Il mandato della direzione al segretario: allargare il Pd Le difficoltà di unire in matrimonio i nemici di una vita

«Nella nostra stanza abbiamo Enrico Berlinguer e Che Guevara, mi auguro che si sentano a loro agio nella nuova casa». Prova a metterla sull’ironia Niccolò Notarbartolo, consigliere comunale del Pd a Catania, ma non sarà semplice per i sette colleghi di Articolo 4 a Palazzo degli elefanti sentirsi a proprio agio, visto il percorso politico distante da quei punti di riferimento che campeggiano sulle pareti del gruppo consiliare del Pd: tre ex Pdl, altrettanti ex autonomisti, molti con un recente passato a sostegno del precedente sindaco Raffaele Stancanelli. Ma il capoluogo etneo non è l’unica realtà siciliana dove il matrimonio tra Pd e Articolo 4 sarà difficile o, in alcuni casi, forse impossibile da digerire. Da Gela a Motta Sant’Anastasia a dover indossare la stessa casacca saranno i nemici di una vita. 

Paradossi figli del mandato affidato ieri dalla direzione regionale del Pd al suo segretario Fausto Raciti: allargare il Partito democratico siciliano. Una decisione che arriva a seguito della «disponibilità» di Articolo 4, la formazione guidata dai deputati regionali Luca Sammartino e Valeria Sudano, a entrare nella famiglia dei democratici. Che potrebbe diventare sempre più grande, visto che l’obiettivo che emerge dalla riunione di ieri a Palermo è abbandonare un sistema di soggetti federati per passare a «un’idea diversa». In questa nuova versione di partito di massa potrebbero rientrare anche il Megafono, Sicilia Democratica e i Drs, tutti movimenti che al momento appoggiano il governo di Rosario Crocetta

«La disponibilità di Articolo 4 cambia il quadro – ha affermato il segretario Raciti – pone la questione di quale modello il Pd vuole adottare per gestire questo percorso dal momento che al Partito Democratico guardano una serie di forze politiche. Finora abbiamo avuto un modello di partito al quale facevano riferimento soggetti politici satellite: la nostra bussola deve essere lavorare a un irrobustimento, passando da un sistema di soggetti federati a un’idea diversa». Svolta benedetta da Davide Faraone, sottosegretario e ambasciatore in Sicilia del premier Matteo Renzi. In direzione regionale Faraone ha ricordato come questo allargamento parta da Roma, con l’adesione di Scelta Civica in Parlamento e future nuove annessioni provenienti dalle file di Sel e ex Cinque Stelle. D’altronde anche la nuova legge elettorale che pone il premio di maggioranza al partito che raggiunge il 40 per cento dei voti rappresenta un segnale chiaro. 

All’Ars il matrimonio tra Pd e quello di Articolo 4 si farà dunque. Il regolamento non pone ostacoli, come ha spiegato a MeridioNews il segretario della provincia di Catania Enzo Napoli. La direzione ha anche parlato delle prossime elezioni amministrative. «Il riferimento resta la coalizione messa in piedi per le regionali – ha spiegato Raciti – laddove ci saranno sindaci uscenti, valuteremo. Laddove invece non ci sarà un accordo faremo le primarie».

Ma quello che dalle parole del segretario potrebbe sembrare lineare, pone numerosi dubbi quando si va a parlare degli enti locali. Raciti ha tenuto a precisare che non ci saranno effetti a cascata nei Comuni. Ma il traguardo, magari con tempi più lunghi, resta un unico grande partito. Perché i vertici democratici non vogliono ripetere l’esperienza del Megafono, si vuole evitare quel binomio che ha portato a doppie tessere e roccaforti di potere esterne al Pd. E allora da ieri è iniziata ufficialmente quella che un deputato del Pd ha definito «la transumanza». In alcuni casi particolarmente problematica. Viste le resistenze su entrambi i fronti. 

«Noi rimaniamo sulle nostre posizioni, la trinità Crocetta, Raciti e Lumia se ne faccia una ragione». Peppe Di Dio, consigliere comunale di Articolo 4 a Gela e candidato sindaco alle prossime elezioni amministrative di maggio, di confluire nel Pd non ci pensa affatto. «Ognuno di noi matura percorsi diversi nella propria vita, non si può fare il copia incolla su certe scelte. Quindi plaudo all’iniziativa di Sammartino all’Ars, ma nei Comuni è un’altra cosa. Fasulo (sindaco di Gela del Pd ndr) è anche mio compare, è il padrino di mio figlio, ma la politica è un’altra cosa. Articolo 4 non si scioglie». 

Sarà complicato il percorso di avvicinamento anche per i consiglieri comunali di Catania. Dopo una riuscita campagna di adesioni a Palazzo degli elefanti sono in sette nel gruppo Articolo 4. Alcuni – come Giuseppe Musumeci Beatrice Viscuso – sono stati consiglieri di circoscrizione con il Popolo delle Libertà; altri – come il capogruppo Nuccio Lombardo, Rosario Gelsomino e Ludovico Balsamo convinti autonomisti con il Mpa di Raffaele Lombardo; altri ancora – è il caso di Giovanni Marletta e Antonino Manara – alle ultime amministrative del 2013 sono stati eletti nella coalizione che sosteneva Raffaele Stancanelli prima di confluire nel partito di Sammartino. Forse, un ulteriore passo a sinistra potrebbe risultare indigesto.

A Motta Sant’Anastasia – centro del Catanese dove ha sede la discarica Tiritì-Valanghe d’inverno, al centro dell’inchiesta Terra Mia e di un sequestro per le vicende che riguardano i proprietari, la famiglia Proto – si tratterebbe di far convivere chi finora si è fatto la guerra. Anastasio Carrà, attuale sindaco proprio in quota Articolo 4, la scorsa primavera ha battuto il candidato del Pd Daniele Capuana, mantenendosi su posizioni di apertura sulla presenza dell’impianto. A differenza del rivale sconfitto. 

«Sarà una fase difficile da gestire – spiega Tania Spitaleri, consigliera Pd a Giarre (dove Articolo 4 tiene sotto scacco l’amministrazione ndr) e membro della direzione regionale – I nodi sul territorio saranno affrontati quando si presenteranno, col supporto del partito, a livello cittadino e non solo. Serve un metodo comune ma calato sul territorio, evitando trattative tra singoli». «La cosa peggiore che può fare il Pd – le fa eco Daniele Sorelli, responsabile nazionale Cultura dei Giovani Democratici e catanese – è fare politica aggregando pezzi di ceto politico, anziché basarsi sulle proposte. E’ giusto che il Pd sia accogliente, ora è anche appetibile. Corriamo il rischio che adesso che è arrivato il momento di prendere qualcosa, arrivino i barbari. Alla Regione Articolo 4 ha un percorso più vicino al nostro, nelle realtà locali no, vedremo dunque se saranno loro a venire sulle nostre posizioni o viceversa».

Salvo Catalano

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