Il momentaccio della giunta Orlando tra pioggia e cimiteri Mozioni di sfiducia, petizioni, addii eccellenti e lotte interne

Difficile la vita del sindaco di una città come Palermo, ancora più difficile se ti chiami Leoluca Orlando, il primo cittadino dei record, quanto meno di permanenza alla guida di Palazzo delle Aquile, la persona più riconoscibile e riconosciuta della politica palermitana e per questo anche il parafulmine per ogni invettiva e il responsabile designato dalla cittadinanza di qualsiasi avvenimento. Questo inizio della seconda metà del 2020, che già si è ampiamente dimostrato anno funesto sotto molti punti di vista pressoché per tutti, non sta tuttavia portando particolarmente bene al sindaco, che oltre alle grane cittadine si ritrova a dovere affrontare più di un problema politico non da poco. 

Palermo, è vero, è uscita piuttosto bene dalla lotta al Coronavirus: numeri contenuti, riflessi pronti da parte della macchina organizzativa, capacità di agire con efficacia e velocità sulle criticità assolutamente inedite che si andavano via via presentando. Poi però è arrivata la fase tre, il liberi tutti e con lui anche i primi problemi. Il devastante nubifragio di Santa Rosalia è stata sotto diversi punti di vista la goccia che ha fatto traboccare il vaso, colpendo uno dei nervi più scoperti di questa amministrazione. E poco importa se davvero la responsabilità è da imputare agli anni di inutile commissariamento di emergenze di questo tipo assegnata alla Regione, è evidente che all’interno del Comune qualche tavola comincia a scricchiolare. Anche perché, se ci fossero state le tanto annunciate (a vuoto) vittime, non si sarebbe potuto non parlare di disastro annunciato. 

La mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni, dalla Lega a Forza Italia, passando per il Movimento 5 Stelle, Fratelli D’Italia, Oso, Coraggiosi, +Europa, Udc e Diventerà Bellissima, non fa neanche più notizia, anche se pare essere più seguita delle altre. La precedente è datata marzo 2020 e prima ancora parecchie altre si erano susseguite. Non fa neanche troppo scalpore la petizione che gira online per chiedere le dimissioni del sindaco, un’iniziativa «assolutamente trasversale ad ogni schieramento politico e spinta dall’Amore per Palermo di alcuni Cittadini» dicono i promotori, che nel giro delle prime ventiquattro ore l’obiettivo dei cento cittadini sottoscrittori del documento è stato raggiunto senza grossa fatica. Orlando però è il politico con la maggiore esperienza sulla piazza e sa bene come schivare le frecce avvelenate che gli arrivano contro da parte degli oppositori. Più insidiose, invece, quelle che arrivano dall’interno. 

La perdita in pochi giorni di due assessori dice molto sul momento di difficoltà che l’amministrazione sta affrontando. Prima a lasciare è Adham Darawsha, assessore alle Culture, nome saltato fuori proprio in quota Orlando, ma che non dispiaceva a Pd e Sinistra Comune, che si è dimesso alla vigilia di un Festino in sordina causa Covid, pare, per incomprensioni all’interno della Giunta. Poi Roberto D’Agostino, che da assessore ai cimiteri ha pagato per tutti l’emergenza al cimitero dei Rotoli e che si è preso pure le frecciatine da parte di Orlando poco dopo avere chiuso la porta alle sue spalle. La dipartita di D’Agostino, di cui si ricordano i salti mortali per fare quadrare i bilanci, fa affiorare tuttavia una serie di problematiche tutte interne alla maggioranza orlandiana, con Italia Viva che perde in questo modo il suo unico assessore e che certo farà sentire il suo peso in Consiglio. Consiglio dove altre parti della maggioranza, per tradizione fedelissimi del Professore, stanno iniziando a vacillare.

Il caso più emblematico è quello di Paolo Caracausi, lunga militanza tra le fila degli orlandiani, eletto in una delle liste direttamente collegate al sindaco, che è stato capace di scatenare un vero e proprio caso. «Le dimissioni dell’assessore alle Culture prima e quelle dell’assessore al Bilancio dopo sommate alle tante emergenze, cimiteri, allagamenti, rifiuti, infrastrutture, ecc. ritengo debbano far riflettere il sindaco che questa squadra di governo da lui scelta non è all’altezza di affrontarli e risolverli – tuona Caracausi –  Ritengo sia arrivato il momento di azzerare tutto e ripartire per il bene della città e se vuole concludere gloriosamente la sua esperienza di Sindaco di questa città. Alcuni assessori dimostrano di non essere all’altezza del ruolo come anche alcuni rappresentanti delle società partecipate. E allora o l’una o l’altra o si cambia o chi fino ad oggi lo ha sostenuto e difeso sarà costretto a schierarsi con le opposizioni e votare una mozione di sfiducia che significa la fine di questa esperienza politica. Ritengo che ci siano tutti i presupposti affinché il cambiamento messo in atto dal 2012 possa essere completato ma con uomini e donne nuove motivate che non guardano al proprio tornaconto. Le forze politiche di centro sinistra che sostengono l’amministrazione devono fare la loro parte proponendo soluzioni adeguate per la Palermo del futuro».

Un attacco, certo, una provocazione, che però è riuscita a colpire nel segno, vista la minaccia di querela subito paventata da palazzo delle Aquile, con una nota a firma di tutta la giunta che intimava: «Apprendiamo di alcune dichiarazioni del consigliere Caracausi che parlerebbe di “tornaconto personale” dei componenti della Giunta. È un’affermazione gravissima che il Consigliere deve immediatamente chiarire in modo inequivocabile. In assenza di tale chiarimento non potremo che querelarlo perché risponda in ogni sede delle sue inaccettabili offese che travalicano ampiamente il diritto di critica politica». «Nessun dubbio su integrità morale degli assessori – controbatte allora Caracausi – Nessuno ha mai messo in dubbio l’onorabilità e l’integrità morale degli assessori comunali, riconosciuta da tutti, me compreso. La parola ‘tornaconto’ non era quindi da intendersi riferita a presunti interessi personali, ma al fatto che quasi tutti gli assessori non sono espressione dei partiti e quindi non rispondono agli elettori del loro operato. Un’incomprensione di cui mi scuso, si trattava di valutazioni politiche e non personali». 

In pratica un’altra crisi interna malcelata, che stavolta, per il momento storico che sta attraversando il Comune, rischia di non essere poi così indolore, con una mozione di sfiducia sul tavolo, membri interni alla maggioranza visibilmente insoddisfatti e un’opposizione guidata da un Igor Gelarda che nei giorni passati poco le ha mandate a dire: «Non possiamo tollerare un solo giorno in più questa amministrazione Orlando – dice il capogruppo della Lega in Consiglio – Un sindaco che si è ridotto ad essere l’ambasciatore dei palermitani nel mondo e che parla di una accoglienza che non esiste neanche per i propri cittadini, non è degno di amministrare questa città». Per non dimenticare di Italia Viva, ancora in cerca di un ruolo e non vuole accontentarsi delle briciole. E il 2022 è ormai a un passo.

Gabriele Ruggieri

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