In Italia le tangenti costano 60 miliardi di euro l’anno

SECONDO AUTOREVOLI STUDI, IL NOSTRO PAESE E’ TRA I PRIMI IN EUROPA PER CORRUZIONE

A pensare che il Governo Letta rischia la sua fine perché non trova 2-3 miliardi di euro per coprire il rateo del saldo relativo all’Imu per 60 milioni di italiani sembra un barzelletta. Basti pensare, infatti, alla stima della corruzione che, secondo la Corte dei Conti, ammonterebbe a ben 60 miliardi di euro. Una cifra impressionante che dà la misura della dimensione del fenomeno criminale nel nostro Paese.

Non è un caso che Papa Francesco, al secolo Jorghe Mario Bergoglio, abbia deciso di dedicare all’argomento un suo intervento, che segue un suo scritto già ai tempi in cui era vescovo a Buenos Aires: il libro dal titolo “Guarire dalla corruzione” edito da Emi-Edizioni missionarie italiane. La sintesi dello scritto papale può essere compendiata in un paio di slogan: “Il peccato si perdona, la corruzione non può essere perdonata” e “La corruzione puzza. Odora di putrefazione”.

I suoi critici definiscono le sue predicazioni ‘Moralismo alla Don Luigi Ciotti’. Infatti, il prete piemontese – che si batte contro tutte le mafie e che ha dato vita alla associazione ‘Libera’, la quale in tutta Italia ha promosso cooperative di lavoro per l’uso produttivo dei beni confiscati alla criminalità organizzata, creando numerosi posti di lavoro e prodotti alimentari di alta qualità – ha definito la corruzione “il più grave del peccato, perché è un peccato sociale. Un male che si esercita non solo contro l’altro, ma attraverso gli altri. Il corruttore ha sempre bisogno di un corrotto”.

Queste ed altre informazioni ricaviamo da Basta casta, un sito on line abbastanza documentato in materia. Da esso ricaviamo un significativo pronunciamento del procuratore generale della Corte dei Conti, Furio Angelucci, secondo il quale “in tempi di crisi, come l’attuale, la corruzione fa temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese. Essa costituisce una vera e propria tassa immorale e occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini”. Ed il suo successore, Salvatore Nottole, aggiunge: “Le bustarelle fanno impennare del 40 per cento il costo delle grandi opere”.

La Cgia, Confederazione degli artigiani, di Mestre, da parte sua, afferma che ”sui lavori del programma 2013-2014 delle infrastrutture, predisposto dal Governo Monti, le tangenti inciderebbero per 93 miliardi euro sui 234 (in realtà 233,9 mld di euro) complessivi previsti. Poco meno di sei punti di Pil, che gravano su ogni cittadino per 1.543 euro.

Uno studio di Confindustria del 2012 ha accertato che gli investimenti stranieri in Italia si sono quasi dimezzati, passando, nel periodo 2007-2011, dal 2 all’1,2 per cento e del totale di questi al Mezzogiorno ne sono arrivati appena il 5,3 per cento, così suddivisi: in Campania l’1%, in Puglia lo 0,8%, in Sardegna lo 0,6%, in Sicilia lo 04%, in Calabria lo 0,2% e in Basilicata appena lo 0,1 per cento.

La tendenza a dilagare della corruzione nel nostro Paese è stata classificata da Transparency, l’organismo internazionale che misura la percezione di questo fenomeno: nel 1995 eravamo al 33° posto tra i Paesi virtuosi, nel 2005 siamo passati al 40°, nel 2008 eravamo già al 63° e, infine, nel 2012 avevamo raggiunto il 72°, sotto Bosnia e Ghana.

Ancora un dato fornito da Quality of Government Institute nel quale, secondo una ricerca effettuata nel 2010, le nostre regioni, tra le 172 regioni europee, sono considerate tra le più corrotte.

Com’è di grande evidenza, l’Italia ed, in particolare il Meridione, nelle valutazioni degli osservatori internazionali non ne escono per niente bene.

Una curiosità meritevole di attenzione la fornisce Eurometer 2011. Una loro inchiesta condotta nel 2010 ha accertato che 12 italiani su cento avevano ricevuto “almeno una richiesta, più o meno velata” di denaro. Questo dato attesta che almeno 15 milioni di italiani sono soggetti di pratiche corruttive: 7 milioni e mezzo che avanzano richieste e presumibilmente altrettanti che sono obbligati a soggiacervi.

La grande diffusione del fenomeno ha inciso anche sul ‘comune sentire’ tanto che si è accertato che sul versante della repressione e della condanna giudiziaria si è verificato il fenomeno inverso. Ciò anche per effetto delle modalità perfezionate dai protagonisti di queste pratiche, i quali si sono fatti maestri di nuovi metodi che ne determinano la quasi impunibilità.

Secondo uno studio di Piercamillo Davigo e Grazia Mannozzi, si dimostra che anche i pochissimi che sono stati condannati per corruzione al 98 per cento se la sono cavata con pene di durata inferiore ai due anni di carcere e, pertanto, condonati. Negli Stati Uniti si sono verificati alcuni casi di corruzione che hanno insegnato come in quel Paese chi sbaglia paga e paga severamente. Si ricordano, a questo proposito, tre casi recenti. Il primo è quello dell’eroe dell’aviazione americana, il deputao californiano Randy “Duke” Cunnigham, otto anni; il secondo, il governatore dell’Illinois, George Ryan, candidato al Nobel per la Pace per le sue battaglie contro la pena di morte, 6 anni e mezzo; il terzo è Rod Blagojevich, successore di Ryan in Illinois, il quale cercò di vendere il posto di senatore di quello Stato, lasciato vacante da Barack Obama a seguito della sua elezione a presidente degli Usa, 14 anni e, se terrà una buona condotta, potrà uscire nel 2024.

Conclusione. Chiunque avesse avuto la voglia e la pazienza di fare la scorpacciata di cifre appena elencate non potrebbe non porsi una domanda: può ritenersi civile un Paese dove la corruzione raggiunge le quote di presenza sociale testé documentate?

E pensare che dal prossimo anno l’Italia è chiamata ad effettuare tagli di spesa dell’ordine di 50 miliardi di euro per riportare a dimensione accettabile, fisiologica, il debito pubblico. Questi costi li pagheremo tutti noi con sacrificio, mentre i corrotti continueranno allegramente a ‘fottersi’ e spartirsi 60 miliardi di bustarelle.

 

Riccardo Gueci

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