«L’hai messa nella pellicola? Mettila in bocca». Una raccomandazione che per gli inquirenti non avrebbe nemmeno bisogno di interpretazioni. Il 3 ottobre 2022 mentre si trovava dietro le sbarre nel carcere di Caltagirone, in provincia di Catania, Antonino Montagno Bozzone compone il numero di telefono della compagna Giada Aimone. Nelle sue parole vi sarebbero state delle precise indicazioni per introdurre delle schede sim in prigione, durante un colloquio che si sarebbe svolto da lì a breve. L’uomo, accusato di essere uno dei referenti del clan mafioso Nardo tra Melilli e Villasmundo, possiede un cellulare nonostante si trovi in galera e a quanto pare avrebbe avuto un continuo bisogno di schede, spesso intestate a ignari cittadini nati in Bangladesh. Un particolare contenuto nelle carte dell’ordinanza di custodia cautelare del blitz Asmundo, che ha fatto scattare anche gli arresti domiciliari per Pippo Sorbello, ex assessore regionale e candidato sindaco sconfitto alle ultime elezioni amministrative a Melilli, in provincia di Siracusa. Insieme al politico, accusato di avere comprato voti dalla mafia locale, sono finiti nei guai Giuseppe e Antonino Motagno Bozzone, padre e figlio. Il primo, per i magistrati, avrebbe fatto anche campagna elettorale per il politico in cambio dell’impegno per fare ottenere la scarcerazione anticipata del figlio. Quest’ultimo non sarebbe rimasto a guardare nemmeno dietro le sbarre.
Montagno Bozzone avrebbe utilizzato il cellulare per effettuare e ricevere telefonate e gestire affari ma anche per occuparsi di politica. Discuteva con il padre, la mamma, oltre alla compagna finita pure lei indagata. Dal carcere, per esempio, avrebbe chiesto al padre di intervenire nei confronti di coloro che criticavano Pippo Sorbello. Uno dei casi riportati nell’ordinanza è quella di un cittadino che aveva espresso il proprio dissenso tramite Facebook nei confronti del candidato a sindaco. Post critici mal digeriti dal detenuto. «Se non ci manni a qualcuno – diceva al padre durante un colloquio in carcere – cia dire direttamente “mi disse mio figlio non parrari e non mettiri nenti mancu ne telefona“» (Non parlare e non mettere niente sui social, ndr). L’argomento tornava d’attualità l’indomani, questa volta durante una conversazione telefonica, sempre tra padre e figlio. A parlare è il secondo: «Oggi chiamai a chiddru drà – spiegava – e ci dissi “appena sacciu ca pubblichi ta scannu“». (Oggi ho chiamato a quello e gli ho detto “appena so che pubblichi ti ammazzo”, ndr).
Il vero cruccio di Antonino Montagno Bozzone erano però le schede sim, meglio se «irrintracciabili». Durante una chiacchierata telefonica, sempre dal carcere, con un uomo non identificato, Montagno Bozzone chiede ragguagli al suo interlocutore su una presunta fornitura da organizzare: «Ce l’hai dove prendere un paio di schede? Quelle in quel modo…». L’uomo replicava: «anche io le sto cercando, ci sono queste qua che ormai sono irrintracciabili… oppure quelle proprio che non sono intestate per niente». A questo punto è lo stesso detenuto a indicare la strada migliore per recuperare le sim. «Io ce l’ho dove andarle a prendere. Me le vai a prendere tu? A Catania, dove fanno la fiera ‘o luni, lì c’è un mio amico. Io ne vado a prendere una decina per me». A questo punto sarebbe stato l’interlocutore di Montagno Bozzone a chiedere la cortesia di prendere qualche sim in più: «vedi di farne prendere di più che servono qua fuori anche a noi».
Oltre alle sim da comprare fuori dal carcere Montagno Bozzone avrebbe chiesto delle ricariche telefoniche. «Mi devi fare una ricarica da 15 euro – domandava alla madre dopo avere telefonato al numero della sorella – in questa scheda Vodafone, in questo numero», spiegava. Ma come entravano le sim in carcere? Il traffico di dispositivi nei penitenziari non è una novità e spesso ha a che fare con la complicità dei parenti dei detenuti. Ci sono poi i casi di corruzione che riguardano agenti penitenziari, educatori e altre figure che operano negli istituti. Dall’esterno sono anche diversi i tentativi di consegna tramite dei droni. I micro cellulari – grandi solo cinque centimetri – vengono nascosti pure in mezzo al cibo o nelle suole delle scarpe. Ancora più complicato intercettare il traffico delle sim durante i controlli. «L’hai messa la pellicola? Mettila in bocca», si raccomandava Montagno Bozzone con la compagna. La donna però, secondo la ricostruzione dei magistrati, avrebbe avuto ben chiaro il metodo anche perché, rispondeva, «che è la prima volta?».
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