Nessuna imposizione di contenuti, ma solo suggerimenti per i docenti e una lista di autori da poter trattare: consistono in questo le Indicazioni nazionali per i licei, che nella scuola dell’autonomia, in base alla legge numero 59 del 1997, sostituiscono i vecchi programmi ministeriali. Ma per la deputata del Movimento Cinque Stelle Maria Marzana, che ad agosto ha presentato una risoluzione parlamentare per integrarle con nomi meridionali, il documento è colpevole di rimuovere gli scrittori del Sud dalla letteratura del Novecento; e anche pericoloso, perché «sebbene non prescrittivo», indurrebbe gli editori a mettere in commercio manuali per il quinto anno senza Quasimodo, senza Sciascia o Vittorini.
«Non abbiamo condotto uno studio sui testi attualmente in circolazione, – dichiara – ma ci siamo attenuti alle segnalazioni di associazioni e docenti, e ipotizziamo che la tendenza sia già in atto». La risoluzione, fa sapere Marzana, è stata «bollata come rivendicazione localistica», ma «dopo l’offesa» è ancora in discussione alla Camera. E per uscire dall’impasse, la Commissione cultura scienza e istruzione – tuttora presieduta da Giancarlo Galan, agli arresti dopo l’inchiesta Mose – potrebbe accogliere la nuova «proposta di rivedere il regolamento eliminando ogni elenco»: cancellare tutti i nomi degli scrittori, dunque, invece che integrarne di nuovi. Una soluzione che, oltre a non offendere nessuno, potrebbe sancire il definitivo passaggio dal programma dettagliato al curricolo totalmente libero.
L’accusa di localismo, però, non è andata giù neanche a Giuseppe Ricchi, consulente legislativo della deputata e rappresentante dell’associazioneI Netini di Roma, che ha deciso di organizzare il convegno La Sicilia come metafora. Due secoli di letteratura nazionale, tenutosi al Monastero dei Benedettini di Catania il 13 febbraio.
Il dibattito sulle Indicazioni nazionali è diventato, quindi, un pretesto per ribadire il respiro universale della produzione siciliana novecentesca e per parlare di un più generale «disegno per dequalificare la scuola meridionale»: in questo senso è andato l’intervento dell’autore di Terroni Pino Aprile, per il quale non citare «Vittorini, arbitro della cultura italiana del Novecento», sarebbe la metafora del Ministero per dire che «l’industria culturale italiana deve essere settentrionale».
Il Novecento secolo incriminato delle Indicazioni nazionali, quindi, ma in cui, come ha ricordato Antonio Di Grado, la Sicilia dona alla letteratura nazionale scrittori che «non cedono a retoriche vittimistiche, ma alla necessità di elaborare antimiti da opporre ai miti del potere».
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