato in due gradi di giudizio, ma alla fine assolto. Ma le porte del carcere si spalancano nuovamente a causa dell’operazione Old One, nel 2009, quando Di Pino viene arrestato e dopo condannato definitivamente per associazione mafiosa. Insieme a lui è coinvolto anche Salvatore Seminara, ritenuto il referente di Di Pino.

Il ruolo dell’imprenditore Scivoli all’interno dell’organizzazione sarebbe invece maturato a partire dal 2014. Quando cioè Di Pino esce dal carcere, così come, per breve tempo, anche Seminara. Nel tentativo di riordinare il clan, il mafioso contatta Scivoli, che nel passato era stato coinvolto in alcune vicende in Nord Italia che lo avevano portato a essere vittima di un tentato omicidio. Un binomio che gli investigatori fotografano così: «Il soggetto mafioso emergente (Scivoli ndr) che si affianca allo storico esponente di Cosa Nostra, Di Pino, per il controllo del territorio». È proprio Scivoli, stando a quanto ricostruito dalle indagini, ad avvicinare un imprenditore edile che svolgeva lavori ad Aidone e in altri paesi limitrofi per chiedere una messa a posto, soldi a favore dei detenuti, trovando però l’opposizione dell’uomo a cui, quindi, sarebbe stato bruciato un mezzo del valore di diverse decine di migliaia di euro. 

Ma non solo. L’influenza di Scivoli si sarebbe estesa anche all’interno del municipio di Aidone. Scivoli, che non risulta titolare direttamente di alcuna impresa, sarebbe però riuscito a lavorare con i suoi mezzi in vari ambiti pubblici: dalla raccolta dei rifiuti, in particolare a seguito di interventi in emergenza, al taglio degli alberi. Inoltre avrebbe avuto «canali preferenziali» per ottenere le autorizzazioni necessarie a organizzare, a nome del chiosco bar Ottagono, intrattenimenti ed eventi.

Ai due si sarebbe affiancato un terzo soggetto, Giuseppe Miccichè, operaio forestale. «Da una serie di vere e proprie confessioni – precisano gli investigatori – captate dall’attività di intercettazione, nel corso della quali lo stesso rivelava il suo ruolo nell’organizzazione ed esponeva dinamiche interne alla stessa, che avevano riscontro nelle sue attuali frequentazioni, nella sua partecipazione fisica ad incontri tra appartenenti mafiosi e nella sua partecipazione emotiva alle vicende giudiziarie dei suoi consociati».

Il gruppetto sarebbe stato legato anche al clan di Raddusa, della quale facevano parte i fratelli Rino e Giuseppe Simonte, controllato da Salvatore Seminara. I tre avrebbero tratto forza proprio dalla stretta vicinanza con quest’ultimo, detto Zu Turi, pastore e vecchio padrino che per un periodo avrebbe tenuto le redini della famiglia di Cosa Nostra di Caltagirone. Almeno fino alla scarcerazione di un altro pezzo da novanta, Alfonso Fiammetta. Lo scontro per l’egemonia tra i due, che vede protagonista anche il clan Santapaola di Catania, ha portato a un passo da una guerra di mafia che gli investigatori hanno scongiurato grazie ai 28 arresti dell’operazione Kronos, nell’aprile del 2016. Circa un anno dopo, nel giugno del 2017, Seminara è stato colpito da un nuovo ordine di custodia cautelare nell’operazione Good Fellas sulla mafia di Leonforte e Agira. 

Salvo Catalano

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